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Lo scempio del territorio e le diffuse criticità dell’estrazione di materiale calcareo. Il Piano regionale della Campania per le cave disatteso, le assenze dei poteri pubblici e delle amministrazioni locali. Il silenzio dei partiti e dei media.
di Antonio Caccavale
Già dalla metà degli anni ’ 90 e lungo il primo decennio degli anni 2000, le modalità, a dir poco barbare, di estrazione del materiale calcareo in quella che gli abitanti locali chiamavano Carcarella, sono state oggetto di non poche lamentele della popolazione residente e di una campagna di stampa condotta unicamente da qualche giornale locale. I giornali e i periodici di più importante “lignaggio”, anche quando sollecitati da chi chiedeva loro aiuto, si sono sempre guardati bene dal dare una mano ad una popolazione la cui colpa è quella di vivere in un centro abitato, situato a ridosso di una collina in via di martellante sventramento.
Potrebbe sembrare inverosimile, ma finanche le autorità preposte alla salvaguardia della salute dei cittadini e alla tutela dell’ambiente e del paesaggio non si sono importate più di tanto dello scempio che, da almeno un trentennio, viene perpetrato a ridosso del centro abitato di Schiava, frazione di Tufino e di Casamarciano. Uno scempio che, oltre alla collina in via di demolizione, si è caratterizzato, come molti sanno, anche per la vicenda legata allo smaltimento dei rifiuti. Alla popolazione di Schiava, che ha subito non poche conseguenze rovinose per le scelleratezze, di cui si sono resi protagonisti i pubblici poteri, andrebbe riconosciuto il diritto alla cessazione di ogni ulteriore oltraggio, mettendo fine allo sfruttamento di quella che una volta veniva chiamata Carcarella.
Ma quali sono i motivi per i quali bisognerebbe mettere fine a quell’attività estrattiva?
Tanto per cominciare è il caso di precisare che la cava in questione rientra nella categoria delle “cave di versante e culminali”. Per questo tipo di cave le norme di attuazione del Piano Regionale delle Attività Estrattive della Campania, all’articolo 56, prescrivono che “l’attività di cava condotta sui versanti collinari o montuosi deve prevedere le condizioni per poter realizzare un efficace raccordo morfologico con le aree circostanti su tutto il perimetro dell’area di cava”. Il che significa che l’estrazione del materiale calcareo deve avvenire, garantendo che il fronte di cava e le aree circostanti, ai fini di una transizione graduale e naturale tra le aree sottoposte ad estrazione e il contesto paesaggistico, non deve provocare cambiamenti talmente bruschi da pregiudicare gravemente l’impatto visivo ed ecologico.
Basta dare uno sguardo anche molto superficiale allo scempio che si sta consumando, per rendersi conto che quella cava, che ricade nel territorio del Comune di Casamarciano, per come viene coltivata, non presenta nessun tipo di raccordo morfologico tale da renderne meno violento l’ impatto visivo ed ecologico.
Lo stesso, citato articolo 56 stabilisce che “la tecnica di coltivazione per le cave di versante si sviluppa attraverso la definizione di gradoni, le cui caratteristiche geometriche devono essere valutate in funzione delle proprietà geologico–tecniche delle rocce, delle procedure estrattive adottate e delle connesse condizioni di sicurezza“.
C’è qualcuno che, osservando lo scempio, tuttora in corso, di quella cava può affermare che la tecnica con cui viene coltivata si sviluppa attraverso la definizione di gradoni? Se è vero che qualche accenno di gradoni è visibile, e solo per brevi tratti, sul suo lato est, è altrettanto vero che nel complesso essa si presenta come un pessimo esempio di coltivazione, caratterizzato, tra l’altro, dall’assoluta assenza di appropriate “quinte di mascheramento” (alberature, terrapieni, o altri elementi che contribuiscano ad attutirne l’impatto visivo), così come prevedono le norme di attuazione del Piano delle Attività Estrattive della Regione Campania.
Sempre contravvenendo a quanto prescrivono le norme, nessuna misura tesa ad evitare la ricaduta di enormi quantità di polveri viene adottata. E non sembra che siano rispettate le precauzioni relative alle vibrazioni prodotte dalle detonazioni delle cariche esplosive, descritte dall’articolo 50 delle stesse Norme, per evitare di provocare quei micro sciami sismici che alcuni cittadini avvertono nelle loro case.
Alla luce delle criticità che sono state fin qui evidenziate e che non sfuggono all’occhio di chi si soffermi anche distrattamente a guardare quello che avviene in quella cava, c’è da chiedersi che cosa abbiano finora fatto e/o che cosa intendano fare, in materia di “Funzioni di vigilanza amministrativa e di polizia minerari, i dirigenti del Genio Civile, i quali ai sensi dell’articolo 87 delle Norme di attuazione del Prae dovrebbero costantemente vigilare sul rispetto degli adempimenti previsti dalle autorizzazioni, concessioni e permessi da parte dei concessionari.
Sarebbe doveroso, tranne che non li si voglia relegare nella categoria dei figli di un dio minore, che la Regione Campania facesse capire ai cittadini di Schiava se intende o no tutelarne il diritto alla salute e se ritiene di doversi prendere cura di salvaguardare anche l’equilibrio ambientale del loro territorio.
