NOLA. Interporto campano e la nuova “via della seta”. Nola-Shanghai, collegamento ferroviario diretto a settembre

NOLA. Interporto campano e la nuova “via della seta”. Nola Shanghai, collegamento ferroviario diretto a settembre

Obiettivo aperto sul rilancio del polo della logistica e del terziario avanzato della Piana di Boscofangone, che fa capo all’Interporto campano, facendo leva sul possibile inserimento nella mappa delle Zone economiche speciali della Campania e sugli investimenti che sarebbero fatti da partner industriali cinesi e sud-coreani. Programmato l’ampliamento del sito interportuale da attuare in due fasi, utilizzando circa un milione di metri quadrati sottratti al suolo agrario. “Disco verde” per l’attivazione del collegamento diretto ferroviario sull’asse Interporto CampanoShanghai, coprendo in 20 giorni i nove mila chilometri che separano la città bruniana dalla metropoli cinese, che conta 27 milioni di abitanti.

 di Gianni Amodeo

Dal prossimo mese di settembre sarà attivato un collegamento ferroviario diretto– via terra- e a cadenza mensile con la Cina”. Lo ha annunciato al Sole24 Ore, il giornale di Confindustria, l’amministratore delegato dell’Interporto Campano, Sergio Iasi. Il terminale dell’asse di collegamento da Nola verso la terra del Dragone-la grande fabbrica manifatturiera dell’economia globale- è Shanghai, la metropoli, prima nella graduatoria mondiale per popolazione con 27 milioni di abitanti; collegamento che, in via prioritaria, è funzionale ai comparti del tessile e della moda, innestandosi nella nuova “Via della seta”, la cui “rinascita” è collegata al potenziamento per la capacità di transito delle navi porta-container del Canale di Suez, che rende vantaggiosi gli scambi AsiaEuropa, concorrendo a valorizzare il ruolo del Mediterraneo. Un percorso di 9000 mila chilometri che sarà compiuto in circa 20 giorni.

E’ l’annuncio-effetto speciale, che si inserisce nel più generale quadro di rilancio dell’ Interporto campano in fase di risanamento, così come lo è  il Cis, l’altro polo del sistema dei servizi e produttivo della Piana di Boscofangone, tenendo presente che le assemblee dei soci azionisti delle due società hanno approvato il 5 aprile i bilanci del 2016, mentre il 21 aprile è stato dato il ”via libera” alla chiusura dell’accordo di ristrutturazione dell’indebitamento, tracciando i percorsi del superamento della crisi finanziaria protrattasi per  circa un decennio. Uno scenario di positività, a cui hanno concorso le banche e gli Enti pubblici, in modo particolare la RegioneCampania, a cui si aggiungono gli elementi di recupero operativo e commerciale favorito dai segnali della ripresa economica nell’Europa comunitaria, anche se ancora tenue nel contesto del Bel Paese.

In specifico, il piano di rivitalizzazione dell’Interporto campano può essere innescato dagli investimenti di partner industriali in grado di garantirne la crescita. Un passaggio, a cui si collega la volontà delle banche- Monte dei Paschi di Siena, Intesa e Unicredit, che hanno avuto un ruolo determinante finora nella tenuta dell’assetto societario- di uscire di scena, cedendo le loro azioni. E i partner potrebbero essere imprenditori e operatori cinesi e sud coreani, con i quali già da tempo sono state allacciate relazioni. L’operazione dovrebbe andare in porto nell’arco di due anni, per un piano d’investimenti pari a 200 milioni di euro.

Nel prospetto dell’operazione s’inserisce la prevista progettazione dell’ampliamento del sito interportuale – da realizzare in due fasi- per circa un milione di metri quadri di superficie da attrezzare per logistica, retail o vendita al dettaglio, food; ampliamento che porterebbe a tre milioni di metri quadrati l’intera area interportuale, come dire la gran parte della Piana di Boscofangone. Un’informe e piatta lastra cementificata, che, seppure costituisca un importante fattore strutturale per la crescita e l’incremento delle funzioni dell’Interporto negli orizzonti dell’internazionalizzazione dei mercati, rappresenta, tuttavia, un ulteriore consumo di suolo agrario con tutte le distorsioni che ne deriverebbero, non soltanto condizionando la qualità dell’ambiente e della vivibilità del territorio, ma riducendo ancora di più le produzioni agricole, che, fino a mezzo secolo fa, erano costituite dalle generose e sontuose tipicità orticole e frutticole proprie della Piana di Boscofangone rinomata per le coltivazioni irrigue che richiedevano tanta umana fatica di contadini e braccianti; tipicità variegate nei gusti, sapori e  colori, ora in gran parte scomparse o  già ridotte ai minimi termini. Un dato- quello dell’ulteriore “sacrificio” imposto all’agricoltura caposaldo del food di qualità– su cui riflettere e senza nulla togliere agli obiettivi di sviluppo dell’Interporto, impegnato a misurarsi con le sfide della competitività mondializzata.

 E la riflessione, come l’agire conseguente, spetta alla politica e alle istituzioni locali, dando risalto alle strategie che promuovano i valori primari della vivibilità e della tutela del territorio.