IO DICO STOP. “Femminicidio: la testimonianza di una compaesana”

IO DICO STOP. Femminicidio: la testimonianza di una compaesana

IO DICO STOP. Femminicidio: la testimonianza di una compaesanaa cura di Giovanna Acierno

Il fine della mia rubrica è quello di rompere il silenzio, di ascoltare le “vittime” e da loro partire o meglio dalle loro testimonianze per indurre tutti coloro che soffrono, per qualsiasi motivo, a liberarsi dalle catene del mare, riprendendo in mano la loro vita. Quello della violenza sulle donne, è un tema che ho molto a cuore. Mi capita, spesso nel tempo libero di frequentare i centri antiviolenza che ogni comune mette a propria disposizione per dare, nel mio piccolo, un sostegno a chi ha pagato a caro prezzo l’essere donna. Alcuni giorni fa, sono stata contattata da una giovane mamma del Mandamento, la quale ha trovato il coraggio di raccontare la sua storia. “Ho trovato il coraggio di dare voce al dolore” mi ha detto ed io voglio condividerlo con voi, sperando possa essere d’aiuto a quanti come lei stanno soffrendo. Per ovvi motivi, la persona che si è rivolta alla mia rubrica ha deciso di scegliere l’anonimato.

“Cari lettori, dopo tanto, forse molto, ho deciso di raccontare la mia esperienza. Anche io sono una vittima, vittima della persona che ho amato, della persona che mi ha portato all’altare, della persona che mi ha reso mamma di due splendidi bambini. Prima che un uomo arrivi alle mani, ci sono tanti segnali, tante “spie rosse” che anticipano l’uragano e ti inducono a fuggire. L’amore però mi ha accecata ed Io quelle spie rosse non le ho viste o meglio non le ho volute vedere. Ho accettato innumerevoli tradimenti, quasi come se fosse la cosa più naturale del mondo. Quando mio marito usciva di casa per andare dall’altra o quando lo sentivo parlare a telefono, non lo odiavo, odiavo me stessa, dicevo di essermelo meritato perché non potevo condurre la vita che lui voleva,non potevo vestire come a lui sarebbe piaciuto dato che con la gravidanza avevo messo su qualche chiletto e inoltre avevo poco tempo da dedicare a lui. A tratti lo giustificavo, pensate che matta! Decisi di mettermi a dieta, di prepararmi un po’ di più, organizzavo cenette romantiche, ma nulla di tutto questo funzionò. Oltre ai tradimenti vari, iniziarono le offese, spesso mi diceva che io non valevo nulla e che non ero capace di fare nulla né da moglie, né da madre, sopportavo, lo facevo perché lo amavo e poi per i figli poiché non volevo che nascessero in un ambiente ostico. Un giorno, però, ebbi una reazione. Per l’ennesima volta lui mi aveva dato della fallita perché con la mia laurea nel cassetto non ero riuscita a trovar lavoro e se non fosse stato per lui che “portava il pane a casa” non avrei avuto di che vivere, io reagii, gli urlai di piantarla. Lui allora si alzò dal divano, dove comodamente stava mangiando la sua pizza, mi prese un vaso dal tavolo e me lo lanciò contro. Io lo perdonai, di nuovo. Pensavo che quel gesto avesse smosso qualcosa in lui, magari qualche senso di colpa, e invece…. Invece, lo rifece, ad un ristorante davanti a tutti perché io gli avevo chiesto di prendermi a ballare come tutte le altre coppie, in quegli istanti in cui le sue mani toccavano il mio corpo per infliggermi dolore, pensavo alla mia mamma e a quanto amore le volesse il mio papà e alla sua premura verso mamma, mi sento male, malissimo. Quel pensiero però, mi diede la forza di reagire. Un bel giorno, aspettai che lui andasse a lavoro. Da brava schiava, quale ero diventata, gli preparai la colazione ed il pranzo. Appena ebbe varcato la soglia di casa. Presi i miei due bambini rispettivamente di 2 anni e di 6 mesi, mi misi in macchina e raggiunsi i miei genitori. Non dovetti spiegare nulla, alcuna parola, mia madre mi capì, mi abbracciò e mi sostenne. Quello che era un tempo mio marito, ha cercato più volte di farmi del male ma ero circondata da amore e questo mi ha protetta. Oggi vivo sola, con i miei bambini (oramai non sono poi così tanto bambini), ho tolto la mia laurea nel cassetto e sono insegnante di spagnolo di ruolo, sono felice, mi piaccio e sto bene da sola. Quando ho sentito di questa rubrica mi son detta: “perché no?” ed eccovi qui la mia testimonianza. Reagite, donne, amiche, fatelo per voi perché la vostra vita è quanto di più bello e prezioso possiate avere. Avrei voluto metterci la faccia, ma non voglio che i miei figli crescano con la consapevolezza di avere un padre violento. Tutto questo dolore ha toccato me e non deve per nessuna ragione al mondo sfiorare loro. Un abbraccio e grazie ancora a Giovanna per l’opportunità datami Anonima”.

Continuate ancora a scrivermi per raccontare la vostra esperienza. Ci vediamo mercoledì prossimo.