Eatstory, il cibo dei romani piace ai turisti di Pompei. Coldiretti: degustare l’idromele, la bevanda degli Dei

Eatstory, il cibo dei romani piace ai turisti di Pompei. Coldiretti: degustare l’idromele, la bevanda degli Dei

Eatstory, il cibo dei romani piace ai turisti di Pompei. Coldiretti: degustare l’idromele, la bevanda degli DeiLa bevanda degli dèi per festeggiare i venti giorni di inaugurazione di “EATSTORY – da noi il cibo ha una storia”, l’iniziativa di Coldiretti realizzata all’interno degli scavi di Pompei in collaborazione con Ministero dei Beni Culturali, Soprintendenza Speciale e Grande Progetto Pompei. Ogni martedì e venerdì gli agricoltori di Campagna Amica ospitano a casina dell’Aquila negli orari di apertura, all’interno del percorso archeologico, i turisti che vogliano vivere l’esperienza di assaggiare il cibo dei Romani. Il legame tra cultura e agroalimentare si è rivelata la formula vincente, apprezzata dai visitatori provenienti da tutto il mondo.

Questa settimana è dedicata alla riscoperta dell’idromele, prodotto dalla fermentazione del miele con l’aggiunta di acqua. È con ogni probabilità la bevanda fermentata più antica del mondo, più della birra, in quanto non era necessaria alcuna coltivazione per poterla produrre e nell’antichità era nota come “la bevanda degli dèi“. L’idromele viene citato da alcuni autori romani antichi (Appio, I secolo dopo Cristo, e Varrone, I secolo avanti Cristo) come una bevanda da ricchi. Nei testi classici greci e romani, accanto all’idromele (o acqua mulsa) compaiono l’ossimele (miele e aceto, una bevanda rinfrescante di sapore agrodolce, molto usata come condimento), e il vino mulso (vino mescolato con miele), di cui spesso vengono enumerati i benefici per la salute (per esempio Plinio, primo secolo dopo Cristo, nel suo Naturalis Historiae). Dall’uso di questa bevanda nei riti nuziali antichi deriverebbe anche “luna di miele”.

Il menu pompeiano, riproposto grazie a Coldiretti, prevede un vero e proprio viaggio storico-gastroomico: dalla “scriblita” (focaccia con spezie) al “caseus” (ricotta), dalla “brassica pompeiana“ (cavolo pompeiano in salsa di garum) alla “patina de apua fricta” (torta di acciughe fritte), dalla “mala” (mele annurche) alle “caricae” (fichi secchi) del Cilento, dai “basynias” (struffoli) al “falernum rubrum” (falerno del massico rosso).

Si tratta di specialità che – sottolinea la Coldiretti – sono state trasmesse praticamente inalterate nel corso dei secoli grazie all’impegno di generazioni di agricoltori che ne hanno custodito gelosamente tecniche e segreti. Dai reperti emerge che l’alimentazione dei pompeiani era a base di verdura e frutta che venivano vendute in gran quantità nelle botteghe insieme all’olio.

“Il successo del progetto EatStory a Pompei – commenta Gennarino Masiello, presidente di Coldiretti Campania e vicepresidente nazionale – dimostra che la formula vincente è un’alleanza organica e strategica tra patrimonio culturale e patrimonio agroalimentare. Sono le due leve che consentiranno al Sud e alla Campania di consolidare il trend di crescita. Non servono investimenti sporadici e disarticolati, ma occorre puntare sugli elementi di forza che abbiamo. Questo valga come stimolo per la spesa dei fondi europei. Ogni euro investito in agricoltura e turismo genera buona occupazione, preserva il territorio, difende il paesaggio e l’ambiente, frena la fuga dei nostri giovani”.