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Oggi siamo abituati a pensare all’emigrazione italiana verso la Svizzera, soprattutto nel Novecento. Una realtà raccontata anche dal cinema: basti pensare a Pane e cioccolata di Nino Manfredi, che nel 1973 portò sullo schermo il dramma (e spesso l’umorismo amaro) degli italiani costretti a cercare lavoro oltre confine.
Eppure, c’è una pagina meno conosciuta della storia che racconta l’esatto contrario: quando, per secoli, furono gli svizzeri ad arrivare in Italia.
In particolare gli abitanti dei Grigioni, un cantone di montagna dove la terra era poca e la fame tanta.
Dal Medioevo a Venezia: i primi maestri del dolce
Già dal Medioevo molti giovani grigionesi percorrevano le Alpi per cercare lavoro nelle città italiane. Ma il flusso divenne consistente nel Seicento, quando la Repubblica di Venezia concesse loro libertà di commercio in cambio del passaggio di merci sui valichi alpini.
Fu così che in laguna nacque una vera scuola del dolce:
zuccherieri, cioccolatieri, confettieri, caffettieri, pasticcieri.
Su 42 pasticcerie veneziane, ben 38 erano gestite da grigionesi.
Quando l’accordo politico cadde, questi artigiani non tornarono a casa:
portarono la loro arte in giro per l’Europa, e soprattutto in Italia.
Il loro segno nel Sud: Napoli, Palermo e Catania
Uno dei più celebri fu Luigi Caflisch.
Arrivò prima a Livorno, poi aprì locali a Civitavecchia, Roma e Napoli, dove il suo Caffè Caflisch diventò luogo di incontro di politici, artisti e intellettuali.
Da Napoli, l’eredità passò in Sicilia.
A Palermo e poi a Catania, Caflisch incontrò Alessandro Caveziel, al quale trasmise tecniche e ricette.
Da quell’incontro nacque la pasticceria siciliana moderna:
• uso raffinato di creme e panna,
• lavorazione del burro in stile alpino,
• equilibrio tra dolcezza e leggerezza.
Il figlio di Caveziel, Luca, è ricordato come il padre del gelato artigianale siciliano.
A lui i catanesi devono la diffusione di dolci iconici come la torta Savoia e la Foresta Nera “alla catanese”.
Maestri del Nord, identità del Sud
Il loro contributo non fu solo tecnico:
insegnarono la precisione, l’arte del dettaglio, il rispetto della ricetta.
Gli italiani aggiunsero il calore, la creatività, i profumi dei frutti locali, la ricchezza mediterranea.
Dall’incontro nacque una dolcezza tutta nostra, riconoscibile, identitaria.
Oggi, cosa resta?
Alcune pasticcerie svizzere esistono ancora:
altre sono diventate italianissime, altre ancora hanno chiuso.
Ma l’eredità è viva:
la cassata moderna, il gelato artigianale siciliano, alcune brioche napoletane, certi metodi di sfoglia e impasto…
portano ancora l’impronta dei pasticcieri venuti dai Grigioni.
