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Scacco delle Procure di Avellino e Salerno al presunto dominus di un sistema di riciclaggio milionario con epicentro a Solofra. Ieri mattina i militari della Guardia di Finanza hanno dato esecuzione a sette misure cautelari – due agli arresti domiciliari e cinque interdittive – nell’ambito di un’inchiesta che vede coinvolti complessivamente venticinque indagati. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, al centro dell’organizzazione ci sarebbe un quarantacinquenne solofrano, L.G., indicato come l’uomo che teneva le fila di un meccanismo collaudato di frodi fiscali e riciclaggio attraverso un fitto intreccio di società fittizie.
Il sistema era strutturato con una società capofila, con sede nel Lazio, che emetteva fatture per operazioni inesistenti. Queste fatture venivano poi indirizzate a tre imprese “buffer” – dette anche “cuscinetto” – che fungevano da tramite tra la capofila e una galassia di almeno diciassette “cartiere”. Tutte le ditte erano formalmente intestate a giovani prestanome privi di reale operatività, senza sede, dipendenti o alcuna posizione fiscale attiva. A loro andavano soltanto pochi spiccioli in cambio dell’utilizzo dei dati personali, mentre i flussi di denaro, apparentemente giustificati da documentazione fiscale regolare, venivano reimmessi nel sistema attraverso una rete di operazioni di monetizzazione, soprattutto tramite vaglia postali.
Proprio l’uso dei vaglia ha permesso ai militari della Tenenza di Solofra di avviare l’inchiesta. Il 7 settembre 2021, davanti all’ufficio postale di Aiello del Sabato, vennero fermati alcuni prestanome intenti a incassare i titoli. Le Poste avevano già segnalato anomalie all’Unità Antiriciclaggio. Da quel momento sono partiti gli accertamenti che, nel giugno 2023, si sono estesi fino al Lazio e alla Toscana, dove era stata spostata una delle società cuscinetto. Le indagini, coordinate dal pm Enzo Russo e poi affidate al sostituto procuratore Luigi Iglio, hanno permesso di raccogliere prove tramite perquisizioni, intercettazioni e tracciamenti finanziari, fino a delineare l’intera struttura della presunta associazione per delinquere.
L’intero impianto si fondava su dinamiche simili alle frodi carosello: emissione e ricezione di fatture false per operazioni inesistenti, flussi bancari giustificati da quella stessa documentazione e ingenti somme che cambiavano di mano apparentemente in modo legale, pur derivando da attività illecite, in particolare frodi fiscali. Decisiva, in questa ricostruzione, anche la collaborazione di Poste Italiane, che ha contribuito a mappare il ciclo dei vaglia, fino alla restituzione alla società capofila del denaro inizialmente “ripulito” tramite le cartiere.
Oltre al “dominus”, che avrebbe avuto il pieno controllo dell’intero apparato, è indagato anche un soggetto originario dell’area serinese, suo presunto stretto collaboratore. I due, secondo gli inquirenti, corrispondevano ai prestanome un compenso mensile e gestivano tutte le fasi operative, dai contratti alla creazione delle ditte, fino alla movimentazione dei capitali. L’ordinanza firmata dal Gip Giulio Argenio ha accolto in parte le richieste della Procura, rigettando una delle otto misure richieste. Tutti gli indagati sono già stati ascoltati in interrogatorio preventivo.
Il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Avellino, colonnello Leonardo Erre, ha dichiarato che l’operazione è il frutto di un lavoro investigativo di lunga durata e rappresenta un colpo diretto alle fondamenta economiche del sodalizio. Intanto, il collegio difensivo composto dagli avvocati Gaetano Aufiero, Mimmo Iommazzo, Massimiliano Russo, Stefano Vozzella, Roberto Flammia e Raffaele Moretti annuncia ricorso al Tribunale del Riesame, mentre per tutti gli indagati vale il principio di presunzione di innocenza.
