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di Carmine Montella.
All’inizio del mese, navigando in rete in cerca di nuovi eventi, ho trovato notizie e foto dell’Adunata Nazionale dell’ANA (Associazione Nazionale Alpini), la cui 96ª edizione si è tenuta nei giorni 9, 10 e 11 maggio a Biella, dove, per l’occasione, si sono ritrovati oltre ottantamila persone tra Penne Nere, Amici degli alpini, volontari di Protezione Civile e familiari, provenienti da tutta Italia e dall’estero, con la partecipazione di una sessantina di sindaci insieme a rappresentanti e amministratori regionali e circa mezzo milione di visitatori.
Gli Alpini sono le truppe da montagna altamente specializzate dell’Esercito Italiano e sono il più antico corpo di fanteria da montagna attivo al mondo e la loro Adunata Nazionale rappresenta per loro il momento più emozionante e rilevante dell’anno. È molto più di una semplice celebrazione. È un momento dove memoria, identità e spirito di servizio si fondono in un abbraccio collettivo, in un clima di fratellanza alpina; dove affiorano sempre i ricordi delle storiche imprese del Corpo, degli atti eroici a difesa della Patria, della parteciparono alle più cruente battaglie sulle Alpi durante la Grande Guerra, nel corso delle quali soffrirono oltre 35.000 morti e dispersi e circa 80.000 feriti. Certamente non mancano i ricordi della Campagna di Russia del 1942, per la quale fu attribuita al Corpo la medaglia d’oro al valor militare, e gli impegni più recenti nella guerra in Afghanistan nel 2001 e nel Kosovo nel 2013, coinvolti in operazioni di peacekeeping, per mantenere la pace, la sicurezza e la stabilità in quei territori.
Sfilano gli alpini, ognuno col proprio vessillo, ma tutti accomunati dagli stessi cori. In primis «Trentatrè», il loro inno: «Dai fidi tetti del villaggio / i baldi Alpini son partiti; / mostran la forza ed il coraggio / della lor salda gioventù. […] Oh, valore alpin / difendi sempre la frontiera! /E là sul confin / tien sempre alta la bandiera».
Seguito da «Monte Nero», il canto scritto dagli stessi nel 1915 sulle alpi Giulie in omaggio ai tantissimi amici che lì vi lasciarono la vita.
«… Colonnello che piangeva / a veder tanto macello / fatti coraggio Alpino bello / che l’onore sarà per te. […] O Italia vai gloriosa / di quest’arma valorosa / che combatte senza posa / per la gloria e la libertà. / Bella Italia devi esser fiera / dei tuoi baldi e fieri Alpini / che ti dànno i tuoi confini / ricacciando lo stranier»
Sfilano. Tutti con la penna sul cappello, simbolo di identità. E cantano con orgoglio a squarciagola, suscitando commozione tra i presenti accorsi a festeggiarli: «Sul cappello, sul cappello che noi portiamo / c’è una lunga, c’è una lunga penna nera /che a noi serve, che a noi serve da bandiera / Su pei monti, su pei monti a guerreggiar…»
Sfilano in mezzo ad un’ala interminabile di appassionati che esultano ed applaudano calorosamente gli alpini coi costumi e le divise storiche delle sezioni di appartenenza, con le quali si cerca di tenere vivo il ricordo di chi si è immolato per il giuramento solenne alla Patria.
Passa il Gruppo Storico A.N.A. Sezione Abruzzi, in mezzo al quale emerge ed attira l’attenzione della folla un alpino rinchiuso nella sua “ghillie suit”, la tuta mimetica utilizzata nel camuffamento militare in particolare dai tiratori scelti.
Faccio ricerche. Corre in mio soccorso Wikipedia. «La ghillie suit è una tuta mimetica, composta da giacca, pantaloni e copricapo ricoperti completamente da numerose fasce di diverso colore e materiale i quali variano a seconda del tipo di vegetazione o ambiente nel quale si vuole operare, risultando quindi molto pesante ed ingombrante. L’utilizzo principale è in fase di appostamento permettendo di confondersi perfettamente con l’ambiente circostante. È spesso realizzata con una rete molto fine, nella quale in ogni trama della rete vengono legate delle piccole matassine di cotone o iuta di vario colore».
