LAURO. Omicidio di Crescenzo Bossone, confermata la sentenza di primo grado

LAURO. Omicidio di Crescenzo Bossone, confermata la sentenza di primo grado

Omicidio di Crescenzo Bossone, confermata la sentenza di primo grado: assolto Antonio Cava, alias N’do N’do. Ieri il verdetto della Corte di Appello, al termine della requisitoria del sostituto Pg Carmine Esposito e dopo la discussione del penalista Dario Vannetiello. In primo grado, la Dda aveva chiesto l’ergastolo per il numero due del clan Cava, “N’dò N’dò”. Ma Antonio Cava venne assolto, con rito abbreviato, dal Gup del Tribunale di Napoli, Oriente Capozzi. Un verdetto che è stato impugnato dal pm antimafia Francesco Soviero. L’antimafia ha riaperto il processo con udienza dinanzi ai magistrati della IV Sezione della Corte di Assise di Appello di Napoli, che hanno assolto definitivamente l’esponente del clan Cava. Si attendono ora le motivazioni della sentenza. La storia. Crescenzo Bossone era un pregiudicato apparentemente legato al clan Graziano. Venne assassinato il 23 settembre del 1988 a Moschiano, dinanzi alla sua abitazione. Qualche anno prima, nel 1983, Bossone era già scampato ai proiettili dei killer. Con un atto di destrezza il 40enne riuscì però a schivare le pallottole assassine. Cinque anni dopo, però, non riuscirà a sfuggire alla morte, diventando ufficialmente la seconda vittima della faida tra i clan Cava e Graziano. Verso le 9 di sera, in via D’Avitaia, nel cuore di Moschiano, l’uomo ritenuto affiliato al clan Graziano venne colpito da numerosi colpi di pistola. A sparare un commando composto da tre persone, a bordo di un’Alfa 33. Per l’omicidio furono processati Antonio Cava, detto “N’dò N’dò”, e Santolo Fabi, prosciolti poi dal Tribunale. Il procedimento penale si è però riaperto nel 2009 grazie alle testimonianze dei collaboratori di giustizia Felice Graziano e Antonio Scibelli, detto “don Antonio e Mafardella”. “Felicone” dirà agli inquirenti di aver visto, mentre usciva da un bar di Quindici, pochi minuti prima dell’agguato, Antonio Cava e Santolo Fabi con una terza persona, rimasta sconosciuta, a bordo di un’Alfa Romeo. Dopo qualche istante, tornato a casa e saputo dell’omicidio, sospetta che i rivali ne siano gli autori.