Il paradosso del Panettone: se tutto è “eccellenza”, nulla lo è davvero

Il paradosso del Panettone: se tutto è eccellenza, nulla lo è davvero

di Salvatore Guerriero
Il mercato del panettone vive un momento d’oro. Con una crescita che sfiora il 10% e un valore che supera i 600 milioni di euro, il re dei lievitati ha smesso di essere un semplice dolce natalizio per diventare un asset economico globale. In questo scenario, l’artigianalità ha conquistato il centro della scena, diventando sinonimo di qualità e credibilità. Ma proprio all’apice del successo, stiamo correndo un rischio fatale: lo svilimento dell’eccellenza.

L’illusione della qualità diffusa

Oggi il panettone è ovunque. La sua ubiquità ha superato i confini della pasticceria per approdare in contesti improbabili. Questa democratizzazione forzata è figlia di un’industria delle materie prime che ha intercettato il business, creando mix “perfetti” capaci di simulare lunghe lievitazioni in tempi record.
Il risultato? Prodotti esteticamente inappuntabili che però svuotano di significato il termine “artigianale”. Quando un prodotto mediocre viene spacciato per eccellente, il primo a farne le spese è il consumatore, che perde la bussola del gusto, e il secondo è il vero artigiano, il cui lavoro viene declassato a pura commodity.

La vera qualità è una somma di rigore e materie prime d’eccezione: dal burro alla frutta candita, dalle uova (sempre più scarse e costose) allo zucchero. In un momento di forte tensione sui costi di produzione, il messaggio per chi acquista deve essere onesto e controcorrente: meglio comprarne uno in meno, ma che sia buono davvero.

La sfida globale e l’identità perduta

Se guardiamo oltre confine, in particolare verso gli Stati Uniti, il quadro si complica. Non è solo una questione di dazi o di una logistica complessa che oscilla tra la lentezza dei trasporti via nave e i costi proibitivi dei voli aerei. Il vero nodo è l’identità.
Mentre noi ci interroghiamo sulla purezza del metodo, produttori forti provenienti, in particolare, da Perù e Brasile hanno occupato fette consistenti del mercato americano. Questo accade perché non basta saper fare il prodotto; bisogna saperlo raccontare. Il panettone italiano negli USA oscilla oggi tra i 100 e i 150 dollari: un prezzo che può essere giustificato solo se dietro c’è un brand solido e una narrazione potente.

Difendere la cultura, non solo la ricetta

Il panettone non è solo una ricetta: è cultura, storia e metodo. Se l’Italia vuole mantenere la leadership in questo settore, non può limitarsi a produrre. Deve difendere i propri valori e i propri marchi storici dall’omologazione.
Il boom economico è un’opportunità, ma senza una netta distinzione tra ciò che è “fatto a mano con cura” e ciò che è “assemblato con furbizia”, rischiamo di svendere il nostro patrimonio gastronomico più prezioso. L’eccellenza è un club esclusivo; se apriamo le porte a chiunque, quel club smetterà di esistere.