Francesco Cecchin, vittima dell’odio politico: 46 anni fa la sua morte

Francesco Cecchin, vittima dell’odio politico: 46 anni fa la sua morte

Ricorre oggi l’anniversario della morte di Francesco Cecchin, giovane militante del Fronte della Gioventù, ucciso in uno dei momenti più bui della storia repubblicana italiana: la stagione degli anni di piombo. Cecchin morì il 16 giugno 1979, a soli 17 anni, dopo diciannove giorni di coma. Era stato aggredito nella notte tra il 28 e il 29 maggio da attivisti appartenenti – secondo le cronache del tempo – a gruppi dell’area del PCI romano.

Originario di Nusco (AV), Francesco è oggi sepolto nel cimitero del suo paese natale, dove ogni anno familiari, amici e concittadini si raccolgono per ricordarlo in silenzio. Una vita spezzata troppo presto, un simbolo di quella gioventù militante travolta dall’odio ideologico che ha insanguinato le strade d’Italia.

Il suo omicidio è rimasto impunito. Nessun colpevole. Nessuna verità giudiziaria. A dirlo è anche la Corte di Assise di Roma nella sentenza del 23 gennaio 1981, in cui si legge:

“Appare incomprensibile la mancanza di ogni attività investigativa nell’ambito degli appartenenti alla fazione politica opposta a quella della vittima… La mancanza di prove in ordine al crimine commesso è con tutta probabilità da connettere a una estrema lacunosità delle indagini sotto i profili qualitativo, quantitativo e temporale.”

Una ferita aperta nella memoria di molti, soprattutto tra chi chiede giustizia e verità. La storia di Francesco Cecchin, ragazzo pieno di ideali, resta simbolo di una violenza politica che non deve più ripetersi. Ogni anno il suo nome viene ricordato da chi continua a lottare contro il silenzio e la rimozione storica.

“Mai più odio politico”, è la scritta che spesso accompagna le commemorazioni in sua memoria. Un monito per le nuove generazioni, affinché il confronto politico resti sempre nei confini della democrazia e del rispetto reciproco.

Francesco Cecchin non è solo una vittima dimenticata: è il volto giovane di un’Italia che vuole ancora fare i conti con il proprio passato.