CHRISTIAN THOMASIUS – I TRE VALORI FONDAMENTALI PER LA FELICITÀ

CHRISTIAN THOMASIUS   I TRE VALORI FONDAMENTALI PER LA FELICITÀ

di Sebastiano Gaglione

È proprio con il giurista e filosofo tedesco, Christian Thomasius che la storia della filosofia del diritto ha inizio. Esponente del giusnaturalismo, egli risulta essere molto importante perché ha messo al centro della sua riflessione il problema della definizione del diritto, “costringendo” tutti i filosofi del diritto posteriori ad affrontare tale tematica.

La premessa è che l’uomo ricerca la felicità: la condizione primaria è la pace e una vita lunga e felice è una vita di pace, che è il fine universale cui tende l’operato umano; che si agisca, dunque, in conformità con i principi dell’Honestum, del Decorum e del Iustum.

Honestum –  “Quello che vuoi che gli altri facciano a se stessi fai a te stesso.”

È ispirata al pentimento e alla presa di coscienza della propria stoltezza morale. Questo principio procura pace interiore. Particolarmente efficace dal punto di vista di una Pedagogia è l’esempio (darlo e osservarlo). Thomasius presenta un ragionamento: agire in conformità dell’Honestum quanto ci avvicina al risultato della vita felice e in pace? Egli articola la risposta in due ambiti di riflessione: qual è il male che agisce in conformità con questo principio e qual è il bene che lo procura.

Il bene prodotto da questo orientamento del comportamento umano è massimo. Questo principio mostra la via principale per il raggiungimento della saggezza e della pace interiore.

Decorum –  “Quello che vuoi che gli altri facciamo a te fai tu a loro stessi.”

Questo principio procura una pace esteriore.

Pace esterna è la premialità: è una condotta sollecitata dalla promessa di un premio (male evitato bene prodotto).

“È la new entry”. Questo dell’opportunità sociale è il termine medio (male evitato e bene prodotto in quanto medi). È un bene che ha il suo maggior risultato nella socialità poiché la condotta del Decorum ci procura degli amici. È una massima che invita ad una grande apertura generosa, di disponibilità verso l’altro: dai quello che vuoi ti sia dato.

Gli dò anche affinché sia dato a me. Non sono, però, tenuto a farlo. Dare ciò che eccede rispetto al limite della costrizione giuridica. L’esempio più significativo é la remissione del debito:comportamento di generosità in conseguenza del quale non chiedo ciò che giuridicamente potrei avere. Ne guadagno riconoscenza e amicizia.

Non riesce ad impedire che la nostra condotta sia lesiva di interessi dell’altro e che quindi possa costituire l’altro come un nemico (in altre parole non evita di farci nemici).

Iustum –  “Quello che non vuoi sia fatto a te non fare all’altro”

La prospettiva è quella di una pace esterna. In questo caso il comportamento evita che sia turbata la pace (la pena, la sanzione, la punizione), il male evitato è massimo, mentre il bene prodotto è minimo: siamo in relazione con l’altro in una dimensione di non invasione della sfera dell’altro. Non è una condotta particolarmente generosa o che produce sentimenti di riconoscenza ma non ci faremo nemici.

Thomasius ritiene opportuno introdurre un termine medio nella misura in cui la polarizzazione dei valori del male evitato e bene prodotto è riconoscibile agli estremi: se per distinguere due campi tra loro può essere sufficiente un parametro, per distinguerne tre c’è bisogno di almeno due parametri. Una della tre regole è una massima che considera la presenza dell’altro come un termine di paragone, ma che non prevede con l’altro nessuna interazione reale. In entrambi i casi Decorum e Iustum prevedono che la condotta sia interazione sociale ma anche volta a non pregiudicare la sfera degli interessi dell’altro. Ognuno lavora su se stesso, l’altro è solo un termine di paragone circa la tenuta da avere. (Il termine di paragone è il rapporto con gli altri).

Honestum e Decorum prescrivono condotte attive, un “facere”. Il Iustum, invece, ha una condotta omissiva e fissa un limite oltre il quale non andare, prescrive che ciascuno riconosca dove finisce la propria sfera di libertà o di interessi e comincia quella altrui e il comando è quello di non valicare quella “linea”.

Il Decorum va a caccia del premio, non c’è punizione, noi possiamo soltanto sperare e aspettarci riconoscenza, senza pretenderlo, nello stesso modo in cui l’altro non ha preteso questa nostra prestazione generosa. Questo è il punto discriminante, perché la punizione è coercitiva, prevede una forza che sia in grado di farsi valere. Il Iustum non cerca premio perché non lo può trovare.

Secondo Thomasius, quindi, il diritto, rispetto alla morale, si apre all’esteriorità ma tutto ciò non è detto che sia giuridico.

IN SINTESI

In definitiva potremo dire che l’Honestum ha il carattere dell’interiorità, esso prescrive un fare, produce un bene massimo ed evita un male minimo.

Il Decorum ha una proiezione esteriore, prescrive un fare non coercibile, quindi è esteriore,  evita il male medio e produce bene medio.

Anche il Iustum ha un carattere dell’esteriorità, prescrive, infatti, un non fare; solo questa prescrizione è retta dalla garanzia della coercizione, produce bene minimo (non mi procuro amici) ma evita il male massimo, perché solo la condotta conforme al principio del Iustum ci assicura che non favorisco sentimenti di odio.

Il merito di Thomasius è quello di aver prospettato in termini analitici e rigorosi il problema, e una soluzione ad essa, che non soddisferà Croce.

Qual è, dunque, il merito di Thomasius?

Quello di aver preso un problema e averlo consegnato alla tradizione della filosofia del diritto, e qui Croce dice che da questo momento in poi il filosofo del diritto non si è più liberato, come quando ci accade di ingerire un cibo che non siamo in grado di digerire ma che non riusciamo a rimettere, a cacciare fuori. Il filosofo del Diritto ha questo peso sullo stomaco e non si è più potuto liberare dal problema, ma sarà anche l’enorme merito che Croce riconoscerà a codesta tradizione di pensiero: di non aver mollato la presa.