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di Stefanina Belloisi
Viviamo in tempi in cui il “silenzio” viene scambiato per civiltà e il “disimpegno” per neutralità. Chi prova ad analizzare viene isolato, chi si adatta viene applaudito. Ma una comunità che non tollera più lo sguardo critico, che zittisce l’inquietudine e premia l’assuefazione, che smette di interrogarsi, che non discute più di sé stessa, che non si chiede dove sta andando, è una comunità in agonia lenta.
*Le associazioni: da risorsa a recinto
Baiano, da anni, si definisce con orgoglio “il bel paese delle associazioni”, e si è sempre vantata- anche con un po’ di spocchia- del proprio primato per eventi riuscitissimi e distintivi, dal maio alla sagra( e non solo): appuntamenti considerati tra i fiori all’occhiello rispetto alle altre e stesse iniziative del comprensorio baianese. Eppure oggi sembra più giusto parlare di “un paese di cerchie chiuse”(salvo alcune che davvero riescono ancora a promuovere iniziative inclusive e coinvolgenti): piccoli gruppi autoreferenziali, dove l’impegno civile si è trasformato in palcoscenico, il volontariato in ribalta, la parola “dedizione” in uno slogan autocelebrativo. Associazioni che non generano relazioni, stimoli, percorsi condivisi, non sono presidi: sono delle insegne senza contenuto.
* Il vuoto educativo: tra Chiesa, Forum, Teatro e sport
Le associazioni cattoliche non riescono a trattenere i più giovani né ad attrarre nuove leve e faticano a mantenere, con iniziative ambiziose, il coinvolgimento dei ragazzi che – va detto -sono tantissimi!: forse mancano strumenti adeguati, le capacità progettuali sono deboli, la visione educativa quasi nulla. La Chiesa stessa, un tempo, punto di riferimento concreto per la comunità, oggi fatica a trovare linguaggi e iniziative per coinvolgere bambini e ragazzi.
La Pro Loco, che dovrebbe essere presidio culturale, si limita (salvo lodevoli eccezioni) ad eventi ripetitivi e stagionali. Una sagra, per quanto premiata, non può sostituire una progettualità culturale. Servono iniziative stabili, inclusive, formative. Serve una stagione estiva, anche promossa da loro che non sia solo “sagra”, ma educazione informale, cittadinanza attiva, crescita sociale. Si potrebbero promuovere, laboratori estivi permanenti aperti ai giovani e costruiti con loro tipo: fotografia, workshop di teatro, storytelling del territorio, giochi di ruolo sulla storia locale, cineforum all’aperto etc…insomma iniziative capaci di stimolare creatività, appartenenza. La Pro Loco dovrebbe essere una sorta di cabina regia di una rete tra associazioni, scuola e…l’amministrazione locale, quest’ultima intesa non come ente distante ma come partner attivo nella costruzione di proposte culturali ed educative che parlino davvero al presente dei nostri ragazzi.
Il Pro Teatro un altro presidio culturale dal grande potenziale che invece di limitarsi alla dimensione dello spettacolo, potrebbe aprirsi ad un ruolo formativo più ampio, mettendo a disposizione- attraverso progetti sostenuti da fondi pubblici e perché no, anche gratuitamente- le proprie competenze artistiche, educative, espressive. Durante l’estate ,ad esempio si potrebbero promuovere laboratori di teatro sociale, corsi d’improvvisazione e messa in scena collettiva di storie legate al territorio ,teatro forum per affrontare temi educativi( bullisimo,legalità),spettacoli itineranti nei quartieri, progetti di teatro intergenerazionale che coinvolgono giovani e anziani nella narrazione condivisa di memorie di comunità. Insomma in questo modo il teatro potrebbe diventare anch’esso strumento di aggregazione ed educazione per i giovani.
Attualmente il Forum dei Giovani di Baiano accoglie solo i ragazzi a partire dai 16 anni. Eppure le Nazioni Unite fanno iniziare la “giovinezza” già a 13 anni, pur includendola nella più ampia fase dell’adolescenza. Perché allora escludere i più piccoli da un percorso di partecipazione attiva? Perché un tredicenne o quattordicenne dovrebbe restare a guardare ed essere escluso? Non è anche lui cittadino? Perché non prevedere strumenti flessibili e attività preparatorie alla partecipazione? Occorre maggiore flessibilità e un’attenzione più inclusiva.
