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Il 15 agosto 1945 rappresenta una data spartiacque nella storia contemporanea: in quel giorno, l’imperatore giapponese Hirohito annunciò ufficialmente, attraverso un discorso radiofonico alla nazione, l’accettazione della Dichiarazione di Potsdam e quindi la resa incondizionata del Giappone. L’evento segnò la fine della Seconda Guerra Mondiale, dopo quasi sei anni di conflitto globale.
Il contesto
La decisione arrivò pochi giorni dopo i bombardamenti atomici statunitensi su Hiroshima (6 agosto) e Nagasaki (9 agosto), che provocarono distruzioni senza precedenti e centinaia di migliaia di vittime. A questo si aggiunse l’ingresso in guerra dell’Unione Sovietica contro il Giappone, con l’invasione della Manciuria iniziata il 9 agosto.
L’annuncio
Alle 12:00 del 15 agosto, milioni di giapponesi ascoltarono per la prima volta la voce del loro imperatore. Nel messaggio – pronunciato in un linguaggio formale e antico – Hirohito non utilizzò mai la parola “resa”, ma invitò il popolo ad accettare “l’insopportabile” per garantire la sopravvivenza della nazione.
La reazione internazionale
Nei Paesi alleati la notizia scatenò manifestazioni di gioia senza precedenti. In Europa e negli Stati Uniti, il V-J Day (Victory over Japan Day) fu celebrato con cortei, balli spontanei e scene passate alla storia, come il celebre bacio a Times Square immortalato dal fotografo Alfred Eisenstaedt.
Le conseguenze
La resa fu formalmente firmata il 2 settembre 1945 a bordo della corazzata USS Missouri, alla presenza dei rappresentanti alleati. Con essa si chiudeva definitivamente il conflitto mondiale, lasciando però il mondo di fronte a nuove sfide: la ricostruzione, il giudizio sui crimini di guerra, e l’avvio della Guerra Fredda.
Il 15 agosto resta ancora oggi una data di memoria e riflessione, celebrata in Giappone come Giorno della fine della guerra, occasione per ricordare le vittime e ribadire l’impegno per la pace.
