
Avellino, luglio 2025 – L’Irpinia continua a perdere pezzi. Non parliamo solo di giovani che lasciano il territorio in cerca di futuro, ma di un’intera provincia che si svuota anno dopo anno, tra culle sempre più vuote e paesi che rischiano l’estinzione. I numeri parlano chiaro: secondo gli ultimi dati diffusi dall’ISTAT e da altre fonti demografiche, la provincia di Avellino ha perso oltre 32.000 abitanti in poco più di un decennio.
Al 1° gennaio 2024, i residenti erano circa 397.000, contro i 429.000 del 2011. Il calo demografico è stato costante e inarrestabile, con un saldo naturale sempre negativo: più morti che nascite, e pochi giovani a invertire la rotta. Solo nel 2023, il numero di nati è stato inferiore di oltre 2.200 unità rispetto ai decessi.
Se il quadro demografico fa riflettere, quello sociale preoccupa ancora di più. L’indice di vecchiaia in Irpinia è tra i più alti d’Italia: oltre 208 anziani ogni 100 giovani sotto i 14 anni. La popolazione invecchia, e a ritmi allarmanti. Il ricambio generazionale è praticamente assente, mentre interi borghi dell’entroterra si trasformano in paesi-fantasma.
Migrazioni silenziose e comuni in crisi
Il fenomeno non riguarda solo le aree rurali più isolate: anche comuni di medie dimensioni come Ariano Irpino, Lioni o Sant’Angelo dei Lombardi registrano cali sensibili. A emigrare sono soprattutto i giovani: studenti, neolaureati, lavoratori senza prospettive. La direzione è sempre la stessa: Nord Italia, estero o grandi città del Centro-Sud.
Se negli anni ‘60 si partiva con la valigia di cartone verso la Germania o il Belgio, oggi si parte con un laptop e un curriculum, ma la sostanza non cambia: l’Irpinia resta indietro.
Previsioni nere per il futuro
Secondo le proiezioni dell’ISTAT, la provincia di Avellino potrebbe scendere sotto quota 370.000 abitanti entro il 2034, e perdere oltre 80.000 residenti entro il 2050. Il capoluogo stesso, Avellino città, rischia di ridimensionarsi drasticamente, mentre decine di piccoli comuni sono a rischio scomparsa.
Le cause: più profonde di quanto sembri
Il fenomeno dello spopolamento ha radici profonde:
- Crisi occupazionale cronica.
- Servizi pubblici in ritirata (scuole, ospedali, trasporti).
- Infrastrutture carenti, soprattutto nelle zone montane.
- Assenza di una strategia di sviluppo duratura.
La carenza di investimenti strutturali e politiche di sostegno ai giovani e alle famiglie rende difficile trattenere i residenti, figuriamoci attrarne di nuovi.
Serve una risposta politica immediata
I sindaci dei comuni irpini lanciano da anni l’allarme, chiedendo misure straordinarie: agevolazioni fiscali per chi torna, incentivi alla natalità, rilancio del turismo lento, valorizzazione del patrimonio naturalistico e culturale. Ma senza un piano strutturale a livello regionale e nazionale, l’emorragia non si fermerà.
“Se non invertiamo la rotta ora, nel 2050 racconteremo l’Irpinia come una terra del passato, abitata solo nei ricordi”, ha dichiarato un amministratore locale durante un convegno recente sulla crisi demografica.
Lo spopolamento della provincia di Avellino non è solo un fatto statistico: è un campanello d’allarme per l’intero Mezzogiorno. La desertificazione sociale di interi territori richiede risposte coraggiose, visione a lungo termine e, soprattutto, la volontà politica di ricostruire un futuro possibile in una delle zone più autentiche e resilienti del Paese.