SANT’Oggi. Giovedì 7 settembre si celebra san Grato d’Aosta, santa Regina di Alise e san Giovanni da Lodi

SANT’Oggi. Giovedì 7 settembre si celebra san Grato d’Aosta, santa Regina di Alise e san Giovanni da Lodi

SANT’Oggi. Giovedì 7 settembre si celebra san Grato d’Aosta, santa Regina di Alise e san Giovanni da Lodia cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 7 settembre si celebra san Grato d’Aosta, nacque a Sparta nel V secolo, da una nobile famiglia. Dopo aver studiato ad Atene era diventato sacerdote, collaborò con Eustasio, primo vescovo di Aosta; probabilmente il più anziano dei due Eustasio, chiamò presso di sé il più giovane Grato. Si ritiene che ambedue abbiano ricevuto successivamente educazione e formazione ecclesiastica nel celebre cenobio fondato da san Eusebio da Vercelli, il grande vescovo che al ritorno dall’esilio in Oriente, impostagli dall’imperatore Costanzo, volle trapiantare nella sua diocesi il monachesimo. Sant’Ambrogio affermò, che in quel tempo tutti i vescovi dell’Italia Settentrionale provenivano dal cenobio eusebiano, quindi anche Eustasio e Grato, vissuti nella seconda metà del V secolo, provenivano da lì; tenendo conto anche che Aosta, la romana Augusta Pretoria, fondata intorno al 25-24 a.C., il cui nome fu posto in onore di Augusto e della sua Guardia Pretoriana, prima del tempo di Eustasio era compresa nel territorio della Chiesa vercellese. Si sa che quando Grato era ancora semplice sacerdote, rappresentò il vescovo di Aosta, Eustasio, al Concilio provinciale di Milano del 451, sottoscrivendo la lettera che quell’assemblea inviò al papa san Leone I Magno, per condannare l’eresia di Eutiche, monaco greco che negava le due nature di Cristo, affermando l’assimilazione della natura umana in quella divina. In un anno imprecisato, ma certamente dopo il suddetto 451, Grato, alla morte di Eustasio, gli successe alla guida della giovane diocesi valdostana, divenendone il secondo vescovo. Un racconto leggendario compilato nel XIII secolo gli attribuisce la scoperta in Palestina del capo di san Giovanni Battista, il Precursore, gettato in un pozzo dopo che la concubina Salomè, istigata dalla madre Erodiade l’ebbe fatto decapitare. Grato, ubbidendo ad un messaggio del Signore, si recò in Terrasanta, accompagnato dal monaco san Giocondo (che sarà il terzo vescovo d’Aosta), per ritrovare la reliquia della testa di san Giovanni Battista, rimasta nascosta in un luogo segreto del palazzo di Erode e mai trovata. Lì giunto, Grato la ritrovò prodigiosamente in fondo ad un profondo pozzo. Trovata la reliquia con l’aiuto di un angelo, Grato la nascose sotto il mantello e dopo aver salutato il patriarca di Gerusalemme senza riferirgli il ritrovamento, affinché non la reclamasse, prese la via del ritorno. Quando arrivò a Roma, gli andò incontro il papa con un corteo, mentre le campane suonavano a festa da sole. Grato allora tolse dal mantello la reliquia del capo e la porse al papa, ma nel fare ciò gli rimase in mano la mandibola che si era staccata. Quello fu interpretato come il segno che quella reliquia dovesse rimanere a Grato che, con il consenso del papa, la portò ad Aosta. Il Santo vescovo tornato ad Aosta, continuò a governare la diocesi ritirandosi ogni tanto insieme al monaco Giocondo nell’eremo che ancora oggi si chiama Ermitage. Morì il 7 settembre 470; patrono di Aosta, dei raccolti dalle tempeste, specie dalla grandine.
