
![]()
E allora fermiamoci un attimo. Fermiamoci davvero, perché qui non siamo davanti a un semplice disservizio, ma a una fotografia impietosa di come si può toccare il fondo senza nemmeno scavare.
Sì, perché quello che sta accadendo all’Ufficio Postale di Sperone non è solo vergognoso: è indegno di un Paese che si definisce civile. Infiltrazioni d’acqua dal tetto, pioggia che entra come se fossimo sotto una tettoia sfondata, utenti costretti a fare la fila schivando gocce e pozzanghere, operatori obbligati a lavorare in condizioni che definire precarie è un eufemismo. Altro che “servizio pubblico”: qui siamo alla sopravvivenza.
A denunciare tutto questo è il dottor Salvatore Alaia, due volte sindaco di Sperone, uno che il territorio lo conosce palmo a palmo e che oggi si è trovato davanti a uno spettacolo semplicemente indecoroso. Piove a catinelle fuori, piove dentro. Un ufficio postale trasformato in un colabrodo, mentre i cittadini – anziani, famiglie, lavoratori – aspettano di poter svolgere operazioni essenziali.
E come se non bastasse, il Postamat è fuori uso. Chiuso. Guasto. Inservibile. Tradotto: niente contanti, niente servizi automatici, niente di niente. Una beffa nella beffa. E allora la domanda viene spontanea, quasi urlata:
ma cosa deve succedere ancora per smuovere qualcuno?
La Direzione provinciale di Avellino dov’è? Sta aspettando che crolli il soffitto? Che qualcuno si faccia male? Che un servizio pubblico diventi ufficialmente una barzelletta di pessimo gusto?
Il punto più grave, però, è un altro. I lavori di ammodernamento sono terminati da mesi. Mesi. E questo sarebbe il risultato? Questo sarebbe l’ufficio “rinnovato”? Se questa è l’idea di efficienza, allora siamo messi male. Molto male.
Qui non si parla solo di Sperone. Qui si parla del Baianese, di un territorio che da troppo tempo viene trattato come periferia di nessuno, come una zona che può aspettare, arrangiarsi, subire. Un territorio lasciato al proprio destino, mentre si moltiplicano promesse, inaugurazioni e comunicati vuoti.
E allora sì, diciamolo senza giri di parole: abbiamo toccato il fondo.
E il silenzio, l’inerzia, l’indifferenza fanno ancora più rumore dell’acqua che cade dal tetto di quell’ufficio postale.







