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Sessanta minuti a settimana. È il tempo massimo concesso a un padre a Cervinara per incontrare sua figlia, in una vicenda che mette in luce le criticità sui tempi del sistema giudiziario italiano nei casi di separazione con minori coinvolti. Una situazione definita da più parti come una vera e propria odissea giudiziaria e affettiva.
L’uomo, di cui non si riporta l’identità per tutelare la privacy della minore, non ha ne’ giudizi pendenti, né risulta destinatario di alcuna condanna. Nonostante ciò, è autorizzato a vedere la figlia solo un’ora a settimana, in un contesto supervisionato e fortemente limitante. Una misura legata a decisioni temporanee maturate nell’ambito di un procedimento civile di separazione, attualmente in fase di evoluzione.
«La giustizia italiana, al momento, può garantirmi solo un’ora alla settimana, nonostante la mia comprovata innocenza e le comunicazioni inviate ai servizi sociali», dichiara l’uomo, visibilmente amareggiato. Sostiene di difendersi da accuse infondate, che – a suo dire – sarebbero state utilizzate in come leva nel conflitto con l’ex partner, nell’ambito di una più ampia strategia legale volta all’alienazione parentale. Accuse che, sebbene non abbiano trovato riscontro in sede penale, hanno inciso pesantemente sull’organizzazione delle visite.
A rendere più complessa la situazione vi sarebbe la contrarietà della madre a una frequentazione libera e regolare tra padre e figlia. Una condizione che, di fatto, rallenta l’attuazione di un’ordinanza del Tribunale per i Minorenni che riconosce al padre il diritto di visita. Tuttavia, l’applicazione concreta di tali provvedimenti si scontra spesso con ostacoli burocratici, tempi lunghi e mancanza di strumenti esecutivi immediati.
«Mi sento impotente. La mia bambina cresce senza di me e io sono costretto ad assistere da lontano, senza aver fatto nulla di male», aggiunge il padre. «Se le cose non cambieranno, l’unica strada che mi resterà sarà un appello al Presidente del Consiglio, per chiedere attenzione su queste situazioni che coinvolgono troppi padri in Italia.»
La vicenda riflette una problematica più ampia: il principio dell’affido condiviso, pur essendo sancito dalla legge, risulta spesso disatteso nella pratica, specie nei contesti ad alta conflittualità, talvolta generati appositamente in via strumentale per fini separativi. In tali situazioni, il sistema tende a privilegiare la figura materna come riferimento principale, relegando il padre a un ruolo marginale, anche in assenza di motivazioni oggettive.
Non si tratta di un caso isolato. Secondo esperti del settore, le separazioni conflittuali diventano spesso terreno fertile per dinamiche di alienazione parentale, con minori che finiscono per essere, più o meno consapevolmente, coinvolti in logiche di contrapposizione tra genitori.
In attesa di un’evoluzione giudiziaria, il padre confida nella giustizia restando in attesa. Un’attesa che, ogni settimana, si traduce in un’ora soltanto. Un’ora per cercare di mantenere un legame, per restare padre, per esserci.
