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Dalla nuova indagine Swg emerge una generazione attiva ma distante dalle urne. Conte e Sánchez i leader più apprezzati.
Emergono dati sorprendenti dall’ultimo sondaggio realizzato da Swg sulla fascia 18-25 anni: quello giovanile è un mondo che partecipa, protesta, discute, condivide, ma che considera il voto un rito sempre più lontano. Oltre un terzo degli under 25, infatti, sceglie deliberatamente di non recarsi ai seggi. Non per disinteresse assoluto, ma per sfiducia verso chi la politica la rappresenta.
La ricerca conferma una frattura profonda tra generazioni. I ragazzi non seguono i media tradizionali, non leggono quotidiani, non guardano talk show: il loro punto di contatto con l’attualità resta il mondo digitale, soprattutto social e piattaforme video. Qui intercettano temi, opinioni, trend che spesso sfuggono all’agenda adulta.
Nonostante questo scarto nei canali di informazione, i giovani non sono disimpegnati. Partecipano a movimenti, manifestazioni, battaglie ambientali e sociali; fanno volontariato, aprono discussioni online, creano comunità. Una politica “dal basso”, più emotiva, immediata, fluida rispetto ai tradizionali partiti.
Ciò che manca è la fiducia. Se le istituzioni vengono percepite come relativamente solide, la politica “praticata” da leader e rappresentanti appare distante, inefficace, poco credibile. E infatti i giudizi più favorevoli vanno a figure considerate “non convenzionali”: in testa Giuseppe Conte e il premier spagnolo Pedro Sánchez, capaci — secondo gli intervistati — di trasmettere autenticità e vicinanza.
Il quadro che emerge è chiaro: gli under 25 non sono una generazione apatica, ma una generazione che chiede un linguaggio nuovo, una rappresentanza diversa e una politica che non sia soltanto propaganda. Una generazione che partecipa ovunque, tranne dove la politica si aspetta di trovarla.
