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In Campania, in vista delle Regionali del 23 e 24 novembre, c’è un clima strano.
Altro che entusiasmo, altro che comizi, altro che sorrisi.
La gente è stufa, stanca, avvelenata.
Lo si sente nei bar, per strada, nelle code ai servizi pubblici.
E intanto i politici?
Sempre gli stessi.
Sempre con il sorrisetto buono per il volantino e la stretta di mano.
Sempre a bussare alle porte: “Mi raccomando, contiamo sul suo voto…”
Come se nulla fosse successo negli ultimi anni.
Ma la gente non se l’è dimenticato.
Non si è dimenticata i trasporti che non funzionano,
le liste d’attesa in sanità che sembrano pellegrinaggi,
gli anziani lasciati soli,
i disabili mandati avanti a forza di carte bollate,
le strade che sembrano mulattiere,
i servizi sociali che cadono a pezzi,
l’acqua che manca e quando c’è non sai se fidarti.
La gente si è stufata di essere presa in giro.
Ed ecco che nasce il malumore vero.
Quello che non chiedi, non organizzi, non finanzi.
Parte da solo. Spontaneo. Crudo.
E prende due strade molto chiare:
• Chi resta a casa e non vota.
• Chi va a votare e scrive “ZEROSPACCATO” sulla scheda.
Non è un capriccio, non è anarchia.
È protesta democratica, garantita dall’articolo 21 della Costituzione:
il diritto di dire NO.
A guidare – o meglio, a dare voce a questo malessere – c’è il dottor Salvatore Alaia.
Uno che non le manda a dire.
Uno che non ha paura di metterci il nome e la faccia.
Alaia dice chiaro:
“La verità è semplice: troppi politici di turno pensano solo alla poltrona.
La gente non ne può più.
Io sto con chi non ha voce, con chi si alza la mattina e si rompe la schiena per arrivare a fine mese.
Se non ci ascoltano, ci faremo ascoltare.”
Parole dure.
Parole che, però, la gente capisce.
Perché assomigliano alla loro vita.
E ora?
Chi vuole aderire alla protesta, si avvicina al cosiddetto Movimento Zerospaccato.
Non ha segreterie, non ha sponsor, non ha biglietti da visita scintillanti.
È fatto di:
• gente comune,
• madri che aspettano visite che non arrivano,
• padri che fanno conti sul tavolo,
• giovani che vorrebbero restare in Campania, ma non sanno come.
È un movimento di pancia, ma soprattutto di dignità.

