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di Francesco Piccolo C’erano una volta le domeniche di polvere e passione, i campetti di periferia e i sogni cuciti su un numero stampato sulla schiena. E se quel numero era l’11, bastava una corsa sulla fascia per sentirsi Boniek.
Stefano Sgambati, classe 1975, nato a Baiano, un metro e settantacinque di scatto e fantasia, quel numero lo ha portato con orgoglio per tutta la carriera. Mancino puro, rapido e imprevedibile, era l’attaccante che partiva largo e tagliava verso la porta come una lama nel vento.
Lo chiamavano “Boniek” perché, come il fuoriclasse polacco, correva più veloce degli altri e sembrava avere una marcia in più. Il soprannome gli fu dato negli anni Ottanta, quando Stefano indossava sempre la maglia numero 11, la stessa che portava Zbigniew Boniek ai tempi della Juventus e, in seguito, della Roma.
Gli inizi: da Baiano all’Inter, passando per Siena
Il primo pallone lo calcia a Baiano, sul campo della scuola calcio, sotto lo sguardo severo ma lungimirante di mister Biagio Peluso. È lì che muove i primi passi, è lì che nasce la sua passione.
Poi il passaggio all’U.S. Avellino, nei primi anni Ottanta, sempre con Peluso in panchina. Scala tutte le categorie: Pulcini, Esordienti, Giovanissimi A e B. Ogni stagione è un salto in avanti, ogni partita una conferma.
Nel 1989 arriva la chiamata dell’Inter. I nerazzurri lo mettono subito sotto osservazione, ma prima di portarlo a Milano lo mandano a farsi le ossa al Staggia Senese, società satellite, dove milita negli Allievi B. È qui che Stefano esplode: segna a raffica e dimostra di avere qualcosa in più.
Nel 1990 il grande passo: firma per l’Inter, la squadra che sognava da bambino. Ci resta fino al 1992. E nel frattempo scrive una pagina di gloria: nella stagione 1990-91 vince il campionato Allievi Nazionali, battendo in finale il Napoli per 3-0, dopo aver eliminato in semifinale il Padova… di un giovanissimo Alessandro Del Piero.
In attacco fa coppia con Arturo Di Napoli. Insieme sono velocità e potenza, tecnica e istinto: un duo che già allora faceva parlare di sé.
Il ritorno a casa e le prime battaglie tra i grandi
Nel 1992 Stefano fa ritorno all’Avellino, la sua seconda squadra del cuore, pronta ad accoglierlo a braccia aperte. Qui affronta il campionato Berretti, mettendo le basi per il salto verso i grandi. L’anno successivo, nel 1993-94, veste la maglia della Primavera biancoverde con continuità e determinazione, dimostrando talento e personalità.
L’esordio ufficiale tra i professionisti arriva in Coppa Italia contro il Siena, una vetrina importante che spalanca le porte della prima squadra. Sebbene non debbuti in campionato, Stefano si fa largo tra i più esperti, imparando a conoscere il calcio che conta.
Nel 1994-95 parte in prestito per mettere minuti nelle gambe e crescere: la destinazione è Ospitaletto, in Serie C1, nel cuore della provincia di Brescia. Qui gioca fino a novembre, condividendo il campo con i gemelli Filippini, due giovani frecce di fascia che già promettevano fuoco e fiamme.
Poi il viaggio continua a Potenza, in Serie D, dove Stefano è protagonista di una stagione da incorniciare: il Potenza chiude al secondo posto, appena dietro il Catania, sfiorando la promozione ma conquistando stima e rispetto.
Rimane in terra lucana anche l’anno seguente, nel 1995-96, sempre in Serie D, sempre con la maglia del Potenza. Ancora un secondo posto, questa volta alle spalle dell’Altamura di mister Eziolino Capuano, tecnico dal carattere forte e carismatico, e con in mezzo al campo il “mandamentale” Antonio De Lucia, conosciuto come “Murticella”.
