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Washington (USA) – L’8 novembre 2016 è una data destinata a rimanere nella storia della politica mondiale: Donald J. Trump, candidato repubblicano, viene eletto 45º presidente degli Stati Uniti d’America, superando la democratica Hillary Clinton in una delle competizioni elettorali più seguite e controverse degli ultimi decenni.
L’imprenditore newyorkese e personaggio televisivo, al suo primo impegno politico, ha conquistato la maggioranza dei voti del Collegio Elettorale, ribaltando i pronostici che fino all’ultimo davano favorita la Clinton. Decisivi furono i successi in alcuni Stati chiave del Midwest – come Michigan, Wisconsin e Pennsylvania – tradizionalmente considerati roccaforti democratiche.
La vittoria di Trump segnò una profonda frattura nel panorama politico americano, evidenziando un forte consenso tra gli elettori del ceto medio e delle aree rurali, attratti dal suo messaggio di rottura con l’establishment e dal motto diventato simbolo della campagna: “Make America Great Again”.
Hillary Clinton, nonostante avesse ottenuto quasi tre milioni di voti popolari in più, non riuscì a tradurre il consenso nazionale in voti elettorali sufficienti per la Casa Bianca.
Il 20 gennaio 2017 Trump prestò giuramento come presidente, inaugurando una stagione politica segnata da forti contrasti interni, decisioni economiche radicali, nuove politiche migratorie e un approccio comunicativo diretto, spesso al centro del dibattito internazionale.
A distanza di anni, le elezioni dell’8 novembre 2016 restano un punto di svolta nella storia americana, simbolo di una società divisa ma anche di un cambiamento profondo nel modo di intendere la politica e la leadership negli Stati Uniti.
