BAIANO. 13 – 14 – 15 settembre. Cantiere aperto, verso la Festa della nocciola. E Vesuni… il quartiere dell’anima

BAIANO. 13 – 14   15 settembre. Cantiere aperto, verso la Festa della nocciola. E Vesuni... il quartiere dell’anima

Paola Miele, quando la memoria ravviva la poesia e fa ritrovare la Baiano di ieri…

di Gianni Amodeo

Un Viaggio speciale che aleggia  tra sentimenti e pensieri in limpida autenticità, per diventare un fluido racconto  in versi  dai ritmi incalzanti e di penetrante incisività espressiva. E’ l’originale e plastico racconto, che, nell’attingere ai preziosi e scintillanti fervori della geniale e lucida memoria, intesse e ravviva un panneggio magnifico e sorprendente per l’intensa carica evocativa che sprigiona, attraversato com’è  da variegate sfumature e mille cangianti colori, nel cui riverbero, per incanto, si rivede l’animazione della polimorfa brillantezza di quella che un tempo è stata loperosa e frenetica vita dei Vesuni

E’ lo scenario, che, combinando il senso del racconto con i vividi flash back dei ricordi visivi di anni ormai lontani, fa riconoscere, pur a fronte di un mondo profondamente cambiato per costumi e tecnologie in costante innovazione, i caratteristici profili del  primigenio quartiere della locale comunità, inalterata nella piccola dimensione demografica di sempre, oscillante tra i quattro e cinque mila residenti. Un contesto, di cui ha costituito, fino agli anni ’50 del secolo scorso, il convulso ed effervescente incrocio di molteplici filiere di lavoro, leve basilari della sua  modesta, ma sana economia produttiva modellata dall’autoconsumo, supporto di ordinata civile convivenza, plasmata dalla sobrietà della cultura contadina. E’ la matrice del Genius loci, che traspare e vibra nel divenire della realtà sociale e storica dei Vesuni, identificandosi in assoluto con l’estesa e diffusa pratica del lavoro – ‘a fatica, così come si svolgeva non solo nei campi, ‘e terre , ma anche  nei boschi della diffusa rete di castagneti e faggete, troneggianti  dai Monti Avella al Litto, dal Morricone ad Arciano, con i valloni incisi in forma di artistiche sculture naturalistiche, sormontati dal lungo e ben modulato crinale del Partenio, l’arcuato massiccio che protegge l’estesa Piana di Boscofangone, su cui campeggiano l’Interporto campano con le officine dell’Intermodalità europea  e le supersofisticate aereostrutture di Leonardo, sullasse Nola Pomigliano dArco. Come dire, simbolici annunci e normali segnacoli dei tempi nuovi, veicolati  dalla digitalizzazione in web e dalla robotizzazione, declinata con i paradigmi dell’intelligenza artificiale, all’insegna delle Big tech  nella società mondializzata che si proietta nell’infinito spazio …     

Ma, bando alla digressione-metafora eloquente dell’oggi tecnologico, va ripreso il filo della narrazione calibrata sui volti dei Vesuni. Ed ecco l’incontro con la straordinaria storia del lavoro specializzato, in cui eccellevano i mannesi, impegnati, di anno in anno e per lunghi mesi, nell’esecuzione dei tagli che si praticavano a  rotazione, secondo i tassativi disciplinari di leggi e regolamenti di salvaguardia e tutela del patrimonio arboreo e ambientale, nei boschi della Piccola e Grande Sila in Calabria, o in Corsica, ma anche in Francia e in Germania. Era il complesso e duro lavoro, del tutto integrato e funzionale alla florida economia del legno, su scala interregionale ed europea. Una storia di lavoro realmente produttivo, quello dei nostrani mannesi giramondo, con protagoniste generazioni  di interi nuclei famigliari, in stretta  comunanza  con i  mannesi di Sirignano, Mugnano del Cardinale, Avella e Quadrelle.

