Conto corrente passivo: di cosa stiamo parlando?

Conto corrente passivo: di cosa stiamo parlando?

Tra i tanti strumenti del mondo del risparmio, uno, più d’altri, tocca direttamente la maggior parte dei cittadini italiani: il conto corrente. Da qualche anno a questa parte, è praticamente impossibile farne a meno. In base a quanto prevede la legge, infatti, l’accredito dello stipendio deve avvenire tramite bonifico, un’operazione bancaria, quest’ultima, che è diventata di uso frequente grazie all’utilizzo del conto corrente mediante la grande rete telematica.

Di conti correnti ne esistono di svariate tipologie, differenti tra loro soprattutto tra rapporti riservati a privati e imprese: le esigenze dei secondi, infatti, sono totalmente diverse dai primi e richiedono, non di rado, una serie di caratteristiche estremamente più sofisticate. In entrambi i casi, sia che si tratti di conti privati o imprese, si sente parlare di conto corrente attivo e conto corrente passivo. E pochi, ad onor del vero, sanno esattamente di cosa si sta parlando.

Le differenze tra conto corrente attivo e passivo

Vediamo, quindi, la differenza tra conto corrente attivo e passivo, al fine di comprenderne il significato compiutamente. Quando il conto corrente è attivo, il titolare vuol dire che lo sta utilizzando – come dicono tecnicamente gli addetti ai lavori – su basi proprie. In altre parole, il correntista movimenta il conto corrente utilizzando il denaro presente nel conto corrente, senza sfruttare linee di credito o somme maggiori rispetto a quelle presenti nel conto corrente.

In questi ultimi due casi, invece, si parla chiaramente di conto corrente passivo, anche se esistono differenze e riflessi decisamente sostanziali. Se il conto corrente è passivo per l’utilizzo di una linea di credito concessa dalla banca, come – ad esempio – il comunissimo fido di cassa, il titolare sta operando correttamente in base a quanto pattuito col proprio istituto di credito.

Conto corrente passivo: quando è utilizzato correttamente

Il fido, infatti, viene concesso dalla banca solo dopo che il cliente ha esibito alcuni documenti (come il 730 o il CUD), dai quali si evincono i redditi nonché le disponibilità patrimoniali e finanziarie , oltre ad avere aperto il conto aperto in quel determinato istituto di credito da tempo: se pensate di ottenere un affidamento all’atto dell’apertura di un conto corrente in un nuovo istituto di credito, fatto salvo alcuni sparuti casi (come, ad esempio, presenza di garanzie reali o di firma), difficilmente otterrete risposta positiva.

Per comprendere, adeguatamente, quanto appena detto, vi forniamo un comunissimo esempio. La maggior parte di noi controlla il proprio saldo tramite l’home banking, dove, di norma, sono presenti due saldi: saldo contabile; saldo disponibile. Essi coincidono nel caso in cui non fosse presente alcun fido, mentre risultano differenti se è presente sul conto corrente. Ad esempio, una linea di credito di cassa di €.1000,00 renderà maggiore il saldo disponibile: se il saldo contabile è pari a -€. 400,00 (quindi, negativo), quello disponibile ammonterà a + €. 600,00.

Conto corrente passivo: in quali casi può creare problemi al risparmiatore

Il titolare del conto corrente sta utilizzando correttamente il proprio conto corrente perché la banca gli ha concesso un affidamento, che consente allo stesso di poter utilizzare mezzi non propri sino ad una somma massima pari ad €. 1000,00. Questo “utilizzo”, per quanto ovvio, prevede il pagamento di interessi debitori in base alla somma utilizzata e al periodo di fruizione della medesima.

Il discorso cambia, invece, se non siamo in presenza di fido e il saldo contabile coincide con quello disponibile in chiave negativa. Quel segno “-”, infatti, indica che il conto corrente è in rosso e lo stiamo utilizzando oltre le nostre disponibilità. Se lo sconfino è di importo contenuto, i problemi sono relativamente pochi e si risolvono, di norma, con una bonaria telefonata dell’istituto di credito che invita alla sistemazione del piccolo sconfino o, perlomeno, conoscere le tempistiche per il “rientro”.

Ma se l’importo dello sconfino è “importante” o perdura da svariato tempo, il cliente potrebbe essere segnalato in Centrale Rischi ed avere problemi, non di poco conto, in caso di future richieste in ambito creditizio o di aperture di nuovi conti correnti. Avere il “conto passivo”, quindi, non ha un significato univoco, ma varia in base alle modalità di utilizzo dello stesso.