AVELLA. Racconto shock. La tragica esperienza di un avellano che ha deciso di raccontare il suo dramma. “Così stavo per morire”

AVELLA. Racconto shock. La tragica esperienza di un avellano che ha deciso di raccontare il suo dramma. Così stavo per morire

A raccontare la sua storia è  Cristiano Giuseppe, 51 anni residente in Avella il quale  ha deciso di portare a conoscenza di tutti i momenti terribili trascorsi a causa di un infortunio sul lavoro. Uno scenario da brividi che solo grazie ad un miracolo oggi può realmente raccontarlo.

Era il giorno  28 luglio del 2015 durante l’orario di lavoro notturno ho subito uno strappo muscolare dovuto allo svolgimento delle mie mansioni lavorative.  L’ora dell’evento 02:30. Non mi sono recato immediatamente all’ospedale, in quanto accusavo dolore lieve alla fascia muscolare del quadricipite, ma che con il tempo aumentava contemporaneamente alla manifestazione del gonfiore che mi ha costretto ad andare al pronto soccorso dell’ospedale  di Nola, alle 5.13 del mattino.

AVELLA. Racconto shock. La tragica esperienza di un avellano che ha deciso di raccontare il suo dramma. Così stavo per morireIn seguito all’accettazione sono stato visitato dal medico di turno nella persona di M. R.  la quale, ha condotto una visita che a mio modesto parere è stata estremamente superficiale, al punto di non ritenere in quanto i macchinari presentavamo problemi  di malfunzionamento (a suo dire) e quindi consigliandomi, sulla base (ripeto) di una visita non approfondita, l’utilizzo di medicinali quali: Brufen 600, 1 cp mattina e sera per 5 giorni; Muscoril pomata 1 appl.  mattina e sera.

Consigliava, inoltre di provvedere ad un’ecografia muscolare presso un centro privato con eventuale visita ortopedica altrettanto in ambulatorio privato.

In seguito, dunque,  ai consigli dell’ospedale  di Nola, ho provveduto nel più breve tempo possibile a fare un’ecografia presso un centro privato, che aihmè non ha potuto concedermi prenotazione prima del giorno 30/07/2015.

Nel frattempo i dolori al quadricipite aumentavano in modo inspiegabile, al punto da dover ricorrere ad antinfiammatori e al riposo totale. Sono stato per giorni steso a letto non avendo la forza di appoggiare la gamba sinistra. L’ecografia di cui sopra insieme ad una radiografia l’ho fatta  presso la Diagnostica per immagini “Guadagno”. Dall’ecografia risulta quanto segue: “Diffusa disomogeneità strutturale dei fasci del muscolo retto femorale del quadricipite di sinistra caratterizzata da spiccata iperecongenicità strutturale espressione indiretta di fenomeni distrattivi. Versamento periarticolare sul profilo esterno del ginocchio con dimensioni longitudinali di circa 2 cm. Inibizione dei tessuti sottocutanei per inibizione demegine  degli stessi. Si consiglia consulenza specialistica”.  Dalla  radiografia risulta quanto segue: “Femore sinistro. Non si rilevano  lesioni ossee”. Come si può dunque  notare è che la patologia sortami di lì a poco, come avrete modo di riscontrare è dovuta al mancato trattamento delle lesioni ricevute.

AVELLA. Racconto shock. La tragica esperienza di un avellano che ha deciso di raccontare il suo dramma. Così stavo per morireIl giorno 30/07/2015 in seguito agli esami suddetti e su consiglio del dottore della diagnostica  ( il quale mi ha detto che rischiavo l’embolo, dunque la morte) mi sono immediatamente recato presso  l’ospedale “Moscati” di Avellino.  Presso il pronto soccorso hanno svoltogli esami di routine, solo dopo ripetuta insistenza da parte di mia  moglie.  Dagli esami hanno riscontrato alterati i valori di diabete e della pressione arteriosa, accompagnati dalla febbre alta. Per due lunghi giorni mi sono ritrovato sulla branda del pronto soccorso senza ricevere alcuna assistenza  medica. Non curanti delle mie continue richieste di aiuto, in quanto continuavo ad accusare dolori sempre più forti. La loro risposta era sempre la stessa :” dobbiamo  aspettare il medico”, che nonostante cambiassero i turni non arrivava mai.

Sono dovuto arrivare al punto, data per me la situazione insostenibile per il dolore che accusavo, di chiedere aiuto ad un amico che lavorava presso quell’ospedale, ed è stato grazie alla sua intercessione che un medico finalmente è venuto a visitarmi (cosa per me assurda, in quanto reputo che la visita del medico del pronto soccorso sia un diritto di ogni cittadino che vi sia necessità di una raccomandazione).

