SANT’Oggi. Venerdì 21 luglio la chiesa celebra san Daniele profeta, san Lorenzo da Brindisi e sant’Alberico Crescitelli,

SANT’Oggi. Venerdì 21 luglio la chiesa celebra san Daniele profeta, san Lorenzo da Brindisi e sant’Alberico Crescitelli,

 

SANT’Oggi. Venerdì 21 luglio la chiesa celebra san Daniele profeta, san Lorenzo da Brindisi e sant’Alberico Crescitelli,a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 21 luglio la chiesa celebra san Daniele profeta, ultimo dei quattro profeti detti maggiori, nacque probabilmente a Gerusalemme da famiglia nobile giudea, fu deportato a Babilonia da Nabucodonosor, insieme con altri giovani dello stesso rango sociale, nell’anno terzo o quarto di Ioakin, re di Giuda, cioè il 606-605 a.C. A Babilonia fu scelto con altri tre giovani nobili giudei, Anania, Azaria e Misaele, per essere ammesso, dopo una conveniente preparazione di tre anni nella lingua e negli usi dei Caldei, alla corte del re, per assolvere incarichi ufficiali onorifici. Secondo l’uso, fu loro cambiato il nome: a Daniele, che poteva avere allora dai 15 ai 20 anni, si diede quello di Baltassar. Con i suoi compagni fu presentato al re al quale fece ottima impressione, non solo per la sua prestanza fisica, ma soprattutto per le doti di spirito che in lui il re poté ammirare quando, avendolo esaminato, trovò scienza e intelligenza dieci volte superiori a quelle di tutti i suoi SANT’Oggi. Venerdì 21 luglio la chiesa celebra san Daniele profeta, san Lorenzo da Brindisi e sant’Alberico Crescitelli,magi e indovini (Dan 1,20). Ammesso pertanto alla corte, dopo che ebbe dato saggi non equivocabili, anzi, sbalorditivi, della sua rettitudine, fu fatto principe di Babilonia e prefetto su tutti i sapienti del regno; dietro sua richiesta, anche i compagni, Anania, Azaria e Misaele, ebbero posti onorevoli e cariche di responsabilità nella provincia, mentre egli rimaneva a palazzo presso il re (Dan 2,46-49). Il primo saggio della sua probità e saggezza, quando Daniele esordisce come profeta è nella causa di Susanna: bellissima ragazza, viene notata da due vecchi che frequentano la casa di suo marito mentre fa il bagno nel suo giardino. Costoro sono appena stati nominati giudici e, infiammati di lussuria, si fanno sotto con proposte infami, minacciando di accusarla presso il marito di averla sorpresa con un giovane amante, se non si concede a loro. Al rifiuto di Susanna l’accusano pubblicamente di adulterio. Portata davanti al tribunale viene riconosciuta colpevole e condannata a morte mediante lapidazione, ma a questo punto si fa avanti Daniele, che è presentato in questo episodio in giovane età (Dan 13,45), circostanza che rende tanto più ammirevole la sua maturità di giudizio, in contrasto con la fatuità e corruzione dei due giudici anziani. Daniele interroga personalmente i due calunniatori e ne fa emergere l’inganno, acquistando fama presso il suo popolo, cioè gli esuli giudei, il cui numero era nel frattempo aumentato, con la seconda deportazione del 598. Pochi anni dopo Daniele interpretò un sogno di Nabucodonosor, quello dell’albero sano e rigoglioso che, anche se reciso, riesce a crescere più forte di prima. Il significato che egli fu in grado di decifrare era riferito principalmente al Re: l’albero, infatti, è simbolo del sovrano che, a causa della troppa superbia, sarà fatto decadere per volere di Dio, l’unico in grado di governare sugli uomini in modo saggio e giusto. Questo fu uno degli eventi più importanti che scosse la popolazione: Dio, finalmente, venne considerato come il vero salvatore dell’umanità. Daniele ebbe molteplici visioni nel corso della sua vita che fu in grado di interpretare come veri e propri messaggi divini, non solo di Dio, ma anche degli angeli. Dedicò la sua vita alla povera gente, tra cui vedove e orfani, cercando di insegnare loro la misericordia, il perdono e l’amore. L’ultima visione la ebbe a 80 anni, quando ormai l’impero babilonese era crollato a favore del nuovo impero persiano, evento che lui stesso aveva profetizzato a seguito di una visione. Da quello che si apprende dallo stesso Libro di Daniele, egli morì di vecchiaia.
