Baiano, ieri. Il racconto della settimana. ‘A stora, ovvero la bisaccia che si applicava al basto degli animali da soma. La specialità costruttiva di Gennarino ‘O Zurrizurro, fine artista-artigiano

Baiano, ieri. Il racconto della settimana. ‘A stora, ovvero la bisaccia che si applicava al basto degli animali da soma. La specialità costruttiva di  Gennarino ‘O Zurrizurro, fine artista artigiano

di Romeo Lieto

  Negli anni Quaranta e fino ai primi anni Cinquanta del Novecento, in fondo ad un vecchio viottolo di campagna senza uscita, alla località  ‘a ret’ a Madunnella, nel quartiere Vesuni, vi era un piccolo spiazzo con una cisterna per la raccolta di acqua piovana, una vasca con acqua detta di bagnatura, delimitata da un basso muretto ed un piccolo capanno in legno, adibito a deposito di attrezzi per lavoro nei campi. In questo spiazzo operava GennarinoO Zurrizurro, abile nel costruire attrezzature agricole; spiazzo e viottolo, oggi non più esistenti, inglobati nella proprietà della famiglia Miano.

   La località ‘aa ret’a Madonnella prende il nome dal quadro votivo con l’immagine della Madonna, ricollocato, dopo gli eventi sismici, sulla parete del fabbricato in angolo del vicolo che collega la vecchia Via Tufo con  Via Croce. L’opera é di autore ignoto e fu collocata sul preesistente muro da tempi remoti con l’immagine della Vergine realizzata su mattonelle in cotto smaltato di vecchia fattura. All’epoca, il vecchio viottolo di campagna iniziava dal vicolo di collegamento tra le dette due strade, Via Tufo e Via Croce e terminava nello spiazzo di lavorazione della stora.

    La stora così chiamata dai baianesi, era un particolare attrezzo agricolo utilizzato dai contadini per il trasporto di merce varia, fino alla fine degli anni Cinquanta e fino all’avvento dei mezzi meccanici in agricoltura, nei primi anni sessanta. L’attrezzo era costituito da due capienti ceste o sacche collegate tra loro sull’orlatura, con lo stesso materiale. La materia utilizzata per la sua costruzione erano i tralci delle viti da uva che all’epoca abbondavano nelle nostre campagne. La stora era un attrezzo simile alla bisaccia con due grosse sacche, allocata sul basto dell’animale da soma.

    Gennarino detto ‘O Zurrizurro era un uomo piccolo, di bassa statura e con fisico minuto, gran maestro nell’arte di realizzare la stora, grande contenitore per il trasporto di derrate agricole sul dorso degli animali, come asino, mulo od altro. Il materiale da trasportare veniva riversato nelle due grosse sacche alla rinfusa, mele, patate, pannocchie, castagne ed altri prodotti della terra, che, all’occorrenza, potevano, essere facilmente scaricati con il ribaltamento del contenitore Stora, facendolo ruotare su un lato dal dorso dell’animale.

    Gennarino abitava, con la famiglia, in un basso con porta di ingresso sul cortile, ancora oggi aperto, sul vicolo di collegamento tra Via Tufo e Via Croce. Il suo quotidiano lavoro che eseguiva con particolare maestria comprendeva, in particolare, la costruzione della stora e nel tempo libero anche attrezzature agricole varie, scale, treppiedi, cesti di diverse dimensioni, corde di canapa ed altro.

    La stora per il trasporto della frutta, veniva realizzata con tralci di vite, della lunghezza dai due ai quattro metri, che l’artista Gennarino si procurava, nel periodo invernale, nelle nostre campagne, in occasione della puta delle viti da uva, che all’epoca producevano del buon vino locale. I tralci, una volta trasportati presso il suo laboratorio / lavorazione ‘a ret’a Madunnella, venivano opportunamente controllati, liberati delle protuberanze nodose, immersi per alcuni giorni nell’apposita vasca con l’acqua e tenuti per un certo periodo di tempo in luogo umido per conservarne la flessibilità, per poi essere intrecciati a mano per la sagomatura dei contenitori dei prodotti da trasportare. Sagomatura che veniva fatta in funzione del Basto su cui doveva essere allocata la stora e dell’animale addetto al trasporto. Questa particolare operazione Gennarino la faceva da vero maestro d’arte, visionando, preventivamente, l’animale addetto al trasporto, se alto, basso, asino, mulo o se giumenta; ma soprattutto poneva la massima attenzione sulla scelta del materiale da impiegare nella lavorazione, che doveva essere, nello stesso tempo, resistente e morbido.

