Quella notte di Novembre

 Quella notte di Novembre

Il 23 Novembre 1980 un terremoto distrusse e cambiò per sempre la storia di un popolo e la geografia dei suoi luoghi

DICIANNOVE E TRENTAQUATTRO
Sono passati 45 anni dalle 19,34 di quella domenica di Novembre. La scossa più forte degli ultimi 100 anni (6,9 di magnitudo) in Italia, questo emerse poi. Un evento disgraziato che ha lasciato una scia di sangue e polemiche. 3000mila morti, 9000mila feriti e 280mila sfollati questo il nefasto bilancio. Vite spezzate, una generazione scomparsa ed una storia che a distanza di anni merita ancora di essere raccontata.

COM’ERAVAMO
L’Irpinia di fine anni 70 era un Irpinia diversa da questa. Tanti paesi, tanti piccoli borghi molti sconosciuti ai più. I collegamenti assai difficili e strade impervie. L’economia era per lo più agricola, motivo per cui già all’epoca all’interno di questi piccoli centri si rivolgeva lo sguardo altrove, al Nord, visto come la strada per ottenere maggiore fortuna. Questo era il contesto. Il terremoto del 1980 finí solo per accendere un faro su un pezzo di Italia con limiti e mancanze strutturali.

CAOS EMOTIVO
Quando fu data notizia del sisma non fu ben chiaro chi fosse stato colpito dalla scossa. I telegiornali dell’epoca parlarono di Avellino città, Napoli ma le notizie erano confuse. Nessuno ebbe la reale percezione della gravosità degli eventi ma soprattutto dell’Irpinia nessuna notizia. Paesi distrutti, rasi al suolo, non v’era più niente, pochi superstiti e quei pochi sotto shock. Un ruolo cruciale per la storia fu assunto da alcuni videoamatori sopravvisuti. Attraverso le apparecchiature dell’epoca (radio) si riuscì a dar notizia del disastro e fare luce sull’accaduto. Giunti sul posto soccorritori e i giornalisti si resero conto del disastro abbattutosi. Servivano, mezzi per poter estrarre le persone ed aiuti di ogni tipo, non c’era tempo da perdere. La visita del Presidente Pertini pochi giorni dopo e la famosa prima pagina, passata alla storia, del Mattino “Fate Presto” furono essenziali per svegliare dal torpore una comunità e una politica fino a quel momento distratta e disorganizzata.

CON I TUOI OCCHI
Immedesimarsi attraverso i racconti di chi quella tragedia l’ha vissuta può solo in parte aiutare a comprendere le sensazioni vissute. Dal canto mio, per cercare di dare un senso alle parole, darle un valore intenso che abbatta il trascorrere del tempo, mi sono posto allora una domanda, con un unico scopo, come faccio a distanza di oltre 40 anni a rendere vivo il ricordo? Far captare quelle mille sfaccettature di questa tregedia. Ci ho pensato e ripensato ad alla fine ho convenuto che la cosa più giusta da fare fosse concentrarsi sulle emozioni che hanno accompagnato il popolo irpino nei momenti successi al sisma. Cosa é accaduto ne ho parlato e molto altro poteva essere dettagliato. Perché errori prima e dopo ne sono stati commessi tanti. Fare pura cronaca però vorrebbe dire privare la storia stessa di una componente fondamentale, la componente emozionale. Sarebbe una storia monca, così con gli occhi e guidato dalla parole dei sopravvissuti, sono sceso all’inferno.

OK RESPIRA, OK RESPIRA
Ho immaginato quelle strade, quelle macerie e mi sono chiesto come avrei reagito io? L’immaginazione ha preso il sopravvento e così, forse solo in parte, sono riuscito a capire quali pensieri sono vagati in quegli assurdi istanti nella testa e nei cuori di quelle persone………
“Sono vivo, sono salvo? Dov’è casa mia?”. Era lì, eppure adesso non c’è niente. Dove sono i miei genitori? “Mamma, papà, ci siete? Rispondete, oh non vi vedo, non vi sento”. Forse sono lì, provo a spostare quel masso. È enorme, mi serve aiuto. Chi può? Qui non c’è più nulla, non c’è vita. Corro verso la piazza, qualcuno ci sarà. L’ansia sale, tremo, la paura prende il sopravvento, mi manca l’aria, dovrei fermarmi ma non posso. Intorno a me solo devastazione, cerco di farmi strada fra quei vicoli dove sono cresciuto, adesso mi appaiono diversi. Sento urla e gemiti di persone di cui non vedo nemmeno l’ombra, mi sento impotente. “Aiuto, aiuto, ho bisogno d’aiuto, i miei genitori sono intrappolati”, volti spenti mi circondano, volti spaesati. Vicino a me solo gente che piange, completamente sotto shock. Osservando quello che resta della piazza, finalmente capisco “Sono all’inferno, questo é l’inferno”.
Cosa faccio? Chiedo aiuto ai miei amici? Si, perché no. Inizio a correre ma l’ansia continua ad accompagnarmi: “Saranno vivi? Staranno bene?”, ma il tempo scorre ogni attimo é prezioso, tic tac, tic tac. Arrivo finalmente fuori casa di Giovanni, resto pietrificato alla vista, corpi privi di vita adagiati su un cumulo di macerie sparse. Mi passano davanti agli occhi, come in un film, i momenti vissuti col mio amico “cazzo non doveva andare così”. Vomito, ho visto anche troppo. Basta! Ho deciso, apro gli occhi, l’incubo è finito.

