AVELLA. “Le Fontanelle”, la strada della sete che non c’è più

AVELLA. Le Fontanelle, la strada della sete che non c’è più

Un viaggio nella memoria di una delle zone più suggestive di Avella, tra natura, acqua e silenzi perduti

Una volta, il nome Fontanelle non era solo un toponimo. Era un’indicazione precisa, quasi una promessa: lungo la strada che da Via dei Mulini sale fino al Fusaro, passando per la zona alta della località avellana, si trovavano disseminate decine di fontane, piccole sorgenti e punti d’acqua che accompagnavano il cammino di contadini, viandanti, turisti e famiglie in passeggiata.

Questa zona, incastonata tra verde, pietra e storia, era famosa per la sua acqua fresca, generosa, sempre pronta a dissetare chiunque passasse. Non servivano bottiglie al seguito: bastava affidarsi al percorso, al suono lieve dell’acqua che scorreva a margine dei sentieri, al profumo umido della vegetazione bagnata. L’acqua era parte del paesaggio, una presenza umile ma essenziale, che accompagnava in silenzio la quotidianità e i momenti di raccoglimento.

Ricordiamo la fontanella vicino all’ingresso delle Grotte di San Michele, luogo sacro e suggestivo, dove l’acqua sembrava benedetta tanto era limpida. Più avanti, un’altra fonte sgorgava proprio dove il fiume attraversava la strada: oggi di quel punto resta solo un residuo, un’eco muta di ciò che era. Salendo ancora, verso la parte alta delle Fontanelle, le fonti diventavano più rade, ma sempre presenti. Era un percorso vivo, scandito dallo scorrere dell’acqua e dal suono dei passi su ghiaia e terra battuta. Lì, la sete non era un problema: era una pausa prevista, una piccola benedizione lungo il cammino.

Oggi, purtroppo, di quelle fontanelle ne restano solo poche, isolate, spesso asciutte. Alcune sono ridotte a tubi arrugginiti, altre sono state inghiottite dalla vegetazione o eliminate. Alcune dimenticate persino dalle mappe, sparite dal paesaggio e dalla memoria di chi non ha vissuto quel tempo.

Molte di queste fontane sono state chiuse o eliminate a causa della carenza d’acqua, sempre più marcata soprattutto nei mesi estivi. Il cambiamento climatico ha reso le estati più aride e le sorgenti che un tempo alimentavano quei punti d’acqua si sono progressivamente impoverite. Inoltre, il sisma del 1980 ha profondamente modificato il sistema idrogeologico dell’area, contribuendo ulteriormente al prosciugamento di alcune fonti naturali.

Eppure, c’è chi ricorda. C’è chi passa e si ferma ancora, non tanto per bere, ma per ascoltare il silenzio che parla di un tempo più lento e più attento, in cui l’acqua non era solo risorsa ma cultura, gesto, relazione.

Raccontare Fontanelle oggi significa dare voce a un paesaggio perduto, ma non del tutto scomparso. Significa guardare quel tratto di strada con occhi diversi, come si fa con un vecchio amico che ha cambiato volto, ma che dentro è rimasto lo stesso. E allora, se le fontanelle non zampillano più, se la sete si spegne oggi con bottiglie di plastica e dispenser automatici, resta comunque il dovere della memoria. Resta il compito di riconnetterci alla terra, a ciò che ci ha dissetato, nutrito, guidato.

Perché Fontanelle non è solo una strada. È una lezione. Un invito a riscoprire ciò che la natura offriva, ciò che l’uomo ha avuto il privilegio di ricevere – e il dovere di custodire. Perché se l’acqua è vita, la memoria dell’acqua è responsabilità.

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