LAURO. Il Demiurgo e i suoi spettacoli lasciano il castello Lancellotti per passare ad esibirsi su un nuovo, fantastico, palcoscenico.

LAURO. Il Demiurgo e i suoi spettacoli lasciano il castello Lancellotti per passare ad esibirsi su un nuovo, fantastico, palcoscenico.

Quando la cultura ed il genio creativo si fanno strada, non conoscono ostacoli: ed a Lauro la cultura e l’arte, pazientemente coltivate dai giovani artisti de “Il Demiurgo” stanno dando ormai i propri frutti. Nasce qui, infatti, questa realtà innovativa, che ha inaspettatamente scalato le vette del successo in così poco tempo, tanto da riuscire giá “affrancarsi” dalla singola realtà valligiana e ad esplorare nuove mete, sotto lo sguardo vigile ed esperto di un uomo di spettacolo e talentuoso quale è Franco Nappi, dedito da sempre al “pilotaggio” di ogni singolo evento e, nel caso di specie, della terza edizione de ” Il Castello della Paura, La città morta”, sottotitolo volto a richiamare il grande de André, così da omaggiare il cantautore che tutti ricordiamo, invece, per la sua cittá ” vecchia”.
Il Demiurgo e i suoi spettacoli dunque lasciano Lauro ed il tanto amato castello Lancellotti per passare ad esibirsi su un nuovo, fantastico, palcoscenico, quello messo a disposizione dal comune di Valva ( SA), situato tra le antiche mura del palazzo D’ Alaya, maestoso ed imponente monumento immerso nel verde di una lussureggiante radura boschiva, adornata da fontane e statue maestose raffiguranti divinità mitologiche.
“Il Castello della Paura” ha superato quest’ anno ogni più florida aspettativa, con uno straordinario afflusso di pubblico sinceramente incuriosito dal nuovo tipo di format ed interessato ai temi raccontati e messi in scena con acume ed intuito.
L’ idea di utilizzare detta formula è stata, dunque, decisamente apprezzata dal pubblico e a confermarlo sono stati i numeri: 1 mese di prove intense ed incessanti per prepararsi ai 2 giorni di spettacolo; oltre 500 spettatori; oltre 200 persone rimaste fuori a causa del sold out registratosi in entrambe le serate; 3 giorni di telefono rovente per chi alzava la cornetta semplicemente per complimentarsi con gli attori. Insomma, un successo indiscusso.
Ma soffermiamoci adesso sullo spettacolo: sulla scena quest’anno si sono avvicendati un gran numero di personaggi, tutti con le loro storie e le loro vicissitudini, tratte da quella quotidianità che, quest’anno, ha rappresentato la vera fonte di ispirazione per tutti, dal momento che è dalla vita di tutti i giorni che scaturiscono quegli innumerevoli sensi e controsensi dell’ esistenza umana così apprezzati dagli spettatori di questa edizione. Ed il tutto si é svolto in una location mozzafiato ma, al tempo stesso, nello spazio essenziale di tre sale in cui è stato incanalato ed accolto il pubblico di spettatori itineranti. A partire dalla prima sala, i visitatori sono stati allietati da un susseguirsi di scene e monologhi, di battute e di versi in rima che hanno scosso,gli animi impauriti di tutti, calati così in una dimensione tetra ed angosciante. Tre le storie raccontate, tutte scritte e sceneggiate a cura di Franco Nappi, cui hanno fatto da contraltare i tre narratori Salvatore Grasso, Luigi Andeloro e Ferdinando Nappi, gli attori del primo ambiente Venanzio Amoroso, Marco Guerriero e Pasquale Murano, quelli del secondo, Marina Andeloro e Daniele Acerra – oltre che lo stesso Nappi – e quelli collocati nella terza ed ultima sala, Lilit Petillo, Loredana Nappi nonché quello definito “l’ enfant prodige” della compagnia, Alessandro Balletta, il più giovane del cast.
Insomma, quelle organizzate da Il Demiurgo sono state due serate gradevolissime, di quelle per le quali non ci si rammarica del tempo e del denaro investiti.
Si è trattato di uno spettacolo semplice, ma al tempo stesso di rara originalità ed intensità, che ha avvolto lo spettatore in una dimensione che travalica il tempo e la ragione.
Ci si augura e si é convinti che la compagnia possa continuare a garantire la qualità offerta in queste piacevoli serate per tutte le repliche che verranno. Ad Maiora, dunque, a Franco Nappi e a tutti i suoi collaboratori.