Striscia la notizia, sei ore di interrogatorio in Procura a Bari per gli ex inviati Fabio e Mingo. L’hanno combinata grossa

Striscia la notizia, sei ore di interrogatorio in Procura a Bari per gli ex inviati Fabio e Mingo. Lhanno combinata grossa

Sono stati interrogati per più di sei ore negli uffici della Procura di Bari gli ormai ex inviati baresi del tg satirico di Mediaset Striscia la notizia. Domenico De Pasquale, in arte Mingo, sua moglie Corinne Martino e Fabio De Nunzio hanno risposto alle domande del pm Isabella Ginefra, che conduce le indagini sulla presunta simulazione di reato di cui i tre rispondono, con riferimento a un servizio andato in onda due anni fa su un presunto falso avvocato, risultato essere una messa in scena. La vicenda parte nel 2013, quando Striscia manda in onda un servizio su un finto avvocato che esercita abusivamente la professione. Smascherato da Fabio e Mingo, con il volto pixellato (così come prevedono le nuove norme della trasmissione), scappa a bordo di una potente auto inseguito dai due dalla targa nascosta. Poco dopo la messa in onda del servizio, parte l’inchiesta della magistratura barese. Quello raccontato da Striscia è un reato: falso, truffa, esercizio abusivo del titolo. Viene così chiesto dai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria alla società barese di proprietà della moglie di Mingo, Corinne Martino, la copia integrale del filmato. L’obiettivo è risalire all’esatta identità del truffatore. Ma la donna racconta che il filmato è stato trafugato e quindi non è più nella loro disposizione. Gli inquirenti bussano così a Milano alla sede di Rti, che fornisce loro il filmato. A quel punto nulla si sa per un anno. Fin quando qualche settimana fa a Milano tornano i carabinieri e prendono a verbale il direttore esecutivo del programma, Alberto Salaroli. Poche domande ma precise: il dirigente capisce che c’è qualcosa che non va. Gli investigatori vogliono capire quali sono le dinamiche interne a Striscia per raccontare una storia, se i servizi sono verità e finzione e se loro, dalla redazione centrale, conoscono la vera identità del finto avvocato. Soprattutto a Striscia capiscono il reato per il quale si indaga, l’articolo 367 del Codice penale, la simulazione di reato. Striscia sospende così immediatamente Fabio e Mingo, mentre la Procura dà un’accelerata alle indagini: viene fuori, per esempio, che la macchina usata dal finto avvocato per scappare fosse stata presa a noleggio (la rintracciano dalla targa in chiaro). E quel noleggio pagato con una carta di credito della società dei due inviati, carta tra l’altro che poi sarebbe andata anche persa o rubata. Insomma, un pasticcio. Che spinge Ricci a depositare querela per truffa e per diffamazione. (fonte R.it)