DEMONI INTERIORI
Ansia, angoscia, sconforto, shock sono solo alcune delle emozioni che quella sera di Novembre migliaia di persone hanno vissuto. Ognuno con reazioni diverse, alcune anche senza senso. Davanti al dolore, davanti ad un evento di questo tipo non c’è razionalità che tenga. Allora non stupitevi se quella sera davanti a quel che restava della propria casa un anziano, salvo, perché uscito per prenderea la legna, con un cassetto di un comò stava lì a raccogliere alcuni oggetti per riporli al suo interno. “Vabbè si trattava di un pazzo”, li sento già i vostri commenti anche sarcastici. Chiedetevi invece del perché si comportasse così, cosa che tra l’altro fece il giornalista dell’epoca Franco Di Mare. La risposta dell’uomo fu di quelle che tolgono le parole e danno il senso di tutto: “sto raccogliendo le cose di casa mia, vedete li c’è la cucina, lì c’è bagno e le camere. La mia famiglia é la sotto. Scusatemi devo continuare a raccogliere le nostre cose”. Lì però non c’era più niente. Era solo un uomo che aveva perso tutto, anche la ragione. Volete biasimarlo per questo? Voi cosa avreste fatto? Voi come avreste reagito? Voi davanti a quell’inferno sareste rimasti lucidi?. La verità é che un evento di questa portata ti cambia dentro, entra sotto la pelle, non va più via. Odori, urla, rumori a rappresentare una cicatrice profonda che non si chiuderà mai. Segni così sono capaci di generare veri e propri disturbi e fra questi rientra il disturbo post traumatico da stress. Disturbo che rientra fra le tipologie di disturbi legati all’ansia. Una persona vittima di un tale stress potrebbe patire gli effetti della scossa per anni. Vivere costantemente nel panico, accompagnati da una perenne ansia. Affrontare questi demoni diventa così una prerogativa per continuare a vivere e dare un senso all’essere sopravvissuti.

SOLITE STORIE
Quello accaduto dopo é storia. Una ricostruzione controversa costata circa 50miliardi di lire che ancora oggi vede incomplete diverse opere (strade, superstrade). Si é parlato di sperpero di fondi pubblici, cosi almeno senteziò la commissione d’inchiesta formatasi 10 anni dopo presieduta da Oscar Luigi Scalfaro. Il ruolo dei tecnici comunali e la commistione fra imprenditori e politici a riempirei pagine e pagine di giornali. La scelta di buttare giù tutto, cambiare volto a interi paesi percorrendo una strada diversa, di rottura col passato. Addio alle pietre e spazio al cemento. Strade ampie, case più grandi con giardino annesso e creazione di servizi che prima non esistevano. Si é rinunciato al fascino senza tempo dei borghi, sacrificando così il cuore. Quello é rimasto lì, imprigionato fra quei vecchi ruderi con buon pace di chi quelle scelte le ha prese. A distanza di 45 anni restano dubbi, perplessità e la consapevolezza che si poteva fare meglio.

COSA RESTA 45 ANNI DOPO?
Sbagliando s’impara, così ci viene raccontato fin dalla tenera età. Le nuove generazioni non hanno percezione del rischio benché meno quelle precedenti. Con gli anni si é dimenticato tutto, assueffati da una realtà artefatta. Bisogna per questo tenere viva la memoria, essere consapevoli dei rischi che corriamo allo scopo di arrivare semplicemente preparati agli eventi per non esserne travolti. Dobbiamo prendere coscienza dei terremoti, dei rischi e capire come reagire adottando comportamenti adeguati, evitando così di mettere in pericolo la nostra vita. Sviluppare una vera e propria cultura. Non é il terremoto ad uccidere ma noi stessi con le nostre azioni. Le scelte che prendiamo oggi influenzeranno il nostro futuro. Non possiamo più accettare che sorgano costruzioni che violino parametri essenziali per nostra la vita: materiali, norme di sicurezza, zone geologicamente non adatte, mancanza di documentazione e mancata comunicazione al catasto. Solo cosi onoreremmoe davvero la memoria dellle vittime, perché come disse il Presidente Sandro Pertini: “Il modo migliore di ricordare i morti? Pensare ai vivi”