SANT’Oggi. Venerdì 21 luglio la chiesa celebra san Daniele profeta, san Lorenzo da Brindisi e sant’Alberico Crescitelli,21 luglio: san Lorenzo da Brindisi (al secolo Giulio Cesare Russo), nacque a Brindisi il 22 luglio 1559. Dopo la morte del padre fu indirizzato agli studi presso i francescani conventuali di San Paolo eremita, nella sua città. Sopravvenuta la morte della madre, i familiari non poterono più mantenerlo e, a 14 anni, lo mandarono a Venezia presso uno zio paterno sacerdote che insegnava ai chierici di San Marco. Con l’aiuto dello zio Giulio Cesare poté proseguire gli studi e, conosciuti i cappuccini veneti, chiese l’ammissione all’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, nel quale fu accolto il 18 febbraio 1575 con il nome di Lorenzo da Brindisi. Presi i voti solenni il 24 marzo 1576, dopo l’anno di noviziato a Verona, seguì i corsi di logica a Padova e quelli di filosofia e teologia a Venezia, dedicandosi con passione all’apprendimento delle lingue antiche e moderne e della Sacra Scrittura, che imparò a memoria in latino e in ebraico. Ordinato sacerdote il 18 dicembre 1582, iniziò il suo ministero come docente di teologia e predicatore. Nel 1586 fu eletto maestro dei novizi e a soli 30 anni assunse la carica di provinciale dei cappuccini toscani. Nel 1596, divenne definitore generale. Nel 1598 assunse il governo dei cappuccini svizzeri e nel 1599 quello della prima missione cappuccina a Praga. Il compito consisteva nel frenare la diffusione del protestantesimo in Boemia e contribuire alla diffusione della riforma cattolica e dei cappuccini nei territori sudorientali dell’Impero. Lorenzo lo assolse impegnandosi nella predicazione, affrontando dispute con i pastori protestanti, assistendo i poveri e i malati. Il 24 maggio 1602 fu eletto generale dei cappuccini. Di conseguenza, egli spese i tre anni seguenti nella lunga visita delle province europee dell’Ordine, percorrendo l’Italia, la Svizzera, la Francia, i Paesi Bassi e la Spagna. Rigoroso con se stesso, era moderato con i propri sottoposti e pronto a rimuovere quei superiori che eccedevano in durezza. Nel giugno 1609 fu mandato da Paolo V in Spagna per sollecitare l’appoggio del re Filippo III alla Lega cattolica dei principi tedeschi. Nella primavera del 1613 tornò in Italia per essere nuovamente eletto definitore generale. Confermato definitore dell’Ordine nel capitolo del 1618, malato di gotta, partì da Roma per Brindisi, che voleva rivedere prima di morire. Arrivato a Napoli, però, trovò l’ordine, inviatogli dal cardinale protettore dei cappuccini, Alessandro Peretti, di accettare la nomina ad ambasciatore della Piazza nobiliare della città presso Filippo III di Spagna. Egli avrebbe solo dovuto chiedere al re una diminuzione delle spese militari imposte alla città, ma di fatto la missione si inseriva nella reazione aristocratica al governo autoritario di Pedro Téllez Girón, duca di Osuna. Questi, considerando Lorenzo nemico fece di tutto per ostacolarne la missione. Lorenzo, così, dovette lasciare Napoli di nascosto, travestito da soldato. Inseguito da agenti del viceré, arrivò per mare a Genova. Lorenzo capì di non poter contare né sull’appoggio ufficiale della Santa Sede, che non voleva sostenerlo per non inimicarsi il potente vicino, ma neppure sulla revoca dell’incarico, giacché Roma non intendeva nemmeno rafforzare l’Osuna. Il cardinale Peretti richiamò Lorenzo a Madrid. Partito da Genova il 5 aprile 1619, Lorenzo giunse a Madrid il 9 e da lì raggiunse Lisbona, dove in quel momento si trovava il sovrano. In non buone condizioni di salute, incontrò Filippo III, ma ne ottenne solo inutili rassicurazioni verbali. Deluso per il comportamento del re e per il debole sostegno del papa, il suo stato di salute precipitò. Accolto agonizzante, tra voci di avvelenamento, nella casa di Pedro de Toledo. Morì il 22 luglio 1619.