    All’epoca ed anche oggi, i contadini quando devono utilizzare un particolare legname per la costruzione di attrezzature da lavoro, come scale, tralci di viti, fuscelli per legare fascine, fastelli ed altro, ne operano il taglio nel periodo di luna calante, ritenendo, tale periodo, utile alla buona conservazione, nel tempo, dell’opera realizzata.

    Storia: un giorno un contadino a nome Carminiello, residente alla località Ponte Gaudi, frazione di Monteforte Irpino, proprietario di un terreno in montagna adibito alla coltivazione della mela renetta, dai baianesi chiamate cape di ciuccia e castagne di grossa pezzatura dette marroni, prodotti molto richiesti dal mercato, si portò, in groppa alla sua giumenta, presso il laboratorio/lavorazione di Gennarino in Baiano, nei Vesunia ret’a Madunnella”; per commissionare all’artista una particolare “Stora”. Al fine di offrire maggiore garanzia di pagamento per l’opera da commissionare all’artista Gennarino, si fece accompagnare da un suo amico detto ‘o Guardianiello residente alla località Ponte Gaudi; persona che in quel luogo, faceva la guardiania a diversi terreni montani della famiglia Masucci di Quadrelle. ’O Guardianiello era persona conosciuta ed amico di Gennarino, per cui Carminiello affidò al maestro costruttore l’incarico di realizzare una particolare stora munita di due coperchi fatti con uguale materiale utilizzato per la costruzione delle sacche per il trasporto della frutta. Una volta effettuato il carico, l’animale partiva dal sito in montagna e doveva percorrere una lunga strada con molti dossi e particolare pendenza fino al deposito in pianura. Fu raccomandato di realizzare una stora contenente due coperchi, da legare sui contenitori della merce, con corda di canapa.

    Gennarino, accettato l’incarico, volle mostrare al committente e comune amico Guardianiello la sua particolare arte nella produzione dell’opera, realizzando il coperchio delle sacche in un unico pezzo a protezione della merce da trasportare, con un sistema di sua invenzione, utilizzando gli stessi tralci di vite. La chiusura del coperchio sulle sacche veniva fatta in modo da garantire che la merce non fuoriuscisse, in caso di sobbalzi prodotti dall’animale sul viottolo di campagna con grossi dossi, senza l’ausilio della corda di canapa prospettata dal committente, fissando il coperchio con dei ganci di sua invenzione.

    Si pose all’opera e, dopo due settimane di lavoro, quando l’opera era quasi ultimata, realizzò dei particolari ganci sui bordi dei contenitori con dei grossi occhielli, in tralci di vite, nel quale andava inserito un pezzo di legno, a sua volta legato con altro tralcio al coperchio.

    Ultimato il lavoro, invitò, come da prassi, il committente al ritiro dell’opera con l’animale preposto al suo trasporto, per il collaudo e per provare la funzione dei ganci realizzati.

    Nel giorno fissato il committente si portò con la sua vigorosa e giovane giumenta nel laboratorio/lavorazione in Baiano, dove venne caricata la stora sul basto dell’animale e Gennarino volle spiegare meglio la funzione del fermo del coperchio sulle sacche della stora, di sua invenzione. Stante la sua bassa statura, per raggiungere il gancio sul bordo dei contenitori, salì su uno sgabello in legno posto tra l’animale e la vasca con l’acqua di bagnatura. Quindi, rivolto al committente, aggiunse: Ah!… dimenticavo di dirvi…, e non proferì altro perché la giumenta fece uno scatto per camminare e Gennarino finì completamente riverso nella vasca con l’acqua. Il committente intervenne subito fermando l’animale con il classico grido  hiii…, aiutò Gennarino ad uscire dalla vasca e lo incolpò per quanto accaduto. Nella discussione di chiarimento Carminiello che era posizionato di fianco alla sua giumenta con voce altezzosa contestò Gennarino, dicendo Ah!… non sono affatto d’accordo, e la giumenta fece uno scatto per avviarsi a camminare, mentre con il fianco della stora aveva scaraventato il suo proprietario nella stessa vasca di bagnatura. Intanto Carminiello, per poterne uscire dovette farsi aiutare dall’amico Guardianiello, e questo, non riuscendo a svincolarlo causa un piede con scarpa imbrigliato in alcuni tralci di vite, per poterlo liberare disse: Uagliù non c’è due senza tre e si buttò anche lui nella vasca. Una volta liberato Carminiello e, usciti dalla vasca, si guardarono tutti i tre e proruppero in una liberata e fragorosa risata.