Dalla visita il medico ha ritenuto opportuno il ricovero e la somministrazione di alcuni farmaci.  Il problema a questo punto era  la  mancanza di posti letto, dunque volevano trasferirmi in altra struttura presso la quale persistenza lo stesso problema di mancanza  posti.

Dunque  continuavo a rimanere sulla branda del pronto soccorso fino a quando, ancora una volta ho dovuto ricorrere alla mia conoscenza di cui ho accennato prima, il quale si è impegnato ed è riuscito a trovarmi il posto letto nel reparto di ortopedia. (fatto strano è che ancora una volta, l’intercessione di un amico permette che si trovino situazioni per diritti di ogni cittadino).

Ricapitolando, dunque,  il 30/07/2015 sono arrivato in pronto soccorso dopo 2 giorni sono stato finalmente trasferito in  reparto dove sono rimasto fino al 13/08/2015.

La lunga degenza, l’ho avuta solo grazie al fatto che mia moglie vedendomi  ancora molto dolorante, vedendomi   continuamente collassare, vedendomi  dimagrire sempre di più e vedendo che la  febbre alta (nonostante la terapia  medica adeguata,  ammesso che lo fosse)  non si abbassava,  chiedeva insistentemente di vedere il da farsi, al punto da arrivare all’esternazione della possibilità di denuncia nei confronti dell’ospedale qualora non adempissero ai loro obblighi.

Nei lunghi giorni di degenza, ripetutamente venivano dipendenti medici dell’ospedale nella mia camera per intimarmi di lasciare quel letto, perché  io  costavo 800 euro alla struttura sanitaria, e dicendomi  di lasciare possibilità ad altri di utilizzare quel letto in quanto legittimati da un problema,  mentre la mia degenza era inutile dato che i  medici erano in ferie estive.

A ogni modo, dopo ripetute insistenze da parte di mia moglie si sono decisi di approfondire con degli esami la  mia situazione medica. Tali esami sono stati : ecocoscia; ecodoppler, valutazione vascolare, valutazione diabetologia.

In seguito a tali esami hanno riscontrato una carenza del fattore VII della Cascata Coagulativa. Il giorno  13/08/2015 sono stato dimesso con seguente diagnosi: “Lesione da strappo muscolo quadricipite sinistro con ematoma in diabetico ed in paziente con carenza fattore VII della Cascata Coagulativa”.

Hanno posizionato tutore e hanno consigliato la seguente terapia medica: -clexane 4000, 1 fl sedie per 21 gg; -nexium 20, 1 cp die per 21gg; -paracetamolo  1000 lx2 per 4 gg;- apidra 5  una a colazione, una pranzo e una cena;  -controlli glicemici  seriati (3 volte dì) fino al controllo diabetologico;- riposo e non carico per 21 gg, mantiene tutore;- controllo diabetologico previ esami ematici con emoglobina glicato, peptide tra 5 gg; – visita ematologica presso Don  bosco 8 CENTRO REGIONALE Emofilia; – controllo clinico 7/09/2015 ore 14:00 in ambulatorio ortopedico Alpi.

Tengo a precisare che prima dell’accaduto del 28/07/2015 non ho mai avuto problemi di diabete alto, mai avuto problemi  di carenza del fattore VII, lo so in quanto mi sono sottoposto nella mia vita a esami di routine e a diversi interventi chirurgici, per i  quali era necessario effettuare controlli di tali valori.

Il giorno che sono stato dimesso avevo febbre a 39,5° e dolore fortissimo che mi impediva di stare in piedi.  Nonostante il riposo e la terapia i  sintomi non scomparivano, al che mia moglie dopo qualche giorno si e recata in ospedale con in mano il foglio delle dimissioni, spiegando che i dolori non diminuivano e ì  medici di turno hanno pensato di prescrivermi il seguente medicinale: CONTRAMAL 20 gocce 2 volte al dì per 5 gg.

I  dolori non scomparivano per cui, mia moglie ha chiamato un medico ortopedico per una visita domiciliare  privata. Tale medico ha svolto la visita il giorno 6/09/2015 riscontrando presenza di liquido in quantità tali da risalire su per il corpo, arrivando ai testicoli, con rischio (a detta del medico) di arrivare agli organi vitali e provocarmi la morte.

In seguito alle prestazioni mediche in sede privata, lo specialista ortopedico ha ritenuto opportuno e necessario ricoverarmi d’urgenza presso il Nosocomio di Nola, dove hanno svolto i controlli necessari alla luce di quanto rilevato dai precedenti esami, soprattutto in riferimento alla Carenza del fattore VII. Tali esami hanno evidenziato un embolo  in zona inquinale. Immediatamente i  medici mi hanno condotto in sala operatoria per poter agire chirurgicamente sulla gamba che presentava liquido e infiammazione.