21 luglio, sant’Alberico Crescitelli, nacque ad Altavilla Irpina (Avellino) il 30 giugno 1863, da una famiglia profondamente devota. Finite le elementari, suo padre, farmacista del paese, lo scelse tra i figli per sorvegliare i lavoratori nei suoi poderi, un’attività che occupava molto del suo tempo, impedendogli di approfondire i suoi studi elementari. Poi il padre lo mandò a scuola dal cappellano don Fischetti, sotto la cui guida Alberico maturò la vocazione sacerdotale. A 17 anni, l’8 novembre 1880, entrò nel Pontificio Seminario dei Santi Apostoli Pietro e Paolo per le Missioni Estere, a Roma. In questo seminario studiò sette anni, approfondendo la filosofia e la teologia alla Pontificia Università Lateranense e alla Gregoriana, conseguendo con soddisfazione i gradi accademici. Il 4 giugno 1887 fu ordinato sacerdote e i suoi superiori, ritenendolo preparato per l’apostolato missionario, ne disposero la partenza con destinazione missionaria lo Shanxi meridionale, in Cina. Dopo aver trascorso un periodo nel paese natio, Alberico partì da Marsiglia (Francia) nella primavera successiva e giunse a Shangai dopo 36 giorni di navigazione. Qui cominciò una nuova vita fatta di spostamenti in territori accidentati, risalite di fiumi e affluenti, adattamento al clima, adeguamento agli usi e costumi locali, e dopo 81 giorni di barca e 2.000 km di fiumi attraverso zone pagane, Alberico giunse a Hachung, città dove i missionari avevano una residenza. Iniziò gli studi della lingua, così difficoltosa per gli europei, particolarmente per lui, come dirà nelle numerose lettere inviate alla madre in Italia, con la quale teneva un intenso legame spirituale. All’inizio del ’900, in tutta la Cina, a seguito della politica antioccidentale di cui i missionari e la Chiesa erano l’espressione più lampante e radicata nel territorio, iniziarono persecuzioni, eccidi, ferimenti, omicidi di missionari e fedeli cristiani cinesi, con distruzione di chiese ed edifici collegati. Quando uscì il decreto imperiale del luglio 1900, di espulsione o uccisione dei missionari stranieri, si scatenò la prima carneficina che cominciò con l’uccisione di 29 fra suore, frati, sacerdoti missionari, vescovi, catechisti cinesi, uccisi in una orribile carneficina a colpi d’arma da taglio nel cortile del tribunale dove erano stati radunati con l’inganno. Molti eccidi furono perpetrati nei mesi seguenti. Alberico, rimasto sempre attivo nel distretto di Ningkiang, decise allora di mettersi in salvo nella vicina provincia dello Sechwan avviandosi verso Yan-pin-kwan, sul fiume Kia-lin-kiang. Il 20 luglio 1900 entrò in un mercato passando davanti all’edificio della dogana, dove si riscuotevano le tasse per l’attraversamento dei fiumi sui confini. Qui un doganiere di nome Jao, che l’aveva riconosciuto, con fare gentile e premuroso lo convinse a rimanere nel piccolo edificio, perché la strada non era sicura e certamente sarebbe stato assalito. Alberico ebbe subito la sensazione di un tradimento, ma quando chiese di allontanarsi, venne trattenuto. Quella stessa notte, mentre pregava in un angolo, una folla accerchiò l’isolato edificio. Il missionario venne presto preso da un gruppo di persone e dopo molte torture e sofferenze, con una lama arrugginita cominciarono a colpire e poiché la lama non era abbastanza tagliente per decapitarlo, la usarono come sega; non contenti di averlo decapitato, tagliarono il corpo in tre parti e i suoi resti gettati in un fiume. Morì il 21 luglio 1900.