Auguri “ALFA”: 106 anni e non sentirli.

Auguri “ALFA”: 106 anni e non sentirli.

Era il 24 giugno 1910 quando, a Milano, venne fondata la Anonima Lombarda Fabbrica Automobili (poi nota con l’acronimo di A.L.F.A.) quella che, in seguito, ha preso il nome, col quale ancora oggi è conosciuta, di Alfa Romeo. In pochi sanno che le radici dell’Alfa Romeo sono sia francesi che italiane, anzi napoletane.

Infatti la “radice più antica” del marchio è legata alla fondazione della Società Italiana Automobili Darracq, aperta a Napoli nell’ aprile del 1906. L’eccessiva lontananza di Napoli dalla Francia causò non poche difficoltà e questo portò al trasferimento della società a Milano. Il primo insediamento industriale (che fu all’origine dell’Alfa Romeo e che rimase attivo fino al 1986) fu edificato su un vasto piazzale confinante con le aree che avevano ospitato l’Expo 1906.

 MA le vendite si dimostrarono insufficienti a garantire la sopravvivenza dell’attività produttiva così, già alla fine del 1909, la società fu posta in liquidazione per essere, poi, rilevata da alcuni imprenditori lombardi, che la acquistarono nel 1910 insieme a Ugo Stella, che partecipò alla transazione.

Il 24 giugno 1910 ebbe luogo il “passaggio di proprietà” e in quell’occasione l’azienda mutò il nome in ALFA. “Alfa” è la prima lettera dell’alfabeto greco, ed è stata scelta per sottolineare l’inizio di una nuova avventura industriale.

Per andare in contro alle esigenze del mercato italiano fu assunto il progettista piacentino Giuseppe Merosi; a questi, che divenne il primo responsabile tecnico della neonata casa automobilistica, fu affidato il compito di progettare un modello di autovettura totalmente nuovo. Inoltre  venne disegnato il primo logo dell’azienda, abbozzato da Merosi stesso. Il marchio ricordava i legami dell’ALFA con la città di origine: da un lato il serpente visconteo (il “biscione“), dall’altro la croce rossa in campo bianco, simbolo medioevale di Milano. Attorno ai due emblemi erano presenti le diciture “ALFA” e “MILANO” divise da due nodi sabaudi in onore alla Casa regnante italiana.                                                                       

 

Il primo modello progettato dallo stesso Merosi, Alfa 24 HP, vide la luce i quello stesso anno. La 24 HP venne progettata considerando i difetti dei modelli Darracq, e pertanto fu dotata di una struttura molto robusta e di un motore potente che permetteva alla vettura di raggiungere la ragguardevole velocità (per l’epoca) di 100 km/h e commercializzata con telaio “nudo”, cioè privo della carrozzeria. Il modello garantì l’affidabilità grazie ai collaudi preliminari che furono effettuati prima del lancio per volere di Giuseppe Merosi, e quindi le vendite dell’ALFA cominciarono gradualmente a crescere.

Dalla 24 HP fu derivato il primo modello di autocarro costruito dall’Alfa Romeo. Realizzato nel 1914, fu ottenuto tramite una sostanziale modifica della struttura della vettura. Visto il successo della 24HP, nello stesso anno, fu lanciata una vettura più piccola, la 12 HP, che era dotata di un motore in linea a quattro cilindri da 2.413 cm³ e 22 CV. Il propulsore ed il telaio della 12 HP derivavano da quelli della 24 HP. Nel 1911 la 12 HP fu aggiornata con l’installazione di una versione potenziata del motore, che ora erogava 24 CV; poiché cambiarono anche i cavalli fiscali, nonostante la cilindrata fosse rimasta la stessa, il nome mutò in 15 HP. La 15 HP nel 1914 subì un aggiornamento, analogo a quello che aveva portato alla sua nascita, che coinvolse principalmente il motore: la cilindrata fu mantenuta inalterata, mentre la potenza erogata crebbe fino a 28 CV; da qui nacque la 15-20 HP. La 24HP debuttò nelle competizioni automobilistiche nel 1911. Per attirare nuovi acquirenti si decise di “creare” un nuovo modello di autovettura da corsa. Merosi fu incaricato di trasformare due esemplari di 24 HP in vetture adatte alle corse. L’obiettivo venne raggiunto grazie all’alleggerimento dei due veicoli che fu ottenuto: con l’eliminazione della carrozzeria, la sostituzione degli assali e venne accorciato il passo. Questi esemplari furono iscritti alla Targa Florio del 1911, ma senza successo. Il successo nelle gare arrivò nel 1913, grazie ad una versione da competizione della 40-60 HP che vinse la Parma-Poggio di Berceto classificandosi primo nella propria classe e secondo nella graduatoria assoluta.

Ci fu, così, un aumento delle vendite che, però, durò poco.