Da questo momento grazie ad esami scrupolosi (forse è stata la prima volta che ho ricevuto le dovute prestazioni mediche) mi è stata diagnosticata  l’ OSSEOMELITE, cosa mai riscontrata durante la mia degenza precedente in ospedale ad Avellino.

I  medici dell’ospedale di Nola mi hanno consigliato la sola terapia in camera iperbarica, senza necessita di operazione chirurgica ulteriore, non possibile presso il loro ospedale in quanto sprovvisto di essa. (giorno 16/09/2015).

Dopo svariate telefonate agli ospedali della Regione, ancora una volta ho dovuto chiamare un amico il quale intercedendo per me, ha trovato posto letto per me all’ospedale di Avellino nel reparto malattie infettive (unico posto letto).

Durante le prime ore di ricovero e, le prime visite mediche ho visto un via vai di tutti i medici ortopedici dell’ospedale di Avellino, cosa mai successa durante il  precedente ricovero. Si erano, forse, resi finalmente conto della gravità della mia situazione fisica e della loro negligenza (azzarderei imperizia) medica.

In quei giorni ero arrivato a perdere 40 kg di peso.  Ero irriconoscibile.

Da quel momento hanno fatto tutti i controlli,  e hanno deciso di farmi una VAC per assorbire il pus, riportandomi ancora una volta in sala operatoria. In sala operatoria  i medici si sono resi conto, aperta la gamba che il Pus non c’era.  Da considerare che gli stessi medici di Nola non riteneva necessario l’intervento chirurgico. Sono stato trasferito in  reparto il giorno 30/09/2015.

Da quel momento sono entrato in stato di incoscienza dovuto all’operazione.

Il racconto segue nelle dichiarazioni della moglie di Cristiano.

AVELLA. Racconto shock. La tragica esperienza di un avellano che ha deciso di raccontare il suo dramma. Così stavo per morireIl giorno 30/09/2016 mio marito è stato portato in camera. È stato sedato con morfina (contemporaneamente bombetta, cerotto) e flebo di antidolorifici e antinfiammatori, in quanto i  dolori erano lancinanti.

Subito dopo l’operazione il  primario ha fatto una manovra alla gamba di mio marito che gli ha provocato un dolore così forte che nonostante l’effetto della morfina è collassato.  È così che sono sorti i  problemi al ginocchio, ancora oggi bloccato in quanto riporta una frattura alla rotola.

Nei giorni di degenza data la carenza del fattore VII mio marito non riusciva a riabilitarsi, tant’è vero che ha ricevuto continue trasfusioni di sangue e plasma e cura alimentare quest’ultima  per fargli recuperare il peso perso.

Nei 2 mesi di degenza presso l’ospedale di Avellino i  medici del suddetto avallavano l’ipotesi di un trasferimento presso un centro specializzato per trapianto di femore con protesi a Cortina d’Ampezzo.  Prima di dare seguito a questa ipotesi, hanno consigliato una consultazione medica specialistica  presso la casa di cura Olivella a Firenze, dove recatami con tutti i documenti necessari per il consulto, fortunatamente lo specialista ha scongiurato l’ipotesi di trasferimento a Cortina d’Ampezzo ( per noi difficilmente realizzabile data la situazione economica non particolarmente agiata da permettermi un ricovero in tale clinica privata così dispendiosa),  in quanto le cure mediche stavano dando i risultati sperati, mio marito stava guarendo.

Il giorno 2/11/2015 abbiamo trasferito mio marito preso la clinica Santa Maria del pozzo a Somma Vesuviana per iniziare con la riabilitazione. 

Riprende il racconto Giuseppe.

Da quel giorno per i medici risulto guarito. Per l’ASL ho un’invalidità pari al 75%. Per quanto mi riguarda e da lì che il mio ulteriore calvario è cominciato, anche se dovrei dire non è mai finito.

Mi ritrovo oggi a  non poter lavorare data la mia condizione fisica, per la quale la mia azienda ha deciso di non rinnovarmi il contratto.

Continuo ad avere dolori e a dovermi aiutare per la deambulazione con una stampella e a dover ingerire continuamente farmaci per il dolore e contrastare  l’ osseomelite. Infine l’INAIL ancora oggi non mi riconosce l’infortunio sul lavoro, perchè la mia azienda che si occupa di vigilanza non ha ancora denunciato il fatto.

Cristiano Giuseppe