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Il 30 agosto 1941 segna l’inizio effettivo di uno dei capitoli più drammatici della Seconda Guerra Mondiale: l’assedio di Leningrado. In questa data, con la conquista della città di Mga, le truppe tedesche interruppero l’ultimo collegamento ferroviario con Leningrado, isolando la città dal resto dell’Unione Sovietica.
Pochi giorni dopo, il 8 settembre 1941, l’assedio entrò nella sua fase più dura, che sarebbe durata fino al 27 gennaio 1944: 872 giorni di fame, privazioni, bombardamenti e resistenza disperata.
La tragedia umana
Durante l’assedio, la popolazione di Leningrado visse in condizioni disumane. Il razionamento del pane arrivò a livelli minimi, con porzioni di appena 125 grammi al giorno, spesso mescolato a segatura per aumentarne il peso. Il freddo estremo dell’inverno 1941-42, unito alla mancanza di riscaldamento ed elettricità, aggravò ulteriormente la situazione.
Le stime parlano di oltre un milione di morti, la maggior parte civili, vittime di fame, freddo e bombardamenti. In certi periodi i decessi quotidiani superavano le 4.000 persone al giorno.
La resistenza e la “Strada della Vita”
Nonostante tutto, la città resistette. Un ruolo fondamentale ebbe il Lago Ladoga, che d’inverno ghiacciava e divenne l’unica via di rifornimento: la cosiddetta “Strada della Vita”. Attraverso di essa arrivarono viveri, munizioni e medicine, e furono evacuati migliaia di civili.
Il simbolo di una città eroina
La fine dell’assedio, il 27 gennaio 1944, rappresentò una delle più grandi vittorie sovietiche della guerra. Per il sacrificio e il coraggio dimostrato, Leningrado ricevette il titolo di “Città Eroina”, riconoscimento che ancora oggi ne celebra la memoria.
Una lezione di storia e di memoria
L’assedio di Leningrado non è soltanto un episodio bellico: è una tragedia umana che ci ricorda la brutalità della guerra e la resilienza di chi vi è stato costretto. Oggi, memoriali come il Piskarevskoye custodiscono le spoglie di centinaia di migliaia di vittime, affinché il loro sacrificio non venga dimenticato.
Leningrado è e rimane il simbolo di una città che non si è mai arresa.