Con la partecipazione dell’Italia al primo conflitto mondiale l’ALFA entrò in crisi perché l’apparato produttivo nazionale convertì le proprie attività industriali per soddisfare la richiesta di forniture belliche ma i proprietari della casa automobilistica milanese, pur non  possedendo le risorse finanziarie per convertire gli impianti a tale scopo, fecero un tentativo. Merosi tentò di modificare il motore della 15-20 HP in un generatore adatto al Regio Esercito, ma senza successo e per evitare di trovarsi in una situazione in cui la fabbrica non avrebbe prodotto più utili, la proprietà decise pertanto di vendere l’ALFA alla Banca Italiana di Sconto. L’istituto di credito “scelse” un ingegnere meccanico si Sant’Antimo: Nicola Romeo. Questi, scoppiata la grande guerra, decise di entrare nel business delle commesse militari ottenendo, nel luglio del 1915, un rilevante ordinativo per il Regio Esercito, che prevedeva la produzione di munizioni. Dato che la sua società non possedeva le risorse per soddisfare questo ordine, Nicola Romeo decise di rilevare l’ALFA entrando nel capitale societario con l’acquisto di alcune azioni. Il 4 agosto 1915 Nicola Romeo fu nominato direttore dello stabilimento del Portello e nel giro di due anni il gruppo industriale capitanato dall’ingegnere di Sant’Antimo riuscì ad acquisire il controllo della società; nell’occasione, l’ALFA cambiò denominazione in “Società Anonima Italiana Ing. Nicola Romeo”. Questa si concentrò quindi nella fabbricazione di munizioni, lanciafiamme, gruppi elettrogeni, motori aeronautici e attrezzature da miniera, che erano fondamentali nelle trincee del fronte italiano, interrompendo temporaneamente la produzione di autovetture.

Terminato il conflitto mondiale, l’azienda fu nuovamente riconvertita alla produzione di autovetture ad uso civile. Consapevole del valore del ALFA nella commercializzazione di modelli di autovettura, decise di cambiare il nome della società in “Alfa Romeo” (l’atto ufficiale fu firmato, a Milano, da Federico Guasti il 2 febbraio 1918). Romeo pur non possedendo la maggioranza, riusciva ad avere il controllo assoluto delle aziende da lui guidate.

L’Alfa Romeo 20-30 HP fu pertanto il primo modello da strada a essere commercializzato con la nuova denominazione della società, nel 1920. Il marchio Alfa Romeo aveva già debuttato il 23 novembre 1919 su una versione da competizione della 40-60 HP, che partecipò alla Targa Florio. Nel 1921 fu lanciato un nuovo modello progettato da Merosi, la G1, la più grande mai costruita fino ad allora. Il settore vendite attraversò un periodo di crisi, mentre sul finire degli anni ’20 la 6C 1500 Sport conquistò, per la prima volta per l’Alfa Romeo, la Mille Miglia. In seguito allo scandalo che portò all’arresto di Gallo il Duce in persona scelse come direttore Prospero Gianferrari, il quale migliorò i processi produttivi dell’azienda e costituì, all’interno dell’Alfa Romeo, un settore che si sarebbe occupato di realizzare le carrozzerie, permettendo all’azienda di costruire vetture complete. Inoltre Gianferrari scelse di diversificare l’attività produttiva: nel 1931 venne introdotto il primo veicolo industriale non derivato da autovetture stradali, l’Alfa Romeo Tipo 50, mentre nel 1932 fu presentato il primo motore aeronautico totalmente progettato dall’Alfa Romeo, il D2, che fu poi montato sul Caproni Ca.101.

Nonostante i successi in campo sportivo la situazione economica dell’ Alfa Romeo continuava a non essere delle migliori, aggravata dalla crisi del ’29. Il Duce, grande estimatore della casa automobilistica soprattutto per i risultati conseguiti in campo sportivo, decise di “salvarla” una seconda volta.

Nel 1933 Gobbato, “artefice” della fama internazionale ottenuta dalla casa automobilistica, decise di ritirare l’Alfa Romeo dalla partecipazione ufficiale e diretta alle competizioni, cedendo le sue vetture alla Scuderia Ferrari, nata qualche anno prima e già da diverso tempo utilizzatrice di auto della casa del Biscione. Nel 1937 Jano fu però allontanato dall’Alfa Romeo a causa di dissapori con la dirigenza. All’inizio degli anni ‘30 fecero la loro comparsa anche i primi autobus ed i primi filobus marchiati Alfa Romeo che, in sostanza, erano degli autocarri modificati. Durante  la seconda guerra mondiale  alcuni reparti furono spostati nell’hinterland milanese e  parte del magazzino fu trasferito nei dintorni di Vicenza, per difendere queste risorse dai bombardamenti. Gobbato predispose un piano di occultamento dei componenti delle vetture. A causa della sua importanza strategica, il 14 febbraio ed il 13 agosto del 1943 lo stabilimento milanese subì due pesanti bombardamenti. Il colpo di grazia venne il 20 ottobre del 1944, quando il più violento bombardamento che avesse subito Milano fino ad allora causò l’abbattimento di oltre il 60% della struttura, cagionando la chiusura del sito produttivo. Lo stabilimento di Pomigliano d’Arco subì la medesima sorte il 30 maggio 1943, con la distruzione del 70% delle strutture operative.

