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Due fotografie di fine anni ’70, accompagnate dal racconto di Antonio Vecchione, riportano alla memoria una pagina controversa della Festa del Maio di Baiano.
All’alba di Natale, decine di baianesi — giovani, adulti e perfino ragazzini — armati di moderni fucili invadevano le campagne, convinti di godere di una sorta di “esonero” dalle leggi. Non bastava la caccia mattutina: la voglia di sparare trovava sfogo davanti alla facciata della Chiesa, dove il maio, simbolo di devozione e dono a San Stefano, veniva trasformato in un bersaglio.
Centinaia di cartucce venivano esplose contro il tronco e la sua chioma, riducendolo a un tizzone fumante. Una pratica che, come ricorda Vecchione, oscurava il senso autentico della festa, mortificando il lavoro dei mannesi e la bellezza del rito stesso.
Per fortuna quella tradizione distorta appartiene ormai al passato. La comunità, con maturità e orgoglio, ha saputo voltare pagina, recuperando il vero significato del maio: un dono solenne a San Stefano, simbolo di fede, identità e appartenenza.
Oggi la festa è espressione autentica di devozione e non più teatro di sparatorie, segno di come Baiano abbia saputo riconoscere i propri errori e restituire dignità a una delle sue tradizioni più sentite.