E’ un quadro di diffusa laboriosità, quello dei Vesuni, a cui facevano da sfondo i laboratori artigianali gestiti da cestai, – ‘ e spurtellari -, ricamatrici, fabbri, sarte, falegnami, sarti e calzolai, senza dire dei piccoli siti, che le donne – ‘e sarcinellare-,  una volta raccolta nei boschi la legna necessaria, utilizzavano con cura per comporre le preziose  fascine, destinate, in larga misura, ai forni della panificazione, e alle carcare per la produzione della calce, materiale di assoluta ed esclusiva rilevanza per le attività edili, prima dell’avvento predominante  del duttile cemento.  Era lo sfondo, che esprimeva, al meglio e compiutamente, la coralità identificativa del popolare quartiere. Una coralità, i cui aspetti più corposi e marcati erano costituiti, in concreta sostanza, dal lavoro di agricoltori, braccianti e fittavoli. Come dire, il 70 %, se non l’80 %  della comunità …

            E cammere abbascio , ‘e cammere  ‘ncoppa: storiche unità abitative

Sono marcate e vivide le tracce appena delineate, sulla cui scia il panneggio narrante si amplia nella prospettiva d’insieme. Ed ecco  balzare al centro dello schermo della comun memoria, la quotidianità del vivere nei Vesuni, così come si trascorreva nella fitta rete di edilizia rurale, detta anche minore e povera, quasi atteggiata in modalità d’alveare. Un’ edilizia, scandita dal susseguirsi di vani terranei – ‘e cammere abbascio, con più funzioni, in connessione –  tramite scala in muratura en plein air,- con le sovrastanti stanze- ’e cammere ncoppa.Un itinerario di semplici e sobrie abitazioni con affaccio sulle pubbliche strade del quartiere, intervallato qua e là da palazzi con portali ad arco, costituiti, a loro volta, da pregiate pietre vulcaniche e portoni d’ingresso in lastre di legno di pino, castagno o faggio, con armature interne formate da barre in ferro battuto. Uno scarno e frammentato assetto di palazzi padronali impreziositi, tuttavia, da cortili protettivi e spaziosi, che  ospitavano, per l’uso comune e plurifamiliare, non solo i forni, appena citati, per la panificazione, ma anche ben curati vasi floreali e vasche d’acqua ornamentali, correlate, il più delle volte, con i  lavatoi per il bucato, che si praticava ad arte con l’utilizzo di acqua calda e della raffinata cenere di combusta brace, generando splendidi effetti di supercandeggio  e profumo di lunga durata … naturalmente senza additivi chimici.

Erano i cortili, in cui si riuniva la varia umanità del vicinato, formando quelle agora, che la finezza grammaticale ed estetizzante  di greciste e grecisti all’antica farebbe trascrivere in agorai, dedite ad imbastire ciarle ora innocenti, ora pettegole nel conversare in libertà e a tempo perso, specie nelle lunghe e noiose serate estive,  grazie anche al favore  della goduria fornita dalla fresca ombra di alberi frondosi, in grado di allentare la spirale della calura.  E le stesse agora di varia e loquace umanità, simile a quella dei palazzi padronali, si componevano  anche in prossimità dell’uscio dei vani terranei – ‘e cammere abbascio,- con donne che … accompagnavano  il loro chiacchiericcio con gli eleganti e laboriosi decori disegnati in punta d’ago nei ricami distribuiti sui bianchi panni, tesi sul ligneo telaio …

 Incontri di generazioni e il valore delle comuni radici culturali

Da Simone Weil a Karl Popper e Isaiah Berlin

 Sono squarci, in cui si innerva la magia del linguaggio poetico, scarnificando l’essenzialità della condizione umana, filo ispiratore e conduttore del Viaggio in versi, la pregiata silloge di composizioni, di cui è autrice Paola Miele, che si fa guida solerte e scrupolosa nella perspicace conoscenza del piccolo e grande mondo dei Vesuni, di cui è stata diretta e intensa partecipe, di giorno in giorno,  da ragazza e negli anni giovanili, prima di trasferirsi con la famiglia nella vicina Sperone, anu passoe via.  E’ un eccellente lavoro creativo dalle tinte forti e parlanti, che riflette il cammino di una donna– oggi, 3 settembre, varca la soglia dei primi70 anni-,  amante del buon leggere e delle belle lettere. La sua, è una storia di normalità famigliare, fondendo e facendo interagire le dimensioni della moglie, della madre e della nonna, ormai a servizio … permanente e pieno per le nipoti e i nipoti. E per quarantanni ha svolto funzioni apicali negli uffici dellInps, ad Avellino e Nola, nel segno di sicure competenze e ben stimata professionalità.