E poi c’è l’associazione sportiva, realtà molto forte e radicata nel paese, che svolge da sempre un ruolo importante ma che potrebbe ancora di più aprirsi al protagonismo giovanile. Potrebbero organizzare tornei estivi inclusivi per fasce d’età, giornate di calcio a squadre miste tra adulti e ragazzi, percorsi di fair play attraverso lo sport. Il nostro bellissimo campo sportivo, vero gioiello, potrebbe diventare uno spazio di aggregazione aperto non solo per gare ufficiali, ma anche per momenti liberi di gioco. Dunque occorre più apertura, più creatività, più alleanza educativa anche da parte del mondo sportivo.
*L’amministrazione e il silenzio dei partiti
L’amministrazione comunale, dal canto suo, continua ad agire per frammenti, senza una visione continuativa d’insieme, muovendosi ancora per singole iniziative, mentre servirebbe una progettualità potente che metta davvero al centro la crescita dei giovani e il futuro della comunità.
E accanto all’assenza di una visione chiara da parte delle istituzioni, va segnalata anche l’assenza concreta dei partiti, intesi come luoghi di pensiero, confronto, dibattito. Senza partiti veri, non c’è uno spazio per costruire idee condivise, per confrontarsi davvero su che tipo di paese vogliamo essere.
*La scuola come ultimo presidio
In questo scenario desolante, è paradossale, che l’unica realtà che ancora riesce a garantire stimoli e percorsi educativi con continuità sia la scuola. L’Istituzione scolastica di Baiano è diventata l’ultimo baluardo culturale, civile e umano del paese. Oggi l’unica realtà che, con perseveranza, crea stimoli, offre percorsi, promuove iniziative coinvolgenti per i ragazzi. E’ proprio la scuola a svolgere, in solitudine, quel ruolo educativo e formativo che andrebbe condiviso con tutta la comunità. Ed è qui che si manifesta la vera crepa: quando un’istituzione, per quanto nobile e tenace si trova a supplire da sola al compito che dovrebbe essere corale, allora è segno che qualcosa non funziona nella comunità che…ha smesso di fare la comunità! Che ognuno si è ritirato nel proprio recinto, convinto che basti fare” la propria parte” dimenticando che educare, costruire, tenere viva una società è un’opera collettiva, non un gesto isolato. Servono alleanze con la scuola, con le famiglie, con le altre realtà del territorio per costruire progetti comuni e condivisi, anziché procedere per compartimenti stagni.
*Conclusione – Un’estate sprecata…e la gioventù in parcheggio.
Dietro a queste recite sociali, i bambini e gli adolescenti crescono senza riferimenti, i giovani senza stimoli, le famiglie senza luoghi di incontro, gli anziani senza ascolto e senza spazi. La verità – dura, scomoda, impopolare – è che stiamo costruendo una periferia morale, prima ancora che urbana.
E in una periferia, la noia genera disagio, l’assenza di prospettive genera rabbia, la solitudine genera violenza.
Chi osserva con occhi non anestetizzati, come me, vede ogni giorno gli effetti di questo abbandono: adolescenti lasciati a sé stessi, ragazzi privi di percorsi, bambini che dopo il percorso di prima comunione- cammino che dà solo l’illusione di essere seguiti dalla comunità- vengono lasciati nel nulla, senza continuità, senza coinvolgimenti, senza relazioni educative, aggiungendosi cosi alla lunga lista che li precede, di anime vaganti senza stimoli né orizzonti.
Il fallimento è collettivo, anzi: è un crollo etico della responsabilità condivisa…
E chi ci rimette sono proprio loro: i bambini, i ragazzi, i nostri figli.
Quelli che un tempo aspettavano l’estate per scoprire il paese, per divertirsi, per sentirsi parte.
Oggi disillusi. Inghiottiti da una noia estiva endemica, abbandonati da una comunità che ha scelto il narcisismo delle cerchie al posto della costruzione del bene comune…Eppure Baiano ha storia, ha energie, ha identità. Ma è come un corpo in stato confusionale: paralizzato…bloccato.
Questa riflessione non è un atto d’accusa, ma un invito a ripensarsi. A ricostruire un tessuto vivo. A mettere la comunità davanti allo specchio, e chiedere:
“Stiamo davvero lasciando un paese migliore ai nostri figli, o solo una periferia dell’anima?…con tanto di piazza girata a parcheggio, precludendo loro, in mezzo a tutto questo desolante scenario, anche la possibilità di giocare a calcio, rincorrersi o semplicemente assieparsi…come facevano prima?
Vogliamo ancora fingere che vada tutto bene, o abbiamo il coraggio di ammettere che ci siamo persi?
La qualità della vita non si…PARCHEGGIA. Si custodisce. Si costruisce. Si difende. Insieme. Da comunità.


