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di Francesco Piccolo
C’erano centrocampisti che sapevano leggere il campo come un libro aperto. Giocatori che non si limitavano a rincorrere il pallone, ma lo domavano, lo trasformavano in pensiero e geometria. Calciatori capaci di cambiare il volto di una partita con un passaggio, una visione, un’intuizione improvvisa. Nel Mandamento quel nome aveva un soprannome che diceva tutto: Carmine Bianco, per tutti “Superiore”.
Classe 1972, piede destro raffinato e carattere spigoloso, ha vissuto una carriera intensa, fatta di esordi promettenti, occasioni sfiorate, infortuni dolorosi e ritorni a casa che lo hanno reso uno dei volti più autentici del calcio mandamentale.
Gli inizi: Carotenuto, Baiano e i sogni grandi
Bianco muove i primi passi nei Pulcini dell’U.S.G. Carotenuto, allenato da Stefano Miele, per poi passare all’A.C. Baiano, sempre sotto la guida dello stesso tecnico. Con i granata percorre tutta la trafila delle giovanili fino all’esordio in Prima Categoria.
Torna a Mugnano, di nuovo con il Carotenuto, e diventa decisivo in una partita che segnerà la sua giovane carriera: contro il Sant’Agata de’ Goti segna il gol dell’1-1 che vale la salvezza. È il primo segnale di un centrocampista destinato a lasciare il segno.
Campobasso, Napoli, Avellino e Nola: le occasioni mancate
Dopo quella stagione viene notato dal Campobasso: si presenta a un provino sul campo di Bojano e, dopo appena dieci minuti, l’allora dirigente molisano Aldo Fontana, ex bandiera del Milan, lo sceglie. Firma con i rossoblù, ma l’ambientamento non riesce. Con la scusa di andare a vedere il Napoli di Maradona contro il Real Madrid di Butragueño in Coppa dei Campioni, lascia Campobasso e non torna più.
Seguono altri provini: uno col Napoli, uno con l’Avellino. Ma la svolta arriva col cuore. Il suo maestro Stefano Miele, diventato allenatore della Berretti del Nola, lo chiama a provino. Carmine accetta e in 45 minuti segna tre gol: viene scelto.
A Nola entra nell’orbita della prima squadra guidata da Giovanni Simonelli in Serie C2. Debutta in Coppa Italia contro l’Ischia e viene convocato per un’amichevole con il Baiano al “Bellofatto”. Ma lì il destino lo colpisce: grave infortunio, frattura di tibia e perone.
Sei mesi di stop, una lunga riabilitazione e un ritorno complicato, segnato dalla paura di non poter più giocare come prima. Riprende a fatica, ma il rapporto col Nola si chiude: rifiuta il prestito all’Imolese e anche la chiamata del Castel Volturno (Eccellenza).
Tra promesse e ritorni: Saviano, Quindici e il militare
Bianco dice no al Saviano, che lo attendeva in Promozione, e poi a una chiamata del Lauro di mister Cinquegrane. Accetta invece l’Eccellenza con il Quindici, dove trova anche un altro mandamentale, Mario Lippiello. Gioca fino a dicembre, poi arriva la cartolina per il militare.
Con la rappresentativa militare di calcetto partecipa al campionato italiano a Palermo, vincendo il titolo e venendo premiato come miglior giocatore del torneo.
Baiano, Irpina e nuove avventure
Terminato il militare, rifiuta ancora diverse offerte e sceglie la comodità di casa: torna al Baiano in Prima Categoria. Poi l’approdo all’Irpina in Promozione, con il presidente Comm. Antonio Sibilla e mister Pietro Bianco.
Con compagni come Filomeno De Lucia e, da dicembre, Luigi Esposito , vince il campionato di Promozione e raggiunge la semifinale di Coppa Campania, eliminando squadre di Eccellenza come Ariano e Solofra. L’anno seguente, in Eccellenza, parte titolare con mister Ferrara, poi subentra mister Iandoli. Divergenze tecniche lo portano ad abbandonare a gennaio.
Tra Mugnano e Quadrelle: ritorni, vittorie e nuove sfide
Ritorna nella sua Mugnano del Cardinale insieme a mister Pietro Bianco: il primo anno sfiora il trionfo chiudendo al secondo posto, il secondo alza l’asticella e centra l’impresa, vincendo il campionato e portando la squadra in Eccellenza. Una cavalcata che lo consacra protagonista, prima di lasciare a dicembre e passare alla Polisportiva Mugnano, con cui disputa un gran campionato.
Dopo una pausa forzata per motivi di lavoro, torna di nuovo a casa, ancora con i rossoneri di Mugnano, giocando per due stagioni in Promozione. Poi la parentesi con il Quadrelle, dove alla prima stagione arriva quarto e alla seconda stagione i ragazzi scrivono la storia, conquistando la vittoria del campionato e la salita in Eccellenza.
Da lì il percorso prosegue: ritorna al Carotenuto, poi al Sirignano, e infine di nuovo al Carotenuto in Promozione con allenatore prima Francesco Maresca e poi ancora con il dott. Pietro Bianco. Come se il filo con la sua terra e le sue squadre non si fosse mai spezzato.
Tra memoria e passione: una storia di calcio mandamentale
Infine, come Graziano, Monteforte e tanti altri calciatori del Mandamento, anche lui aderisce al progetto della Salvatore De Iudicibus, società nata in memoria dell’amico Salvatore, scomparso poco tempo prima. È una scelta di cuore, di appartenenza e di amicizia, che trasforma il dolore in forza e il ricordo in motore di nuove sfide.
Con quella maglia scrive un’altra pagina intensa: arriva la vittoria del campionato di Terza Categoria e il salto in Seconda, traguardo che profuma di rivincita e di destino.
Chiude lì la sua carriera da calciatore, ma non la sua storia con il pallone. Perché il calcio, per chi lo ha vissuto così profondamente, non conosce veri addii: si trasforma. Ed ecco allora la nuova esperienza, fuori dal campo, come collaboratore tecnico al Carotenuto al fianco di mister Pellegrino Criscitiello.
Caratteristiche tecniche:
Carmine Bianco era un centrocampista dai piedi educati, uno di quelli che il pallone lo trattano come un compagno di viaggio. Bastava un suo passaggio, secco e improvviso, per cambiare il volto di un’azione. Visione, geometria, personalità: era lui il regista, il faro che illuminava la squadra.
Il carattere non gli mancava. A volte burbero, pronto al confronto acceso. Ma dietro quella scorza dura c’era un uomo leale, rispettato in campo e fuori, dai compagni come dagli avversari.
Bianco non giocava soltanto: trascinava. Con la voce, con i gesti, con l’energia. Sapeva alzare i ritmi di una partita e trasformare la zona nevralgica del campo in un laboratorio di idee, ma anche in una trincea di battaglie.
Di Carmine Bianco si ricorda…
• il ragazzo ribelle che seppe scegliere col cuore, seguendo i suoi maestri;
• il talento fermato dall’infortunio, ma mai piegato dalla paura;
• il centrocampista dai piedi buoni e dal carattere forte, capace di essere “Superiore” in campo e uomo vero fuori.
Io sono Carmine Bianco, detto “O’Superiore”!
La mia partita non è mai finita.
Appuntamento alla prossima puntata. 






