Baiano. Proteatro, in scena al Colosseo. Ditegli sempre di sì, è sold out alla “prima”. Si replica in serata e domani

Baiano. Proteatro, in scena al Colosseo. Ditegli sempre di sì, è sold out alla “prima”. Si replica in serata e domani

di Gianni Amodeo

L’ en plein di partecipazione di pubblico era già stato registrato, tra venerdì e sabato, nelle poche ore di apertura del botteghino per le prenotazioni. E il replay di netta conferma si profila per le repliche programmate per l’odierna serata e quella di domani martedì, alle ore 20,30, con il relativo brogliaccio quasi completo. Una larga testimonianza di fiducia riposta nelle qualità interpretative di Proteatro, la versatile e brillante  Compagnia di piazza IV Novembre,  ch’è venuta  crescendo e maturando costantemente in tutti questi anni di formazione, raffinando le capacità di linguaggio e dizione, coniugate con la duttilità gestuale; un’evoluzione progressiva – che prosegue-, alla luce d’importanti  esperienze in vari contesti e diversificati rapporti con il pubblico e soprattutto per le scelte dei testi da portare in scena, rifuggendo dal banale e dallo scontato, dando spazio a sfumature e tocchi di originalità.

Baiano. Proteatro, in scena al Colosseo. Ditegli sempre di sì, è sold out alla “prima”. Si replica in serata e domani            Una testimonianza di fiducia, quella del pubblico, ripagata al meglio dalla rappresentazione di Ditegli sempre di , commedia del repertorio classico di Eduardo De Filippo; e l’aggettivazione  classico, naturalmente, corrisponde alle valenze di quel comun senso popolare che permette di leggere in profondità la condizione degli esseri umani e l’autenticità del reale, a cui conferisce un’impronta  con l’elaborazione registica di Franco Scotto. Una giostra, in cui si rincorrono molteplici e variegate situazioni di schietta comicità, filtrate da equivoci e ambiguità tra  ciò che appare ed è ritenuto normale e ciò che normale non appare né è ritenuto tale,  tra ciò che si dice  e ciò che non si deve né può dire, per convenzione e convenienza, con l’ipocrisia che fa velo alla pura e nuda verità, vanificandola.

            Un racconto reso vivo e intenso da Franco Pinelli, nella veste di Michele Murri, il protagonista dimesso dal manicomio, alle cui bizzarrie- o che tali sono considerate- s’innesca l’intero  movimento in scena, per una recitazione in cui risalta la padronanza dei ritmi e toni espressivi, di cui vale Pinelli, conoscitore attento e perspicace dell’arte teatrale.  Ed è lo spumeggiante ed estroso Antonio Lippiello, a fargli da alter ego, dando forma, voce e vita a Luigi Spada, l’eclettico giovane che insegue sogni e aspirazioni di profilo letterario, che, però, restano allo stato embrionale di velleità. Di gran stile e sicurezza, l’interpretazione di Mariella Del Basso, nel ruolo di Teresa Lo Giudice, sorella di Michele Murri che copre, fin che può, la condizione del fratello ch’è stato in terapia ospite per un anno di un manicomio. Un segreto da nascondere agli altri, che, tuttavia, sono tenuti ad assecondare in tutto e per tutto Michele Murri.

            Calato alla perfezione nel  ruolo di don Giovanni Altamura, il baldo padrone di casa, dove vive l’avvenente e garbata Teresa Lo Giudice, è Felice D’Anna, nell’animare la figura del signorotto che piega e quasi rimuove da sé  l’altera sicumera – tipica  dei benestanti redditieri, padroni di casa, terre e cavalli, com’era uso dire nei tempi andati- ogni qual volta s’imbatte in Teresa. O fa di tutto per incontrarla. Doppio il ruolo, interpretato da Alberto Tortora, nel dare profilo ed espressività a Ettore e Attilio; una duplicità che concorre alle macchinazioni degli equivoci, di cui sono portatori- assennati e dissennati, a seconda dell’angolatura visuale scelta-   Michele Murri e Luigi Strada. A completare, il cast Lucrezia Passarelli, nelle vesti della discreta e preziosa Evelina. Ben intonati i ritmi musicali  che accompagnano le canzoni, in voga negli anni ’70.

            “La scelta registica, che mi è sembrato interessante adottare, è quella che si lega al rapporto del testo di Eduardo De Filippo con i nostri giorni- spiega Franco Scotto– tenendo presente che Ditegli sempre di nell’impostazione generale e ispiratrice risale agli anni ’20. L’elaborazione implica- aggiunge- non solo l’ambientazione  scenica in un manicomio, ma anche la stretta correlazione tra Michele Murri e Luigi Strada. Nella realtà, Luigi Strada è Michele Murri, ancora giovane. E il labirinto della mente di Michele Murri corrisponde  alla stanza del manicomio di cui è ospite “.