BAIANO. Giustizia, legalità e libertà. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, memoria che si onora nell’agire quotidiano

BAIANO. Giustizia, legalità e libertà. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, memoria che si onora nell’agire quotidiano

di Gianni Amodeo

Foto di Francesco A. Barlotti

Uomini e servitori dello Stato, inteso quale presidio e garante della civile convivenza nell’esercizio delle libertà democratiche che lievitano nella corrispondenza permanente tra diritti da rivendicare e doveri da assolvere, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino appartengono alla memoria comune della società, testimoniandone una fase cruciale e tormentata della sua storia politica, qual è stata quella consumatasi a cavallo degli anni ’80 e ’90 del secolo scorso; fase, ch’era stata attraversata negli anni ’70 dalle stragi del terrorismo politico dell’estremismo nichilista di sinistra e destra.

E’ la memoria pervasa di civica esemplarità  che si onora e si rispetta nel sentire e nel pensare con veritiera autenticità, se la lezione, lo stile e lo spirito di servizio di Falcone e Borsellino si traducono in pienezza nell’agire e nei comportamenti concreti che si vivono nella quotidianità corrente, del giorno dopo giorno, divenendone unica guida di riferimento, esclusiva e irrinunciabile stella polare che orienta verso il bene comune. E’ l’agire e sono i comportamenti che segnano la vita delle relazioni sociali e nel lavoro, promuovendo e valorizzando conoscenze e saperi, competenze e meriti, la dignità del vivere. E’ soprattutto la  memoria che nella sua essenzialità respinge e allontana da sé  i fastidi e le molestie che generano  le ipocrisie della retorica d’occasione.

E’- questo- il senso generale che, rifuggendo da ogni forma di enfasi celebrativa e in agilità tematica, ha caratterizzato e connotato le riflessioni di animatrici e animatori del il Focus per la Giornata della legalità, indetto dal Circolo L’Incontro nell’Auditorium del plesso della Scuola media del Giovanni XXIII, in coincidenza con il Trentennale delle  stragi di Capaci e via D’Amelio, a Palermo, compiute dal terrorismo mafioso, governato dai potentati economicofinanziari di Cosa nostra. Un senso che si era aperto in mattinata con la Lettura nelle Scuole, sia a Baiano che a Sperone, del testo con scrittura curata dalla professoressa Anna Napolitano, in cui Falcone racconta alle ragazze e ai ragazzi la propria vita e i propri ideali condivisi da sempre con Paolo Borsellino, nei quartieri popolari di Palermo dov’erano nati.  Un senso  interpretato con incisività argomentativa e linearità discorsiva dal professore Raffaele Sibilio, docente ordinario di Sociologia della Federico II, per evidenziare, tra l’altro, a tutto tondo quale sia e debba essere la funzione sociale e formativa della Scuola, in tutte le sue articolazioni nella costruzione della società fondata sui valori della democrazia e della libertà nell’uguaglianza.  Una Scuola che sappia ascoltare e parlare il linguaggio dei giovani, specie delle periferie e delle aree del degrado, dando loro le motivazioni forti a coniugare al meglio possibile il rapporto tra Istruzione che dà conoscenze e competenze e Cultura che trasforma e ravviva le une e le altre nella ricerca dei saperi, rendendole stile di vita.

La Scuola nella costruzione della democrazia e delle libertà civili 

No al piacere dell’illegalità coniugato con l’ebbrezza del potere 

Un modello inclusivo costituito anche dalla centralità delle attività di laboratori per formare competenze specialistiche rispondenti al mondo del lavoro, in tutte le sue varianti, incluse quelle tecnologiche più evolute ; un modello di cui le esperienze della Rete formativa ed educativa -, che fa capo alla Fondazione San Gennaro realizzata nel Rione Sanità, a Napoli– costituisce un esempio di viva e reale attualità, con cui la memoria di Falcone e Borsellino è pienamente onorata nella quotidianità del presente. E’ la memoria che dà ai giovani un obiettivo da realizzare, responsabilizzandoli nell’esercizio delle loro capacità e nell’autostima, ma sottraendoli nei fatti alle sirene del malaffare e dei guadagni facili che procurano le mafie, la camorra e la ‘ndrangheta. Altro importante dato, posto a nudo dal professore Sibilio, concerneva il  cosiddetto  piacere dell’illegalità che si struttura e si diffonde nelle pieghe sociali.  E’ il piacere dei favoritismi di vario genere e consistenza, dal piccolo al grande cabotaggio che  diventa abitudine e assuefazione all’insegna delle reti delle cosiddette “raccomandazioni” trasformate in costume sociale, svilendo i meriti e le attitudini delle provate capacità degli altri. Far vivere nel presente la memoria di Falcone e Borsellino significa semplicemente e tout court …. rinunciare al piacere dell’illegalità. E’ il piacere – vien da aggiungere-  che innesca e genera l’ebbrezza del potere o delle funzioni pubbliche  trasformate in potere, sia per chi l’esercita, ma anche per chi ne beneficia, facendosene, magari, vanto e scudo da esibire come passepartout.

Il punto d’analisi di Raffaele Sibilio incrociava quello dell’avvocato Giuseppe Macario, calibrato  sulla lezione di Falcone e Borsellino in ordine ai principi di giustizia, legalità e libertà; principi basilari e fondanti dello Stato repubblicano,  da praticare e osservare quali valori morali  e di vita. Un intervento, quello di Macario, riferito in queste righe per sommi capi,- e di cui si pubblicherà il testo- che dava risalto specifico alle modalità innovative, elaborate e praticate da Giovanni Falcone, nelle attività di investigazione e indagini organiche, per prevenire e contrastare Cosa nostra, potentato finanziario ramificato nell’internazionalizzazione dei mercati. Una svolta resa possibile nell’azione di gruppo sviluppata da magistrati specializzati, con importante cooperazione con la magistratura degli States e l’Fbi,

Il collante tra le riflessioni di Sibilio e Macario era dato dalla lettura con commenti di brani di opere di letteratura civile, proposti da Margherita Masucci e Maria Laura Conte dedicate a Giovanni Falcone; brani estratti dal romanzo Solo è il coraggio, di Roberto Saviano, e Per questo mi chiamo Giovanni, il best seller di Luigi Garlando, pubblicato nel 2004, che hanno letto milioni di ragazze e ragazzi, per un gradimento che permane; uno strumento di comprensione dei fenomeni di mafia e di criminalità economica organizzata che vivono di violenza, estorsioni e attività illecite sui territori, penalizzando l’economia produttiva e sana. I testi di commento di Margherita Masucci e Maria Laura Conte  saranno pubblicati integralmente su queste colonne.

Da segnalare i saluti istituzionali del sindaco Enrico Montanaro, del luogotenente Raffaele Canonico, del Comando di Tenenza della Guardia di Finanza territoriale, del parroco don Fiorelmo Cennamo. Presenti, in rappresentanza della Compagnia e del Comando di stazione dei carabinieri, i marescialli Domenico Sorrentino e Fabio D’Agostino, il vice-sindaco Anna Alaia e Chiara Cacace, capogruppo della minoranza, oltre che l’assessore Sofia D’Anna, per le amministrazioni comunali di Avella e Sperone. Introdotto da Carlo Melissa, il Focus è stato coordinato da chi ha scritto queste righe.  Gli onori di ospitalità erano resi dal professore Vincenzo Serpico, dirigente del Giovanni XXIII, con il savoir faire che lo distingue e la profondità della riflessione mirata sul primato della formazione culturale e dell’impegno civile per il progresso sociale.

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