Schiava di Tufino- Casamarciano. Comun salute e ambiente, senza pubblica tutela. Storia della cava dell’Olivella per l’estrazione di materiale calcareo. Inadempienze e scempio permanente.

Schiava di Tufino  Casamarciano. Comun salute e ambiente, senza pubblica tutela.  Storia della cava dell’Olivella per l’estrazione di materiale calcareo. Inadempienze e scempio permanente.

di Antonio Caccavale

 Nella primavera del 1996, su iniziativa di un gruppo di cittadini, a Tufino nasceva il Comitato civico per la Difesa del Territorio. Tra i principali fondatori e animatori dello stesso vi furono il professore Onofrio Petillo, che assunse il ruolo di presidente, il compianto Gennaro Santorelli (che era stato più volte consigliere comunale) e lo scrivente, che consigliere comunale di opposizione lo divenne nel 1997.

          Quel Comitato civico, i cui componenti avevano cominciato a mobilitarsi già nel 1995, nacque sull’onda degli enormi disagi provocati alla popolazione locale dalla presenza della discarica di Paenzano (territorio di Schiava di Tufino), di un allevamento avicolo che provocava un’abnorme proliferazione di mosche e altri insetti e dall’attività della cava sita in località Olivella (territorio di Schiava di Casamarciano) : tutto in un fazzoletto di terra a ridosso della frazione di Schiava.

          Sarebbe un’impresa impossibile, in uno scritto breve come questo, dar conto dell’attività di quel Comitato, di quanti lo sostennero con vigore e di coloro che, nel corso di una decina danni, lo boicottarono: non è questo che si intende fare qui. È, comunque, il caso di ricordare il sostegno che a quel Comitato seppero dare i sindaci di Casamarciano (Giovanni Cavaccini), di Comiziano (Lidio Alfieri) e di Visciano (Pellegrino Gambardella). Un sostegno che in tema di rifiuti seppe, successivamente, assicurare anche il sindaco di Visciano (Domenico Montanaro). Un apporto fondamentale all’attività di quel Comitato fu fornito dalla partecipazione attiva di un corposo numero di cittadini di Casamarciano, Comiziano e Visciano. A chi volesse approfondire la conoscenza delle mille traversie, di cui sono stati vittime il nostro territorio e le rispettive comunità, mi permetto di segnalare che non pochi articoli pubblicati, in particolare, da “Il Meridiano” e riguardanti quelle problematiche che afflissero le nostre popolazioni, sono stati raccolti e ripubblicati,  una decina danni fa, nel volume intitolato “Cronache diverse di un osservatore di parte”, di cui lo scrivente è l’autore.

          Come si è già detto, il Comitato civico si diede molto da fare, non solo in riferimento al problema dei rifiuti, ma anche in relazione all’attività e ai rischi che la “Carcarella” (è così che veniva comunemente chiamata quella cava) rappresentava per la salute dei cittadini, informando le autorità locali, provinciali e, soprattutto, regionali, senza riuscire ad ottenere le dovute risposte e i doverosi interventi sia dell’Ente di via Santa Lucia, sia del Genio civile e dell’ Azienda Sanitaria territoriale, secondo le leggi e normative di loro competenza e funzione istituzionale.

Schiava di Tufino  Casamarciano. Comun salute e ambiente, senza pubblica tutela.  Storia della cava dell’Olivella per l’estrazione di materiale calcareo. Inadempienze e scempio permanente.Fu grazie all’azione incessante del Comitato e del consigliere comunale di Tufino eletto dalla lista “Alternativa per Tufino” che si riuscì ad ottenere che le mille criticità presenti nel suaccennato fazzoletto di terra fossero poste sotto esame: fu istituita una Commissione tecnico-scientifica dal Comune di Tufino, a cui fu affidato il compito di studiare lo stato della qualità dellambiente. Quella Commissione non riuscì a produrre risultati soddisfacenti perché gli strumenti ed i metodi utilizzati non furono quelli di cui ci sarebbe stato bisogno.  Qualche anno dopo, su richiesta dello stesso Comitato civico fu il presidente della Giunta regionale, Antonio Bassolino, che aveva assunto anche la carica di Commissario per lEmergenza Rifiuti, a disporre una campagna di monitoraggio che fu affidata all’ Arpac e alla Sogin.

 I risultati di quel monitoraggio svelarono il preoccupante stato di gravità in cui versavano l’aria, il suolo e l’acqua di falda del “fazzoletto di Schiava di Tufino  Casamarciano. Comun salute e ambiente, senza pubblica tutela.  Storia della cava dell’Olivella per l’estrazione di materiale calcareo. Inadempienze e scempio permanente.terra” preso in esame e delle aree immediatamente ad esso prospicienti. Nel corso del monitoraggio furono riscontrate notevoli quantità di polveri sottili (PM10 e PM2,5) nell’aria, dovute proprio all’attività estrattiva. Nel commento finale ai rapporti prodotti dall’ Arpac e dalla Sogin veniva, poi, così descritta la situazione relativa all’attività della cava situata in località Olivella, con una serie di indicazioni aggiuntive, a cui non si è dato mai seguito e concreta attuazione. Una serie, che viene trascritta integralmente nella testuale essenzialità delle disposizioni assolutamente irrinunciabili …

          “Avendo misurato elevati livelli di polverosità in prossimità della cava, sarebbe utile stabilire l’area d’influenza della stessa con ulteriori misure. Tali misure dovrebbero essere sempre affiancate da determinazioni della composizione chimica delle polveri, ed in particolare della concentrazione di metalli terrigeni (zinco, calcio, ferro, potassio, magnesio). Ulteriori approfondimenti sarebbero inoltre necessari nella determinazione del contenuto di cromo nelle polveri (al cromo esavalente è associato il maggior rischio per la popolazione). (…) Si ritiene indispensabile ed urgente attivare studi di tipo epidemiologico finalizzati a conoscere l’attuale stato di salute della popolazione residente, almeno per quelle patologie che vedono un ruolo unico o concausale degli inquinanti già riscontrati, prodotti prevalentemente dall’attività di discarica e/o dall’impianto di produzione di cdr e/o dalle cave viciniori. (…) Si suggerisce, relativamente ai contaminanti rilevati, di prevedere l’esecuzione dell’analisi di valutazione del rischio (Risk Assessment) in quanto tale procedura rappresenta uno strumento in grado di stimare il rischio per la salute umana e per l’ambiente, conseguente ad un fenomeno di contaminazione \ inquinamento delle matrici ambientali”.

Questo è quanto fu accertato e fu suggerito di fare ventidue anni fa.

Dal momento che, da allora, nulla è cambiato rispetto alle modalità con cui quella   cava viene coltivata, cosa dovrebbero fare i cittadini di Schiava?  Ma, soprattutto, che cosa sono tenute a fare la Regione Campania e l’ Azienda Sanitaria Territoriale?

La domanda è più che pertinente e spontanea. La risposta è attesa in tempi brevi. O dovrebbero essere tali.