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Il 18 settembre 1812 Mosca bruciava. La città, cuore della Russia imperiale, fu devastata da un immenso incendio che distrusse gran parte degli edifici, segnando uno degli episodi più drammatici della campagna di Russia di Napoleone Bonaparte.
Il contesto storico
Dopo la vittoria sanguinosa nella battaglia di Borodino (7 settembre 1812), Napoleone entrò a Mosca sperando di trovare una città pronta a trattare la pace. Al contrario, la popolazione aveva abbandonato la capitale, lasciandola spettralmente vuota.
Le fiamme
Pochi giorni dopo l’ingresso delle truppe francesi, divamparono incendi in più punti della città. Il 18 settembre, le fiamme si estesero in modo incontrollabile: alimentate dal vento e dalla presenza di edifici in legno, distrussero quartieri interi.
Le cause non furono mai chiarite del tutto. Secondo molte fonti, furono i russi stessi ad appiccare il fuoco per impedire all’esercito francese di trovare rifugio, viveri e rifornimenti. Altri storici ritengono che si sia trattato di un insieme di sabotaggi e incidenti, resi devastanti dalla fragilità urbana.
Le conseguenze
In pochi giorni tre quarti di Mosca andarono in cenere. Le truppe napoleoniche, prive di approvvigionamenti e costrette a bivaccare tra le macerie fumanti, iniziarono a soffrire freddo, fame e malattie.
Napoleone, rimasto senza la possibilità di stabilirsi a Mosca come base logistica e politica, fu costretto a ripiegare. Da lì iniziò la ritirata di Russia, una delle disfatte più celebri della storia militare.
Il significato storico
L’incendio di Mosca rappresenta non solo una tragedia urbana, ma anche un punto di svolta nelle guerre napoleoniche. L’impero francese, fino ad allora apparentemente invincibile, mostrò la sua vulnerabilità di fronte alla resistenza russa e alle dure condizioni climatiche.
