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Il 23 settembre 1943 resta una data impressa nella memoria collettiva italiana. In quel giorno, a Torre di Palidoro, nei pressi di Roma, il vicebrigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto, appena 22enne, scelse consapevolmente di sacrificare la propria vita per salvare quella di 22 civili innocenti.
L’episodio avvenne poche settimane dopo l’armistizio dell’8 settembre, in un’Italia devastata dal caos e dall’occupazione tedesca. Un’esplosione accidentale, scambiata dai soldati tedeschi come un atto di sabotaggio, provocò la morte di due militari della Wehrmacht. Per rappresaglia, i nazisti rastrellarono 22 abitanti della zona, minacciando la fucilazione immediata.
D’Acquisto, giovane carabiniere originario di Napoli, fu costretto ad assistere all’ingiusto rastrellamento. Dopo vane proteste e interrogatori, comprese che l’unico modo per evitare la strage era assumersi una colpa che non aveva. Con coraggio e determinazione, dichiarò di essere il responsabile dell’esplosione, pur sapendo che questo gli sarebbe costato la vita.
Poco dopo, venne condotto davanti al plotone di esecuzione e fucilato. La sua morte significò la salvezza di tutti gli ostaggi.
Oggi, a distanza di decenni, la figura di Salvo D’Acquisto rimane simbolo di altruismo, eroismo e spirito di sacrificio. Nel 1983 papa Giovanni Paolo II lo proclamò Servo di Dio, avviando la causa di beatificazione. Numerose piazze, scuole e caserme portano il suo nome, a testimonianza di un esempio che continua a vivere nelle nuove generazioni.
Il ricordo del suo gesto ci richiama al valore universale della giustizia, del dovere e dell’amore per la vita degli altri.