La rinascita: Mugnano, gol a valanga e ritorno in alto
Nel 1996-97 Stefano Sgambati gioca con i Giovani Cardito in Serie D, ma è l’anno successivo che segna un vero e proprio punto di svolta nella sua carriera. Nel settembre del 1997, chiamato dal direttore sportivo Angelo Monteforte, torna a calcare i campi del Mandamento vestendo la maglia rossonera dell’U.S.G. Carotenuto nel campionato di eccellenza .
La società, guidata con passione dal presidente Angelo Sanseverino, dal DS Angelo Monteforte e dall’allenatore dottor Pietro Bianco, vero mentore per Stefano, rappresenta un modello di gestione lungimirante nel calcio dilettantistico. La loro attenzione ai giovani talenti e il forte legame con il territorio creano un ambiente ideale per la crescita di Stefano, che ripaga con prestazioni straordinarie: ben 26 gol in 20 partite, un rendimento che rilancia la sua carriera.
Di quel periodo, Stefano ricorda con affetto non solo la fantastica dirigenza e un pubblico caldo, che sentiva profondamente la maglia, ma anche un ragazzino dagli occhi pieni di passione, suo grande tifoso ed estimatore: il compianto Alessio Sanseverino.
La stagione successiva lo vede protagonista in Serie D con il Sorrento (1998-99), prima di approdare al Sant’Anastasia, dove disputa due campionati di Serie C2 dal 1999 al 2001. Qui segna 7 gol nel primo anno e 10 nel secondo, impreziosendo il suo percorso con un gol spettacolare in rovesciata nei playout contro la Cavese, decisivo per la salvezza della squadra.
Ha girato l’Italia, ma è sempre rimasto Boniek
Nel 2001-02 firma un biennale con il Savoia in Serie C1, ma il destino ci mette lo zampino: la società fallisce ancor prima dell’inizio del campionato. La sua voglia di calcio, però, non si spegne. Si rimette in gioco: prima al Chieti in C1, poi al Frosinone in C2, e a gennaio si accasa alla Palmese.
Nel 2002-03 torna al Savoia, risorto dalle ceneri in Serie D: stagione positiva, segna 10 gol e conferma di avere ancora fame. Nel 2003-04 veste la maglia del Sassuolo in C2, una tappa che lo mette in mostra in un club destinato a grandi traguardi.
Nel 2004-05 rientra in Irpinia con il Solofra in Serie D, poi gira ancora: nel 2006-07 gioca tra Venafro e Gladiator (Santa Maria Capua Vetere), mentre nel 2007-08 ritorna a Sant’Anastasia per una nuova avventura in Eccellenza.
Nel 2008-09 è protagonista a Montella, ancora in Eccellenza. Poi una pausa: il 2009-10 è l’anno sabbatico, ma solo per ricaricare le pile.
Nel 2010-11 il richiamo di casa è troppo forte: torna a Baiano, in Prima Categoria. Stagione straordinaria, da leader: trascina la squadra al primo posto, ma lo spareggio promozione contro il Real Forino sfuma all’ultimo respiro.
Dal 2011 al 2013 gioca al San Vitaliano, poi dal 2013 al 2015 è al Cimitile. Chiude la carriera nel modo più romantico possibile: ad Avella, nel suo Mandamento, tra i volti di sempre, tra gli amici di una vita.
Caratteristiche tecniche: il numero 11 che spaccava le difese
Mancino naturale, dotato di una velocità e rapidità fulminea, accompagnate da un tiro potente e preciso.
Stefano “Boniek” Sgambati era un attaccante d’altri tempi: leggero, sfuggente ed esplosivo.
Indossava sempre la maglia numero 11, proprio come il suo idolo e omonimo calcistico, Zbigniew Boniek.
Aveva una straordinaria capacità di leggere il gioco, un tiro calibrato e un innato istinto per il gol.
Quel numero 11 se lo era guadagnato sul campo, con gol decisivi, scatti imprendibili sulla fascia e rovesciate che spesso salvavano intere stagioni.
Di Stefano si ricorda…
…il ragazzo di Baiano che arrivò all’Inter.
…il mancino che segnava a raffica con il Carotenuto.
…il numero 11 che correva come il vento.
…un talento puro, veloce, romantico.
E lui, con il suo sorriso, lo diceva senza esitazione:
«Io sono Boniek!»












