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C’era una volta, ad Avella, un presepe che non era soltanto una rappresentazione natalizia, ma un vero e proprio rito collettivo. Negli anni ottanta, grazie all’impegno delle associazioni locali, il paese si trasformava in un presepe vivente di rara suggestione, capace di unire fede, tradizione e partecipazione popolare.
Il percorso aveva inizio da Piazza Municipio. Da lì, tra vicoli e cortili del centro storico, prendeva vita una lenta e silenziosa processione di figuranti in costume: artigiani, pastori, donne con le ceste, soldati romani. In mezzo a loro, Maria, che raggiungeva la Grotta di San Michele a dorso d’asino, accompagnata da Giuseppe e seguita da una comunità intera.
La Grotta di San Michele — allora ancora accessibile — accoglieva la Natività in uno scenario naturale di rara bellezza, rendendo tutto incredibilmente autentico. Lì nasceva il Bambino Gesù, in un silenzio carico di emozione che ancora oggi molti avellani ricordano con commozione.
A chiudere la serata, un momento che sembrava quasi magico: la “tirata della stella”. Una grande stella luminosa attraversava la montagna da un versante all’altro, disegnando nel buio un segno di luce che lasciava tutti con il naso all’insù e il cuore pieno.
Poi, lentamente, quel presepe si è spento. La Grotta di San Michele è rimasta chiusa per circa trent’anni per problemi di stabilità ed è stata riaperta solo pochi anni fa. Nel frattempo, il presepe vivente — nonostante le promesse e gli annunci degli enti locali — non è mai più tornato.
E così oggi resta il ricordo. Un ricordo che però non è nostalgia fine a sé stessa, ma memoria viva di ciò che Avella è stata capace di creare quando una comunità si univa per regalare bellezza, fede e partecipazione.
Forse, raccontarlo è il primo passo per farlo rinascere.
