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Alla fine è bastato un appello, uno solo, vibrante e pubblico. Non una riunione, non un tavolo tecnico, non un comunicato di circostanza. È bastata la voce del dottor Salvatore Alaia perché, oggi 23 dicembre, la Direzione provinciale di Avellino intervenisse finalmente all’Ufficio postale di Sperone per porre rimedio alle infiltrazioni d’acqua che da oltre dieci giorni cadevano letteralmente dal soffitto.
Dieci giorni. Non dieci minuti. Dieci giorni di pioggia anche dentro un presidio dello Stato. Una vicenda assurda, paradossale, quasi grottesca, se non fosse che a viverla sono stati cittadini veri, costretti a fare la fila tra secchi, umidità e rassegnazione. E allora la rabbia esplode, legittima, incontrollabile, come quella espressa dal due volte sindaco di Sperone, che non ha parlato solo per sé, ma per una comunità intera.
Una comunità che si sente dimenticata, lasciata ai margini, ignorata da istituzioni spesso lontane anni luce dalla realtà quotidiana. Il Baianese non chiede miracoli, chiede normalità. Chiede che un ufficio postale non diventi una grotta. Chiede che lo Stato non arrivi solo quando qualcuno alza la voce.
Ed è qui il punto. Perché l’intervento di oggi non cancella la domanda più scomoda: se nessuno avesse protestato, se nessuno avesse denunciato, quanto ancora avrebbe piovuto dentro quell’ufficio? Quanto ancora i cittadini sarebbero stati costretti ad arrangiarsi?
Questa è la dura realtà. Un territorio che scivola lentamente in un abisso fatto di piccoli abbandoni quotidiani, di silenzi, di attese infinite. Dove anche ciò che dovrebbe essere garantito diventa una conquista. Oggi l’acqua è stata fermata. Ma la sensazione di essere soli, quella no. Quella resta. E pesa più di qualsiasi infiltrazione.