Dopo gli anni ‘50, la casa del Biscione iniziò a produrre questo tipo di veicoli senza farli più derivare dai camion. Con il passare del tempo la tradizione dell’Alfa Romeo nel campo dell’assemblaggio di mezzi pubblici si consolidò, facendo diventare la casa del Biscione uno tra i maggiori produttori italiani in questo settore. Produsse, fino agli anni ’60, autobus e filobus mentre continuò a costruire mezzi più leggeri come scuolabus e minibus fino agli anni ’80.

Agli inizi degli anni sessanta venne introdotta la 2600, che sancì il ritorno ai modelli con motore di grande cilindrata. Evoluzione della 2000 fu l’ultima Alfa Romeo, con propulsore bialbero a sei cilindri in linea. In questo contesto, la dirigenza della casa automobilistica milanese decise di dare la priorità alla progettazione del modello successore della Giulietta che, nel frattempo, era arrivata al centomillesimo esemplare prodotto.

Il periodo compreso tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 fu caratterizzato dalla presenza, nella gamma Alfa Romeo, di modelli obsoleti e superati che non vennero sostituiti da vetture nuove all’altezza del prestigio del marchi. Era lacunosa anche la fattura dei modelli, che difettavano per l’assemblaggio poco curato e per la scarsa qualità dei materiali. Gli anni ’90 furono caratterizzati dall’ultimo aggiornamento della Spider Duetto, le cui origini affondavano negli anni sessanta. Queste modifiche, che vennero introdotte nel 1990, comprendevano l’installazione di paraurti in tinta con la carrozzeria e la revisione della parte posteriore, il cui disegno era ora influenzato da quello della 164. Il secondo modello interamente progettato e sviluppato dalla nuova proprietà fu invece la 155, che venne introdotta nel 1992. Basata su un pianale che era già utilizzato da molte vetture del gruppo come la Fiat Tipo, la Fiat Tempra e la Lancia Dedra, la 155 fu assemblata nello stabilimento di Pomigliano d’Arco.

All’alba del nuovo millennio “ha visto la luce” la compatta 147, che riuscì ad aggiudicarsi il premio Volante d’Oro nel 2000 e il titolo di Auto dell’anno nel 2001. Da un punto di vista stilistico, l’introduzione sulla 147 di un frontale dalle linee più decise e definite, che ricordava quello della 1900, segnò l’inizio di un nuovo stilema che avrebbe contraddistinto le parti anteriori dei modelli successivi. Furono rinnovate anche la 156, la Spider, la GTV e la 166. Sempre nel 2003 avvenne la presentazione del modello GT, che l’anno successivo vinse il premio di “Automobile più bella del mondo”. Nel 2004 venne invece aggiornata la 147 e furono lanciate sui mercati due nuove versioni della 156, la Q4 e la GT. Nel 2005 debuttò la 159, (il modello di gamma medio-alta che sostituì la 156) disegnata dalla Giugiaro. La vettura venne realizzata in collaborazione con il gruppo General Motors; il pianale, infatti, era frutto di una cooperazione con il marchio Opel che però non ebbe seguito.

Nel 2006 fu introdotta la nuova Spider, un’evoluzione della Brera che sostituì il precedente modello omonimo. Nel 2007 debuttò la sportiva 8C Competizione, le cui forme vennero suggerite dalla 33 Stradale. Nel giugno 2008 è avvenuto invece il lancio commerciale della compatta MiTo (“Mi” per Milano, dove nacque l’Alfa Romeo, e “To” per Torino, dove viene costruita), concepita nel tentativo di incrementare le vendite. Si è posizionata al di sotto della 147 e – grazie alla sua immagine sportiva e dinamica – è stata pensata per attrarre il pubblico giovanile. La MiTo è basata sul Pianale FGA Small ed è stata la prima Alfa Romeo a essere assemblata nello stabilimento Fiat di Mirafiori.

Nel 2010, in occasione del centenario di fondazione della casa, l’Alfa Romeo ha presentato il modello che ha sostituito la 147, la Giulietta: basata sul nuovo pianale FGA Compact, presenta caratteristiche meccaniche ricercate come il cambio a doppia frizione; è, inoltre, dotata del sistema start e stop, dell’Alfa Romeo DNA, del controllo elettronico della stabilità e del differenziale Q2. Sempre nel 2010 la Zagato ha presentato la TZ3, che è stata assemblata in dieci unità. In occasione del centenario si è avuta anche una razionalizzazione della gamma, con l’uscita di scena della GT, della Brera e della Spider.

Il 24 giugno 2015, in occasione del 105º anniversario di fondazione della casa, è stata presentata al museo storico Alfa Romeo la Giulia.

 

Annarita Franzese