Con mia immensa sorpresa e gioia scopro che l’alpino in sfilata coperto dalla ghillie suit è un cittadino di Baiano, un amico a me caro: Antonio Picciocchi.
Ancora una volta viene in mio soccorso la tecnologia. WhatsApp.
«Antonio, sei stato a Biella per la sfilata degli alpini?… Eri proprio tu nella ghillie suit?» Conferma.
La tentazione di saperne di più è forte. Parte una raffica di domande.
«A che titolo hai partecipato?»
«Io sono sergente, in forza presso il 9° Reggimento Alpini. Nelle nostre sfilate rievocative indosso sempre la “ghillie suit” che ho utilizzato durante l’operazione NATO ICE1901 nel dicembre 2019».
«Allora sei un tiratore scelto?»
«Certamente»
«Ah! Ecco perché sei invitato a tante gare nazionali, come vedo dalle foto che pubblichi continuamente sul tuo account di facebook. Da quando partecipi a queste adunate degli alpini?»
«Dal 2015, sempre presente».
«Un tiratore scelto è una persona addestrata ed equipaggiata per colpire con precisione bersagli anche molto distanti. Quali armi usi a tal fine?»
«Da tempo uso varie armi di grossa precisione. In particolare l’Arx 160, l’Arx200, il sako trg 42, il barret m107 ed altre. L’Arx 160 è un fucile d’assalto modulare in calibro 5,56 Nato, sviluppato dalla Beretta. L’Arx 200 è un fucile di precisione, la Sako Trg 42 in calibro 338 lapua magnum è un fucile di precisione di alta qualità, mentre il Barrett M107 è un fucile da cecchino pesante di calibro 50BMG.
Per diventare tiratore scelto dell’Esercito Italiano è necessario essere un militare di carriera, superare un’accurata selezione psico-fisica e successivamente completare un corso di formazione specifica per tiratori scelti. L’addestramento comprende tiro di precisione, movimento occulto, osservazione diurna e notturna, mascheramento e altre tecniche specialistiche pratiche come il camuffamento, la ricognizione, l’infiltrazione e l’osservazione; tecniche che ricoprono un ruolo decisivo nella guerriglia urbana e nelle giungle. Ho frequentato anche un corso di istruttore per tiratori scelti, conseguendone il titolo».
«Antonio, puoi illustrare a noi analfabeti l’operazione NATO ICE1901 del dicembre 2019?»
«Certamente. Si riferisce a un’esercitazione di addestramento militare che si è svolta in Norvegia, coinvolgendo più di 8000 soldati. L’operazione ha avuto l’obiettivo di testare la capacità della NATO di reagire a scenari di crisi e di rafforzare la cooperazione tra i paesi membri.
L’esercitazione si è concentrata su vari aspetti. L’Addestramento alla guerra fredda per consentire alle forze NATO di testare le loro capacità di difesa; la logistica e il trasporto per testare la capacità di spostare e rifornire truppe e materiali in situazioni di emergenza, l’addestramento a diverse aree geografiche e l’operazione si è svolta in un ambiente alpino e marittimo, consentendo alle truppe di allenarsi in condizioni diverse; il coordinamento tra diversi paesi NATO, consentendo la pratica di coordinamento e la condivisione di informazioni. L’operazione ICE1901 ha contribuito a migliorare la preparazione della NATO per fronteggiare le sfide militari del XXI secolo, dimostrando la sua capacità di reagire a scenari di crisi e di cooperare con i suoi partner».
«Grazie, Antonio, per questo tuo impegno. Con la tua partecipazione ad eventi nazionali fai conoscere il nostro paese».
A questo punto non posso fare altro che complimentarmi con lui e augurargli di mettersi ancora una volta in mostra alla 97ª edizione dell’adunata nazionale degli alpini che si svolgerà a Genova nel 2026, sottolineando sempre la sua provenienza da una terra irpina.











