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SPERONE – Due giorni di silenzio. Due giorni di cancelli sbarrati. E nessuno – né un dirigente, né un funzionario – che abbia avuto il coraggio o la decenza di spiegare ai cittadini di Sperone perché l’ufficio postale sia chiuso. Nemmeno un cartello, una comunicazione ufficiale, un avviso che giustifichi la decisione. Nulla. Solo porte serrate e disservizi.
Nel frattempo la comunità resta privata di servizi essenziali: dal ritiro della corrispondenza al funzionamento del Postamat, indispensabile per chi non ha altre possibilità. In un piccolo centro, dove l’ufficio postale è presidio di vita quotidiana, questa scelta appare come un atto di arroganza istituzionale, una chiusura non solo fisica ma soprattutto verso i bisogni delle persone.
Durissimo il commento dell’ex sindaco Salvatore Alaia, che parla senza mezzi termini di «atteggiamento dittatoriale», denunciando l’assoluta mancanza di rispetto nei confronti dei cittadini: «Non si può chiudere un servizio pubblico senza comunicare nulla. Questa è una mortificazione della comunità speronese».
Intanto la gente si interroga: perché questa chiusura improvvisa? Quanto durerà? Quali responsabilità dietro questo silenzio? Nessuna risposta, solo un vuoto che sa di disinteresse.
Ed è qui che il nodo diventa politico e civile: un’azienda pubblica che si comporta come un padrone sordo e lontano, dimenticando che il primo dovere è quello di garantire i servizi e informare la cittadinanza. A Sperone, oggi, non è mancata solo la posta: è mancato il rispetto.