 Una trafila di impegni e cure per nulla … leggera, che ha  sostenuto – e sostiene-  senza difficoltà, per variarla … con la partecipazione a prestigiosi Concorsi letterari nazionali e internazionali, conseguendo significativi riconoscimenti e consensi di critica, con importanti risonanze nei circuiti mediatici di alto profilo. Un palmarès di interessanti e lusinghiere esperienze vissute ad Alessandria, Torino, Viterbo, Messina, Ercolano, con il recente approdo premiale nelle edizioni del 2017 e del 2018  per il conferimento dei Mai dArgento, a Baiano e Mugnano del Cardinale. E tra i riconoscimenti, va ricordata la menzione speciale conferitale dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Un riconoscimento reso alla composizione dedicata alle  missioni di solidarietà internazionale  per la pace nell’Afganistan e nel Kosovo. Una vicenda vissuta da Paola Miele con forte spirito di attiva partecipazione civica, ma anche quale testimonianza diretta, essendovi impegnato  il figlio, Felice Napolitano,  in servizio nell’Aeronautica militare italiana. …

BAIANO. 13 – 14   15 settembre. Cantiere aperto, verso la Festa della nocciola. E Vesuni... il quartiere dell’animaE’ un vissuto di larghe e considerevoli esperienze, famigliari e professionali, che si sedimenta e ritrova nell’afflato con cui Paola Miele caratterizza il suo Viaggio in versi, sia in lingua italiana di chiaro cristallino stile formale, sia nell’ universale lingua napoletana, secondo le cadenze di flessione nostrane, ancorate ai moduli espressivi derivanti dall’italica  Avella\ Abella, la millenaria città fondata dagli Osci. Un vissuto testimoniale,improntato da schietto realismo, filtrato dall’oggettivante e relativo distacco psicologico e mentale, con cui l’autrice si cala in tante vicende, personali e famigliari, sia di donne, sia di uomini,  negli scenari generazionali dei Vesuni, anni ’20 – ’30. Un magico caleidoscopio, che nel coinvolgente e nitido verseggiare fa rivivere ‘E femmene d’‘e sarcinnelle, ‘Ngelina a turisiana, e la commovente storia di Giusuppinanafemmena dAvellino che viveva in solitudine e… se crescevae cane\… Teneva lluochie \ comm ’ ‘ o mare …\ chillu mare ca nun canusceva,\ e ddgoje trezze longhe\ arravugliate a tuppo … e quando morì ….’e cane chiagnevano sott’ ’ o lietto,\ addò Giusuppina durmevape’ sempre

 Sono tre  rapidi e concisi cenni di versificazione, in titoli e mini-storia, che danno le chiavi di lettura e interpretazione diretta ed oltremodo significativa della poesia di Paola Miele, intrisa di caldo e sincero spirito umanitario, rifuggendo dalla piatta retorica di maniera e dai conformismi moraleggianti, per quanto ingannevoli e falsi, da evitare in tutte le circostanze e senza alcun indugio, se si vuol tesoreggiare lonesto vivere della gente comune. E’ il percorso che fa incontrare ‘O zappatore, ‘O spurtellaro e ‘O sarmataro, detto ‘O russo per la bionda capigliatura, venditore ambulante, con il caratteristico carro trainato dal cavallo, di ortaggi e verdure che si raccoglievano ind’’e terre, a Marigliano, Nola e Cimitile, all’insegna della tipicità biologica garantita d’‘parula paesana. A se stante, ed autentica gemma poetica, è quella con cui Paola Miele disegna ‘ A capera, la donna di mezza età che girava di casa in casa, per provvedere all’acconciatura delle capigliature delle donne anziane. Era la circostanza opportuna, che permetteva alla … capera di fornire alla cliente di turno, un bel po’ di notizie di vita locale e qualche pettegolezzo. E, a suo modo, incarnava le attuali funzioni dello smartphone d’ultima generazione appena messo in vendita …

