MUGNANO. Don Giuseppe Autorino: “LETTERA APERTA AL POPOLO DI DIO”

MUGNANO. Don Giuseppe Autorino:  “LETTERA APERTA AL POPOLO DI DIO”

Ieri è stata scritta una pagina dolorosa per la storia della nostra Comunità Mugnanese. Le Autorità convenute, tenuto conto del clima di tensione creatosi e per garantire l’ordine pubblico, hanno ritenuto opportuno che la processione di Sant’Antonio, come da programma, non si svolgesse.
Il popolo raccolto in chiesa preparava la statua del Santo per la processione e un gruppo di persone con toni minacciosi bloccava il passaggio dello stendardo di Sant’Antonio, ritenuto di loro proprietà e non di chi aveva materialmente contribuito alla sua fattura, cioè il popolo mugnanese.
Per chiarezza, è bene ricordare che la processione è una cerimonia liturgica guidata dal clero (sacerdoti) che raccoglie i fedeli in peregrinatio; un omaggio devozionale dei fedeli a Dio che esaltano una figura religiosa, come la statua di un santo, che prendono a modello di vita. La processione non è certamente una questua per le strade del paese per sovvenire alle scelte operate da un gruppo di persone, piuttosto un tempo di preghiera e di raccolta dei fedeli che vogliono ringraziare il Signore o chiedere il suo intervento per intenti o per espiazione.
Capita, molto spesso, di confondere la fede con la tradizione, due sostantivi dal significato ben distinto.
La tradizione nella sua accezione negativa si lega spesso a due espressioni “lo faccio io da anni” e “abbiamo sempre fatto così” affermazioni che per certi versi potrebbero apparire rassicuranti, volte a mantenere uno status quo di continuità che però non guarda più ai tempi, non tiene più conto dei bisogni delle persone.
“Esiste un certo cristianesimo fatto di devozioni, proprio di un modo individuale e sentimentale di vivere la fede, che in realtà non corrisponde ad un’autentica “pietà popolare”. Alcuni promuovono queste espressioni senza preoccuparsi della promozione sociale e della formazione dei fedeli, e in certi casi lo fanno per ottenere benefici economici o qualche potere sugli altri” (Evangelii Gaudium). I meri interessi di parte dividono, creano malessere, malumore, dissidi e dissapori perché stentano a leggere il cambiamento dei tempi e a costruire un NOI accogliente.
La fede, invece, racconta l’incontro con il Risorto, la gioia di incontrare gli altri perché fratelli intorno alla Parola e all’Eucarestia, è testimonianza di vita cristiana autentica in tutti i luoghi che abitiamo.
Papa Francesco, sempre citato, quando desideriamo descrivere il volto bello del clero, ci chiede con il cammino sinodale di parlare con parresia e ascoltare con umiltà per accrescere la corresponsabilità nella Chiesa. Chi impone la propria volontà non assume un atteggiamento che si conviene ad un cristiano né tantomeno ad un uomo devoto e desideroso di fare il bene della propria Comunità.
Il percorso della Processione di Sant’Antonio avrebbe interessato, come noto, tutti i quartieri di Mugnano del Cardinale, con quattro soste di preghiera, senza ritorni e senza ingresso in vicoli ciechi, insomma avrebbe garantito un’ampia partecipazione del popolo alla celebrazione religiosa della festa del Santo.
Processioni lunghe, intervallate da banchetti e chiacchiere di ogni sorta non rispondono certamente ad un bisogno spirituale, bensì alimentano una tradizione che allontana dal senso e non converte, che guarda al superfluo e non all’essenziale. Una statua lignea di pregiato valore artistico e culturale può certamente facilitare la contemplazione di Dio ma i cammini di conversione iniziano con la grazia sacramentale, incontrando Gesù vivo e vero nell’Eucarestia. Gli ammalati della nostra Comunità non devono attendere una volta all’anno che la statua di un santo passi sotto l’uscio di casa per sentire la presenza di Dio nella loro vita ma hanno bisogno di incontrare i volti dei fratelli e il sacerdote che può dargli conforto e sollievo con i sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucarestia.
Abbiamo dato importanza alla festa civile dimenticando il senso per la quale essa ha motivo di essere, dunque, abbiamo fatto festa senza il festeggiato.
Queste circostanze hanno mortificato la nostra fede e la pietà popolare che nella semplicità può toccare il cuore di Dio.

Don Giuseppe Autorino