Cascola anomala delle nocciole: la crisi travolge Irpinia, Casertano e Tuscia. Produzioni in picchiata, agricoltori in ginocchio

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Cascola anomala delle nocciole: la crisi travolge Irpinia, Casertano e Tuscia. Produzioni in picchiata, agricoltori in ginocchio

Crollo del raccolto fino al 90%. Cimice asiatica, clima impazzito e impianti vetusti alla base del disastro. Si moltiplicano le richieste di calamità naturale, ma serve una svolta strutturale per salvare il comparto.

di Felice Siniscalchi 

È un’estate drammatica per il comparto corilicolo italiano, e in particolare per le aree a più alta vocazione come la bassa Irpinia, parte del Casertano e l’intera Tuscia viterbese. A pochi giorni dall’inizio della raccolta, il bilancio è impietoso: fino al 90% di perdita del raccolto in alcune zone, con frutti caduti prematuramente, vuoti o marci. Un disastro economico e produttivo che lascia sul campo decine di migliaia di quintali di nocciole andate perse e centinaia di aziende agricole sull’orlo del collasso.

Le organizzazioni di produttori e le associazioni agricole hanno già richiesto formalmente il riconoscimento dello stato di calamità naturale, mentre le Regioni Campania e Lazio lavorano a misure d’emergenza per tamponare l’ondata di danni. Ma dal territorio arriva un messaggio chiaro: non basta più l’emergenza, serve un piano strutturale per salvare i noccioleti dal declino.

I numeri della crisi

Il dato più allarmante arriva proprio dalle zone simbolo della produzione italiana: la Tonda Irpina, la Tonda di Giffoni e la Tonda Gentile Romana. In provincia di Avellino, i produttori parlano di cascola fino all’80% nelle aree di Mugnano del Cardinale, Baiano e Sirignano. In provincia di Caserta, le perdite toccano anche l’85%. Nel Viterbese — tra Vallerano, Soriano nel Cimino e Gallese — il bilancio è altrettanto severo: interi noccioleti si presentano svuotati, con i frutti caduti già a inizio luglio, ben prima della maturazione. Le cause: clima impazzito, parassiti e impianti vecchi

Il 2025 è stato segnato da un andamento meteorologico estremo. Dopo un inverno mite e piovoso, sono arrivate gelate tardive ad aprile, seguite da piogge persistenti a maggio che hanno compromesso fioritura e impollinazione. Poi, tra giugno e luglio, un’ondata di caldo secco con punte oltre i 40 °C ha stressato ulteriormente le piante, già indebolite.

Questo mix di fattori ha provocato una cascola anomala dei frutti, aggravata dalla presenza di patologie fungine come la necrosi grigia e soprattutto dalla cimice asiatica, che colpisce i frutti in fase di accrescimento, causandone l’aborto e lasciandoli vuoti o deformi.

A tutto ciò si aggiunge il problema degli impianti vetusti, spesso a ceppaia e risalenti a oltre 40 anni fa. Questi noccioleti sono meno resilienti, più vulnerabili e spesso non adeguatamente irrigati o nutriti. La conseguenza è un ciclo produttivo inefficiente, che cede sotto la pressione degli stress ambientali.

Le richieste dei produttori: “Ora serve un piano vero”

Da Irpinia e Tuscia si leva una voce unanime: «Siamo stanchi di rincorrere le emergenze. Serve un intervento strutturale». Le principali proposte avanzate dalle organizzazioni agricole comprendono:

  • Riconoscimento immediato dello stato di calamità naturale per accedere agli indennizzi;
  • Rinnovo degli impianti con varietà più resistenti e moderne tecniche agronomiche;
  • Sistemi irrigui intelligenti, alimentati da sensori di umidità e modelli previsionali;
  • Difesa integrata contro i parassiti, attraverso tecniche sostenibili e il supporto della ricerca (come l’introduzione del parassitoide Trissolcus japonicus contro la cimice asiatica);
  • Consorzi territoriali per aggregare l’offerta e valorizzare i marchi locali, favorendo la filiera corta e la tracciabilità.

Università e ricerca in campo

L’Università della Tuscia, insieme agli atenei campani, ha già avviato studi per comprendere meglio l’origine delle cascole precoci e sviluppare varietà più adattabili ai cambiamenti climatici. In parallelo, si moltiplicano le iniziative locali per promuovere una corilicoltura sostenibile e tecnologica, fondata su suolo, nutrizione e irrigazione equilibrate.

La filiera a rischio, ma anche una sfida da cogliere

La produzione italiana di nocciole rappresenta un’eccellenza agroalimentare a livello mondiale. Ma oggi, tra clima impazzito, mercato globalizzato e impianti fatiscenti, il settore è a un bivio: o si innova, o si rischia di soccombere.

La crisi del 2025, pur nella sua gravità, può diventare l’occasione per ripensare profondamente il modello di sviluppo corilicolo in Irpinia, Casertano e Tuscia. Un’occasione da non sprecare, per garantire un futuro produttivo, redditizio e sostenibile a migliaia di agricoltori e territori che hanno fatto delle nocciole la loro identità.