
![]()
Il 25 settembre 1979, a Palermo, la mafia colpì ancora. Il magistrato Cesare Terranova, insieme al maresciallo dei carabinieri Lenin Mancuso, cadde sotto i colpi di un commando di killer di Cosa Nostra. Un omicidio che segnò profondamente la storia della lotta alla criminalità organizzata in Italia.
Un magistrato scomodo
Nato a Petralia Sottana nel 1921, Cesare Terranova era entrato in magistratura subito dopo la laurea in Giurisprudenza. A partire dagli anni ’50 cominciò a occuparsi dei primi grandi processi di mafia, in un periodo in cui parlare di Cosa Nostra era ancora un tabù.
Nel 1963 fu tra i protagonisti del primo maxiprocesso contro la mafia palermitana, istruendo procedimenti contro boss del calibro di Luciano Leggio, capo dei corleonesi. Le sue indagini misero in luce i legami tra mafia, politica ed economia, intuizioni che sarebbero state confermate anni più tardi da altri magistrati, tra cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
L’impegno politico
Negli anni ’70 Terranova lasciò temporaneamente la magistratura per impegnarsi in politica. Venne eletto deputato del Partito Comunista Italiano, distinguendosi per il suo lavoro nella Commissione parlamentare antimafia, dove elaborò documenti e relazioni che restano pietre miliari nella conoscenza del fenomeno mafioso.
Terminata l’esperienza parlamentare, nel 1979 rientrò in magistratura e fu nominato consigliere istruttore presso il tribunale di Palermo: un incarico che lo poneva ancora una volta in prima linea contro i boss siciliani.
L’agguato mortale
La mattina del 25 settembre 1979, mentre si recava in tribunale a bordo della sua Fiat 131 guidata dal maresciallo Lenin Mancuso, venne raggiunto da una raffica di proiettili. L’attentato fu organizzato e rivendicato dai corleonesi di Totò Riina e Bernardo Provenzano, che vedevano in lui un nemico temibile e irriducibile.
L’eredità di Terranova
L’assassinio di Cesare Terranova scosse l’opinione pubblica, ma segnò anche l’inizio di una stagione di sangue che avrebbe insanguinato la Sicilia e l’Italia negli anni successivi. La sua figura resta oggi un simbolo di coraggio, professionalità e dedizione allo Stato.
Insieme a Falcone, Borsellino, Chinnici e Dalla Chiesa, Terranova è ricordato come uno dei precursori della lotta moderna alla mafia, capace di leggere la natura sistemica e affaristica di Cosa Nostra.