7 settembre: santa Regina di Alise, nacque ad Alise (Francia) verso il 238 e visse presso Autun. La madre morì dando alla luce questo splendido fiore, fu cresciuta da una balia cristiana la quale, dopo averla battezzata, fece crescere Regina nella fede e nell’amore; contrariamente a quanto avrebbe voluto il padre dedicò la sua vita alla castità e alla preghiera divenendo così un’umile pastorella andando a vivere come eremita. La sua bellezza attirò l’attenzione del governatore delle Gallie Olibrio, il quale, sapendo che era di stirpe nobile, voleva sposarla a tutti i costi, ma lei rifiutò e disubbidì al volere di suo padre Clemente, che cercava di convincerla a sposare un uomo ricco. Così lo stesso padre andò egli stesso spinto dalla disperazione ad accusarla al governatore delle Gallie. Questi la fece convocare davanti a sé, pensando d’intimorirla e d’impiegare anche le più tremende torture per convincerla. Regina disse a Olibrio che lei non aveva che altro sposo il suo Dio, questa risposta offese il governatore. Il governatore ne restò irritato e la sua passione si tramutò in furore; ordinando che al corpo, della quindicenne, sia stretto un cerchio di ferro. Il cerchio era chiuso da un lucchetto attaccato ad una catena di ferro, le di cui estremità erano fissate al muro. Dato che doveva fare un viaggio in Alemagna, ordinò che fosse lasciata in quello stato dentro il carcere fino al suo ritorno, fin quando lei non avesse rinnegata la sua fede per divenire pagana. Al suo ritorno la fece condurre al suo cospetto, ma vedendo che tutto era inutile comandò che fossero lacerate le sue carni con fruste armate di punte di ferro e fosse fatta soffrire nella maniera più crudele. Mentre Regina esortava il popolo a convertirsi vide una colomba, che teneva una corona preziosa con l’estremità del suo becco, la depose sul capo della giovinetta, e si udì una voce miracolosa che diceva: «Venite Regina, venite a regnare eternamente nel cielo col vostro divino sposo, ricevere l’inestimabile ricompensa, che è dovuta alla vostra perseveranza». Quest’avvenimento face temere il governatore che ordinò, prontamente, che Regina fosse decapitata, sotto l’imperatore Decio. Morì il 7 settembre 353 d.C.
7 settembre: san Giovanni da Lodi, nacque a Lodi intorno al 1040. Non esistono notizie sulla sua famiglia. La sua biografia, racconta che egli ebbe una formazione nelle artes liberales, notizia che sembra degna di fede sulla base della sua posteriore attività letteraria a Fonte Avellana e che abbia abbandonato la vita secolare poco dopo il compimento degli studi. Contraddittorie sono anche le notizie sul suo ingresso nell’eremo di Fonte Avellana situato ai piedi del monte Catria nella diocesi di Gubbio: la Vita riferisce che egli visse lì per 40 anni, notizia che indicherebbe un anno intorno al 1064 come data del suo ingresso nell’eremo. Ma la scelta di Giovanni per la vita eremitica fu presumibilmente da ricondurre soprattutto alla forte attrazione carismatica esercitata dal priore di Fonte Avellana, il riformatore san Pier Damiani. Costui per ordine del papa aveva intrapreso nell’autunno del 1059, insieme con Anselmo da Baggio (il futuro papa Alessandro II), un’importante missione a Milano, con il compito di fare da mediatore tra Roma e la Chiesa ambrosiana in relazione alle rivolte patariniche e soprattutto di affermare il primato papale. Dopo il successo di questo incarico Pier Damiani tornò a Fonte Avellana; attraversando la Lombardia predicò anche a Lodi. Ci sono buone ragioni per ritenere che Giovanni si trovasse tra gli ascoltatori e fosse così colpito dalla personalità del Damiani da decidere di seguirlo nell’eremo, facendosi quindi eremita a Fonte Avellana poco dopo. Giovanni abbracciò la vita eremitica in età molto giovane. Poco dopo il suo ingresso nell’eremo, Giovanni fu ordinato prete. Probabilmente l’ordinazione fu eseguita da Pier Damiani che allora a quanto pare amministrava la diocesi di Gubbio ed era perciò il vescovo competente. I rapporti tra Giovanni e il Damiani divennero molto stretti negli anni seguenti fino ad arrivare a un’intensa relazione personale. Fino alla morte del Damiani Giovanni rimase il suo più stretto collaboratore e compagno di viaggio nelle missioni che condussero tra l’altro i due in Germania e a Montecassino. Anche nell’ultimo viaggio del riformatore a Ravenna Giovanni gli era con ogni probabilità a fianco e assistette alla sua morte il 22 febbraio 1072, nel monastero di Santa Maria Foris Portam a Faenza. Nel 1082 o nel 1084 Giovanni fu eletto priore di Fonte Avellana. Durante il suo mandato si distinse per l’austera condotta di vita e l’instancabile osservanza delle regole damianee nella vita eremitica. Egli dovette la sua successiva venerazione come santo al grande impegno in favore dei bisognosi dimostrato durante la sua carica. In occasione di una carestia che funestò il territorio di Fonte Avellana nel 1084-85, egli provvide alla popolazione bisognosa con le scorte dell’eremo fino a quando non furono completamente esaurite e vendette poi una parte dei possedimenti dell’eremo per acquistare con il ricavato cereali in Puglia. Verso la fine dell’anno 1104 Giovanni per iniziativa di un legato papale fu eletto vescovo di Gubbio e in questo modo fu evitata un’elezione scismatica. Durante il suo breve incarico si adoperò soprattutto per la riforma del clero di San Mariano; chiamò perciò da San Secondo a San Mariano il giovane Ubaldo, che diventò in seguito il santo patrono di Gubbio. Convinse un ex arciprete della Chiesa di Parma a riconciliarsi con Roma, per cui lo scisma esistente tra le due chiese poté essere ricomposto. Morì il 7 settembre 1105