L’IDEALISMO E LE TRE VERITÀ HEGELIANE

L’IDEALISMO E LE TRE VERITÀ HEGELIANE

di Sebastiano Gaglione.

La massima incarnazione del Romanticismo filosofico è l’Idealismo.

Nell’ambito filosofico, il Romanticismo si definisce “Idealismo”.

Era fondamentale per i pensatori del tempo infrangere e superare i limiti imposti da Kant, il quale aveva decretato l’impossibilità del noumeno (la cosa in sé). L’Idealismo, quindi, riceve un vero e proprio stimolo dalla filosofia Kantiana nella misura in cui diviene essenziale la frattura tra il noumeno ed il fenomeno.

Ciò che per il filosofo di Königsberg era inafferrabile, ora diventa afferrabile per la filosofia romantica. L’essenza metafisica della realtà, per l’idealista dev’essere afferrata. Infatti l’Idealismo elabora una nuova metafisica dell’infinito.

A tal proposito, vi sono effettivamente ben tre verità hegeliane di fondo:

  1. Risoluzione del finito nell’infinito: la realtà non è un insieme di sostanze autonome. Noi siamo di fronte alla possibilità di concepire la realtà solo in termini complessivi, una realtà che rappresenta un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte e manifestazione. Per capire bene il tutto non si può non pensare alle parti che lo costituiscono. Tale organismo rappresenta la ragion d’essere di ogni cosa (quella parte funzionale al tutto). Questo organismo coincide con quello che chiamiamo assoluto o infinito, mentre le singole parti rappresentano il finito rispetto all’infinito. Di conseguenza il finito (l’uomo) non esiste se non in relazione al tutto, di cui è parte. Tutto questo ci porta ad interpretare la filosofia di Hegel come un monismo panteistico: siamo di fronte ad un unico principio fondante la realtà che è in Hegel (monismo) e che vede il divino in tutte le cose: Dio è il principio immanente che fonda la realtà. La filosofia idealista, dunque, restituisce agli uomini la metafisica negata da Kant, perché invita a cercare il principio metafisico non oltre le cose, ma nelle cose. Spinoza, invece, afferma che Dio È La Natura e la differenza con Hegel consiste nel fatto che questa natura era un qualcosa di statico. La diversità, invece, sta nel considerare la natura come un qualcosa di dinamico (la natura secondo Hegel) ed in continua evoluzione; nel momento in cui si autodetermina è ancora in corso. La molla della realtà è la razionalità; quella dello spirito è una razionalità crescente, la massima razionalità e dunque è per questo motivo che non si può non pensare che Hegel sia un conservatore: egli si fa portavoce delle istanze dei conservatori poiché la realtà storica era il massimo che si poteva determinare.

  1. Tutto ciò che è reale è razionale e viceversa, ovvero identità di ragione e realtà (ragione che nell’idealismo è un principio metafisico, non è una facoltà umana come in Kant). Per Hegel, quindi, la razionalità fonde il reale. Questa realtà è costituita da elementi, il finito, che hanno valore in relazione al tutto, che è un qualcosa di dinamico, Dio dunque Diventa ragione ed idea nel suo sviluppo. Andando ad analizzare quest’affermazione, possiamo evincere che tutto ciò che esiste è razionalità ed è reale, non è un qualcosa di astratto; il reale è la forma delle cose, è un tutt’uno con la realtà. Tutto ciò che esiste è pura espressione di questa razionalità e grazie a quest’ultima si può interpretare. Il soggetto spirituale che sta alla base della realtà viene denominato da Hegel con il termine “idea”, “ragione”, intendendo con queste espressioni l’identità di pensiero ed essere, o meglio di regione e realtà. Con la prima parte della formula (“ciò che è razionale è reale”) non si vuole più ammettere un ente metafisico al di fuori della realtà, bensì che non vi può essere una razionalità oltre le cose, ma tutto questo processo razionale diventa la realtà. Non può esistere il “dover essere” (come in Kant, in cui gli uomini non sempre erano ragionevoli nell’eseguire la loro moralità ed in cui vi è un continuo rimando a come dovrebbe essere la realtà e non com’è realmente). Per Hegel quello che esiste è comprensibile, non c’è niente a cui sottrarsi perché la propria razionalità e quella reale possiedono la medesima trama, lo stesso processo razionale. Non si può pensare al “dover essere”: se non è, vuol dire che non è razionale. Ad esempio, in Hegel vi è una critica ferrata verso tutte quelle forme politiche che “promettono” un qualcosa che non accadrà mai. È come se non vi fosse un piano alternativo alla realtà. Con la seconda parte della “formula”, invece, Hegel intende affermare che la realtà non è una materia caotica, bensì il dispiegarsi di una struttura razionale che si manifesta in modo inconsapevole nella natura (ad esempio, l’albero non è consapevole di far parte di un processo razionale) ed in modo consapevole nell’uomo, il quale ha la possibilità di comprendere la sua razionalità. In definitiva, la realtà e la ragione vanno di pari passo. La ragione non è un concetto astratto per il semplice motivo che questa, in Hegel, si concretizza.

 

  1. La filosofia è vista come giustificatrice: dopo aver detto che tutto ciò che esiste è razionale, parliamo ora della filosofia. Essa serve a spiegare la razionalità della realtà, quindi possiede la facoltà di stimolare il “dover essere” delle cose, ma il mondo, se cambia, lo fa da solo, in modo razionale ed inconsapevole, poiché la realtà è dinamica e non c’è qualcuno che la programma. Il principio che fonda la realtà è insito nelle cose. Come, ad esempio, il seme che diventa fiore e poi frutto tutto da sè. Si può, quindi, prendere atto della realtà, ma non la si può in alcun modo giudicare. Il filosofo è colui che prende atto della realtà così com’è e la spiega, ma una cosa può essere spiegata solo se il processo si è dispiegato completamente (tornando all’esempio di prima, il seme può essere spiegato solo quando diventa frutto). Un esempio calzante può esser rappresentato dalla nottola di Minerva (ossia un uccello, o meglio una civetta sacra), considerata come la metafora della filosofia, perché quest’ultima deve entrare in azione solo ed esclusivamente nel momento in cui il processo si è concluso, proprio come la civetta vola al calar del sole.La filosofia, dunque, è la più alta e completa manifestazione dell’assoluto; di conseguenza, non può essere presente in ogni stadio del pensiero umano. Essa mette in luce gli aspetti razionali insidi nella realtà. In tal senso, bisogna ammettere la presenza dell’accidentale, che non è razionale.

Ad esempio, un fenomeno catastrofico, quale può essere considerato il male, è ammissibile solo se tale fenomeno viene considerato ininfluente alla trama dei fatti, poiché anche se è esistito, alla fine la trama della realtà sarà comunque razionale, poiché esso risulta essere “solo” un imprevisto.

Tutto ciò che accade, è quindi razionale.