             C’è tanto altro ancora negli squarci del racconto poetico, che Paola Miele  sciorina e prospetta con elegante tessitura, osservando con occhio attento e mente ispirata il mondo femminile e il ruolo delle madri, al centro di varie composizioni. Una ricognizione di ampia attualità, ancorata a profonda sensibilità culturale e larga visione sociale, alla luce dei forte rapporto d’amore verso la madre che, appena nata, fu abbandonata sui gradini di un orfanotrofio, con successiva adozione in una  famiglia che la formò ed educò, accogliendola amorevolmente. 29 settembre. A mia madre, è il titolo  dei versi  evocativi della vicenda, fulcro del romanzosaggio sulla cui stesura è impegnata la poetessa

Di fatto, i Vesuni di ieri  delineati nel Viaggio raccontato da Paola Miele, con una rivisitazione condotta per sommi capi nelle presenti noticine, non hanno più nulla o quasi dell’animazione operosa che li caratterizzava. La loro vitalità sociale è soltanto un malinconico ricordo che stride con lo stato di abbandono,in cui versano. E, se si assumono, quali linee di discrimine tra il passato e il presente, gli eventi sismici del novembre dell’ 80 e del febbraio dell’ 81, il paradosso del loro … declino coincide addirittura con l’attuazione delle opere della ricostruzione abitativa privata e delle reti infrastrutturali, realizzate con rilevanti investimenti di denaro della pubblica fiscalità. Un eclatante caso di eterogenesi dei fini, che non costituisce affatto un’eccezionalità, specie quando è in ballo l’uso del denaro pubblico …

         E’ un paradosso, che, nella specificità locale, ha varie cause, tra cui, in tutta evidenza,  si colloca l’assenza di una congrua progettualità sul destino da conferire proprio ai Vesuni, fin dagli anni della realizzazione delle opere previste nel ben più vasto programma statale che interessò la Campania e la Basilicata, il cui sloganbandiera, come si ricorderà, coniugava quale obiettivo primario da concretizzare l’attuazione del binomio ricostruzione e sviluppo. E le responsabilità sul vuoto progettuale, che si registrarono oltre 40 anni fa, vanno ripartite, com’ è opportuno ribadire per … l’ennesima volta, tra le accondiscendenze \ debolezze  amministrative e i particolarismi privatistici. Le restanti cause del paradosso appartengono ai tempi nuovi super-tecnologici…e al più generale devastante mix, composto dai fenomeni dello spopolamento e della denatalità.

          In realtà, il  mondo del Terzo Millennio è  più complesso di quello che si immagina ed affermare il senso delle radici ha un’indubbia fondatezza,  incardinata nella legge, intesa quale diritto universale, e nella natura che presiedono alla vita dell ’ umanità. Sono le radici di cultura e civiltà che Paola Miele rivendica e tratteggia con risoluta convinzione nel Viaggio nei suoi Vesuni, quale patrimonio di valori che fa da ancoraggio al comun vivere, depotenziano e annullando le angustie a spirale di tutte le forme d’alienazione. Sono le radici che appartengono alla straordinaria lezione etica e alla visione umanizzante di Simone Weil, filosofa francese di singolare acutezza, che visse i tremendi tempi della seconda guerra mondiale. Radici da riconoscere, valorizzare e rispettare per la propria realtà di riferimento e appartenenza storicizzata nel cammino della civiltà, alla pari con tutte le altre realtà culturali e sociali del mondo, senza alcuna discriminazione. Ed è la concezione, quella della Weil, che nel dibattito pubblico contemporaneo si coniuga e rapporta con il pensiero di Karl Popper, il teorico della società aperta nell’alveo della liberaldemocrazia, e, più ancora, con il pluralismo dei valori nella visione di Isaiah Berlin, pensatore di multiforme e poliedrica visione nell’interpretare il cosmopolitismo dei nostri giorni.