Flashback sulla figura di Nicola Pugliese attraverso l’intervista alla figlia Alessandra 

Flashback sulla figura di Nicola Pugliese attraverso lintervista alla figlia Alessandra 

Nicola Pugliese ( Milano 1944- Mugnano del Cardinale 2012 ) è scrittore noto ai più,  per il romanzo ” Malacqua  ” e per la raccolta ” La nave nera “.
Attraverso l’intervista con la figlia Alessandra vogliamo proporre ai lettori una immagine dell’uomo e del padre ed in punta di piedi scandagliamo le relazioni della famiglia Pugliese. Nelle risposte che seguono viene acceso un focus su un aspetto poco divulgato del Nostro, quello di poeta e leggeremo quanto la signora Alessandra ci comunica su questo aspetto: buona lettura!
Vincenzo Serpico 
D.: Tutti conosciamo Nicola Pugliese giornalista e scrittore, pochi ne conoscono la vita privata. Le chiediamo un ricordo del Suo rapporto di figlia ed in questo qualche particolare episodio familiare vissuto con lui.
R.: Mio padre è stato sempre una presenza forte, anche nel silenzio.Non amava parlare troppo di sé, ma aveva un modo tutto suo di trasmettere le cose importanti. Con me era molto affettuoso, ma soprattutto attento: sapeva cogliere le sfumature, leggere tra le righe dei miei gesti e delle mie parole. Uno dei ricordi più vivo che conservo è quello delle nostre passeggiate insieme: non erano mai banali. Bastava un dettaglio, una nuvola, un rumore, un odore per trasformarsi in uno spunto di riflessione o in una piccola storia che lui inventava sul momento. Mi ha insegnato a guardare il mondo con occhi diversi, a non accontentarmi mai delle apparenze. Questo credo sia stato il suo dono più grande come padre. 
D.: La letteratura riconosce il romanzo ” Malacqua ” e la raccolta ” La nave nera “, ma si hanno notizie di un canovaccio di testi in versi in Suo possesso:può riferircene i contenuti?
R.: Si, ho avuto modo di conservare alcune sue prove in versi. Sono testi che rispecchiano pienamente la sua sensibilità: un linguaggio essenziale quasi asciutto,  ma capace di evocare immagini fortissime. Non sono poesie tradizionali, ma riflessioni intime, a volte veri e propri frammenti lirici, in cui la città, l’acqua e la memoria tornano come temi ricorrenti, proprio come nella sua prosa. Si percepisce un dialogo costante con Napoli, ma anche con il tempo che scorre, con l’idea della precarietà e della bellezza nascosta nelle piccole cose. Sono testi che mostrano un lato più intimo e meditativo di mio padre, meno noto al pubblico, ma altrettanto autentico.
D.: La poliedrica figura di Suo padre ci pone a conoscenza di alcuni hobby da lui tanto amati, il gioco a carte, la dama, gli scacchi e la pittura: può approfondire questi aspetti?
R.: Gli hobby di mio padre non erano solo un passatempo, ma un modo per nutrire la sua mente ed il suo sguardo. Nella dama e negli scacchi trovava una sfida intellettuale che amava affrontare con calma e concentrazione. Per lui ogni partita era un esercizio di logica e di visione, la capacità di immaginare le conseguenze prima di muovere, quasi una filosofia di vita. La pittura invece era il suo spazio più intimo. Dipingeva paesaggi e raffigurazioni astratte, lasciando a chi li guardava la possibilità di trovarvi un proprio significato. Credo che per lui ogni tela avesse un senso preciso nel momento stesso in cui la dipingeva, ma poi quel senso si liberava e diventava di tutti. Accanto agli astratti, amava molto anche i volti: li dipingeva con intensità, quasi a voler catturare non tanto le sembianze esteriori, quanto l’anima nascosta dietro gli sguardi. Era un’attività silenziosa, di raccoglimento, che gli donava una libertà diversa rispetto alla scrittura.