La scaramanzia quotidiana nella vita degli italiani

La scaramanzia quotidiana nella vita degli italiani

Nell’immaginario collettivo esiste un mondo di riti e oggetti scaramantici che sembrano poterci restituire una sorta di straordinaria invincibilità. Comportamenti e abitudini che prendono spunto dal mondo esoterico, dalle tradizioni, dal mondo ancestrale e, in alcuni casi, da leggende senza un vero fondamento. Eppure certi rituali e certi oggetti seducono il nostro inconscio fino a convincerci che loro, proprio loro, potranno proteggerci dalla sfortuna e dal malocchio. Altri sono assolutamente da evitare. Manciate di sale, olio e vino. Scale, ombrelli e specchi rotti. Toccare legno e ferro. E poi ci sono gli animali: anche loro fanno parte dell’universo di simboli magici e fortunati come le zampe di coniglio.

Animali scaramantici e giochi online

Proprio in virtù del loro aspetto magico, gli animali non mancano mai nei giochi per grandi e piccoli. Anche l’ultima frontiera dei passatempi online non è esente. Secondo quanto riportato da un articolo sul tema redatto dallo staff di slotgallinaonline.it, il settore del gioco è composto da una miriade sterminata di titoli con animali protagonisti. Tra questi, citando l’articolo, c’è “la rana, cui i cinesi affidano poteri di attrazione di positività”. Non scherza nemmeno “l’elefante, che rimanda al dio benevolo Ganesh, le cui sembianze erano proprio quelle di un pachiderma dalle virtù straordinarie, saggio e risolutore di problemi”. Ma ora proviamo a concentrarci sulla vita reale e descrivere i motivi per cui moltissimi oggetti e comportamenti del quotidiano diventano protagonisti della lotta alla sfortuna.

La scaramanzia negli oggetti di uso quotidiano

La scala è un rimando al Medioevo, per eccellenza l’epoca dominata dalla religione ma anche da giochi e passatempi della nobiltà del tempo. Appoggiata al muro formava un triangolo con il terreno: un triangolo simbolo inviolabile della Trinità. Sacro e profano. Attraversarla era un segno di sfida al supremo. Meglio evitare. Che poi la scala era anche il simbolo di Orus, dio egizio che instradava le anime verso la luce eterna. 

Più attuale, invece, l’aneddoto sull’ombrello, da non aprire mai in casa: pena la miseria sulla famiglia. Per tutti era l’arnese per rimediare le perdite domestiche dal soffitto tipiche dei più poveri, per altri il richiamo al baldacchino ante-mortem del prete che si recava in casa per l’estrema unzione. 

Lo specchio rotto è l’altro simbolo universale sinonimo di sfortuna. Sette sono gli anni di pena inflitti a chi ne rompe uno. Il mito è di genesi romana, in quanto i latini pensavano che la vita si rinnovasse ogni sette anni. Lo specchio riflette l’immagine di una persona e con lei la persona stessa: la rottura, per riflesso, simboleggiava la rottura e la sfortuna. 

Scaramanzia in cucina: sale, olio e vino

Passando al lato culinario, gli aneddoti più conosciuti sono quelli del sale e dell’olio. Mai gettarli a terra, nemmeno per errore. I romani erano soliti cospargere il sale a terra soprattutto a livello rituale, per inibire la crescita di nuove piante e il rifiorire simbolico della civiltà sottomessa. Da qui icona di sfortuna e povertà. Gettarselo alle spalle sortisce invece l’effetto contrario. Più misteriosa è la negatività che si cela attorno all’olio: malevolo come il sale, è per effetto del sale stesso che annulla il suo potere avverso. Basta versarlo sull’olio per ristabilire la normalità del fato. Anche l’aglio si distingue per benevolenza.

Scaramanzia e gesti contro la sfortuna

Toccare legno o ferro? Ma soprattutto: perché? La paura del malocchio, ossia la maledizione attraverso lo sguardo, si cura anche con la gestualità. Corna, sputi a terra purificatori, “carezza” nell’intimità e tocco di legno o ferro. Protagonista è il santo inglese Diostano, maniscalco, cui il diavolo chiede di ferrare il cavallo. Per tutta risposta il santo inchioda il ferro agli zoccoli del diavolo sotto promessa di liberarlo solo in cambio di non entrare in nessuna casa dove è esposto un ferro di cavallo sull’uscio. Da prendere nota: adesso ne conosciamo anche la genesi.