
di Francesco Piccolo
Negli anni in cui il calcio si giocava tra le pietre e i panni stesi, serviva uno che la buttasse dentro.
Uno che si faceva largo tra i difensori come un aratro nella terra dura.
Uno che i portieri temevano e i compagni cercavano con fiducia.
Per molti, da queste parti, quel qualcuno aveva un nome ben preciso: Antonio Aliperti, classe 1974, alto 1,76, con oltre 250 gol all’attivo.
E Antonio è uno dei protagonisti indiscussi di quegli anni: non il più elegante, non il più raffinato, ma il più concreto.
Dotato di una forza fisica sovrannaturale, un destro che faceva rumore, una presenza che dava sicurezza a tutti.
Giocava con intelligenza, faceva salire la squadra, proteggeva palla, apriva spazi.
E quando serviva colpire, colpiva.
Gli inizi: dove si impara a segnare
Tutto comincia a Quadrelle, con la maglia del Real.
Antonio si fa notare subito. In una squadra giovane, è lui a fare la differenza.
Capocannoniere con 25 gol, trascina la squadra alla vittoria del campionato di Terza Categoria.
A notarlo è Teodoro Masucci, storico dirigente del Carotenuto, che lo porta a Mugnano.
Lì inizia davvero la sua scalata.
In panchina c’è Sergio La Cava, poi arrivano anche mister Zavino e il dottor Pietro Bianco, che lo allenano dal 1992 al 1998.
Sotto queste guide, Aliperti è sempre al centro del gioco, dell’area, dei sogni dei tifosi. Segna a raffica, anno dopo anno.
Nel 1996-1997, con Bianco alla guida, arriva la svolta:
il Carotenuto vince il campionato di Promozione, e Antonio è il trascinatore indiscusso.
L’anno dopo si gioca in Eccellenza: un altro livello, un’altra storia.
Il campionato è duro, fisico, tecnico. Ma Aliperti non si tira mai indietro.
Anzi, in più di un’occasione indossa anche la fascia da capitano: simbolo di rispetto, leadership, carattere.
Resta al Carotenuto fino alla stagione 2000-2001.
Nel 2001 passa al Solofra, ma dopo appena tre mesi ritorna a Mugnano.
E lo fa alla sua maniera: chiudendo la stagione con 27 gol.
Il ritorno a casa e la consacrazione
Nel 2002-2003 torna a Quadrelle, dove tutto era cominciato.
Un ritorno che sa di casa, di appartenenza, di orgoglio.
E anche lì scrive un’altra pagina di storia:
da capitano, guida il Quadrelle alla vittoria del campionato.
L’anno successivo gioca di nuovo in Eccellenza, chiudendo simbolicamente il cerchio.
Gli ultimi gol, gli ultimi applausi
Nel 2004-2005 veste la maglia del Serino, con mister D’Argenio.
Poi l’ultima esperienza: Olympiacos Sirignano, in Seconda Categoria.
Infine, l’ultima tappa: ancora Quadrelle. Il punto di partenza che diventa punto d’arrivo.
Nessun addio teatrale, nessuna sceneggiata.
Antonio lascia il calcio giocato con dignità, silenzio e rispetto.
Con la stima dei compagni, l’affetto dei tifosi e centinaia di ricordi nei piedi.
Un bomber con l’anima
Aliperti non era solo un attaccante.
Era un uomo squadra.
Forza fisica sovrannaturale, un destro potente, un colpo di testa letale, fiuto del gol.
Ma soprattutto: capacità di tenere unito il gruppo, giocare anche per gli altri, lottare per tutti.
“Io con Alessandro Guida mi capivo a memoria”, racconta.
Perché per lui il calcio era intesa, sacrificio, appartenenza.
Di Antonio si ricorda…
…un bomber vecchio stile.
…un attaccante che lottava su ogni pallone.
…un compagno che non mollava mai.
…una carriera fatta di cuore, sacrificio e gol.
«Io sono Aliperti!»
Appuntamento alla prossima puntata.