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Che cosa intendiamo davvero per “smart”? Parliamo di oggetti che si connettono e trasmettono dati in autonomia, spesso capaci perfino di aprire contenuti o servizi online come guida deposito PayPal nei casinò, togliendoci l’incombenza di intervenire ogni volta. La Federal Trade Commission americana fa però una distinzione molto netta: l’etichetta IoT spetta a sensori e dispositivi che comunicano tra loro, lasciando fuori da questo recinto i classici computer e smartphone.
Oggi l’ecosistema IoT non comprende soltanto gli altoparlanti con assistenti vocali o le lampadine intelligenti. Raccoglie un’ampia gamma di apparecchi, dai frigoriferi con display in grado di aprire pagine web o controllare servizi online, fino a infrastrutture domestiche complesse e dispositivi indossabili:
- Smart TV, altoparlanti wireless, speaker intelligenti e media player di rete;
- Componenti infrastrutturali: contatori intelligenti, termostati, videocamere di sorveglianza, serrature elettroniche e citofoni;
- Dispositivi indossabili: fitness tracker, smartwatch, sensori del sonno, bilance smart e sensori medici.
È un settore che sta correndo: dai 18,5 miliardi di dispositivi attivi nel 2024, ci prepariamo a superare i 21 miliardi già nel 2025. Questi gadget devono ‘parlarsi’ tra loro usando lingue diverse, come il Wi-Fi, lo Zigbee o le reti cellulari, e spesso si appoggiano al cloud per fare il lavoro pesante; una flessibilità comodissima, certo, che però espone i nostri dati più sensibili a rischi di sicurezza non indifferenti.
Rischi per la privacy e la sicurezza nell’ecosistema IoT
Il vero compito dei dispositivi smart è monitorarci costantemente: raccolgono dati sulla nostra salute, sui nostri spostamenti e su tutto quello che succede tra le mura di casa. C’è una certa inquietudine nell’aria, tanto che uno studio dell’Internet Society rivela che il 69% degli utenti è seriamente preoccupato per la fine che fanno queste informazioni.
Problemi legati alla privacy dei dati
Il problema reale è che spesso produttori e partner usano i dati non solo per far funzionare l’apparecchio, ma per bersagliarci di pubblicità mirata; tutto questo avviene in una zona grigia poco trasparente, che solleva non pochi dubbi sia legali che etici:
- Informazioni incomplete o volutamente poco chiare nei termini di utilizzo;
- Condivisione dei dati con terze parti senza un consenso esplicito;
- Difficoltà tecniche nel cancellare in modo completo i dati già raccolti su richiesta dell’utente.
Particolare preoccupazione destano i dispositivi destinati ai bambini. Nei rapporti del Congresso degli Stati Uniti e nelle denunce presentate alla FTC sono stati documentati casi in cui giocattoli “smart” registravano conversazioni dei minori e le inviavano al cloud. In Germania alcuni modelli sono stati ufficialmente vietati e classificati come “strumenti di spionaggio”.
Vulnerabilità tecniche
L’Agenzia dell’Unione Europea per la Cybersecurity (ENISA) evidenzia che le smart home presentano un elevato livello di rischio a causa del gran numero di punti di accesso spesso vulnerabili. I criminali informatici sfruttano sistematicamente le falle di sicurezza dei dispositivi connessi per condurre attacchi sofisticati, come la creazione di botnet o la diffusione di ransomware:
- Utilizzo di password di fabbrica senza obbligo di cambiarle;
- Assenza di aggiornamenti firmware o aggiornamenti senza verifica della firma digitale;
- Crittografia debole o assente del traffico di rete;
- Possibilità di utilizzare i dispositivi domestici come punto di ingresso nella rete di casa.
Le migliori pratiche per proteggere la smart home
La buona notizia è che non servono competenze tecniche avanzate per ridurre in modo significativo i rischi di attacco. Le agenzie NIST e FTC hanno sviluppato linee guida dettagliate che si possono riassumere in alcuni principi fondamentali di igiene digitale.
Per blindare la tua smart home, il segreto è configurare bene i dispositivi appena li tiri fuori dalla scatola. È l’unico modo per proteggere davvero i tuoi dati da sguardi indiscreti. La prima cosa da fare? Cambia subito quelle password di fabbrica con qualcosa di unico (aiutati con un password manager) e attiva l’autenticazione a due fattori ovunque, soprattutto su videocamere e cloud.
Per proteggere ulteriormente la privacy, è essenziale isolare i dispositivi IoT creando una rete Wi-Fi “ospite” separata da quella utilizzata per computer e smartphone con accessi bancari, oltre a mantenere il firmware sempre aggiornato attivando gli update automatici. Infine, è buona norma ridurre la superficie d’attacco disattivando microfoni o geolocalizzazione non necessari ed eseguire sempre un ripristino delle impostazioni di fabbrica prima di vendere o smaltire qualsiasi apparecchio.
Cosa valutare al momento dell’acquisto
La scelta del produttore è importante quanto la configurazione iniziale. Quando cercate nuovi dispositivi, preferite i marchi che dimostrano impegno verso la cybersecurity e adottano politiche chiare:
- Forniscono aggiornamenti di sicurezza garantiti per diversi anni;
- Specificano chiaramente quali dati vengono raccolti e come possono essere cancellati;
- Dichiarano la conformità agli standard di sicurezza del settore (NIST, ETSI, ENISA).
Più aumenta il numero di dispositivi smart in casa, più è importante considerarli come parte integrante della vostra infrastruttura digitale. Un approccio consapevole alla scelta e alla configurazione trasforma l’IoT da potenziale fonte di rischi nascosti in uno strumento realmente utile e sicuro.